« (...) Per un europeo i viaggi sono una costellazione e i mezzi di trasporto cambiano secondo l’esigenza: si prende il treno, l’aereo, la macchina, la nave da crociera e c’è chi decide di girare l’Olanda in bicicletta. Le possibilità sono infinite. Lo erano anche per Ibrahim, nonostante la cortina di ferro, anche nel 1970. Certo non poteva andare ovunque. Ma c’era la possibilità di viaggiare anche per lui con un sistema di visti che non considerava il passaporto somalo come carta igienica.
Oggi invece per chi viene dal sud del mondo il viaggio è una linea retta. Una linea che ti costringe ad andare avanti e mai indietro. Si deve raggiungere la meta come nel rugby. Non ci sono visti, non ci sono corridoi umanitari, sono affari tuoi se nel tuo paese c’è la dittatura o c’è una guerra, l’Europa non ti guarda in faccia, sei solo una seccatura. Ed ecco che da Mogadiscio, da Kabul, da Damasco l’unica possibilità è andare avanti, passo dopo passo, inesorabilmente, inevitabilmente.
Una linea retta in cui, ormai lo sappiamo, si incontra di tutto: scafisti, schiavisti, poliziotti corrotti, terroristi, stupratori. Sei alla mercé di un destino nefasto che ti condanna per la tua geografia e non per qualcosa che hai commesso.
Viaggiare è un diritto esclusivo del nord, di questo occidente sempre più isolato e sordo. Se sei nato dalla parte sbagliata del globo niente ti sarà concesso. (...) »
*** Igiaba SCEGO, 1974, scrittrice italosomala, Quei ragazzi divorati in mezzo al mare dalla nostra indifferenza, 'internazionale.it', 19 aprile 2015
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