sabato 25 aprile 2015

#LINK #SOCIETA' / 25 aprile, il nostro mito fondativo. Ne abbiamo bisogno (Gustavo Zagrebelsky, Giovanni De Luna)

Il nostro mito fondativo
Ogni ordinamento politico-sociale ha bisogno di un atto o atto che sia assunto come 'mito fondativo'. 
Il mito raccoglie in sé elementi fattuali degni di rispetto e tali da ingenerare nelle generazioni successive adesione a un universo di valori considerati sacri. 
In generale, per svolgere nel tempo questa funzione identitaria che è espressa con la parola Grundnorm (norma o principio fondamentale) il mito non può essere cristallizzato, non deve fossilizzarsi in vuota retorica celebrativa, in folkdore. Deve essere costantemente rivitalizzato attraverso una dialettica tra l'arcaico e l'attuale. 
D'altra parte, tolta la Resistenza, che cosa ci offre la nostra storia recente che valga la pena d'essere assunta come Grundnorm? Tutte le volte in cui si vuole cercare una risposta ai grandi problemi del nostro tempo, la cui risoluzione non si vuoi lasciare al puro e semplice dispiegarsi del darwinismo sociale rinasce la domanda rivolta alla Costituzione. 
La Costituzione è tuttora la bussola, una bussola che indica non una rotta pacifica, ma la direziono d'una lotta. Penso a grandi temi come il lavoro, la scuola e la cultura, l'ambiente, la sanità, i diritti civili, la pace. 
Lo «spirito della Resistenza» non lo troviamo in un diafano irenismo, ma nei conflitti sociali. La Costituzione, nel nostro paese, è da sempre il terreno di conflitti. 
Finché il conflitto si svolgerà attorno alla Costituzione, chiamandone in causa i princìpi, lo spirito della Resistenza sarà vivo.

*** Gustavo ZAGREBELSKY, giurista, costituzionalista, presidente emerito della Consulta, Il nostro mito fondativo che vive nella Costituzione, 'la Repubblica', 22 aprile 2015.


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Ne abbiamo ancora bisogno
(...) [D: Perché oggi abbiamo bisogno del 25 aprile?]
Avere espunto la Resistenza dal nostro spazio pubblico ha comportato una sorta di carestia morale. I valori di riferimento rischiano di essere solo gli interessi, ciò che conviene. Fu invece quello il grande momento della scelta. Dopo l'8 settembre, ciascuno fa i conti con le proprie risorse, tra coraggio e opportunismo. Prima furono settemila, poi settantamila, alla fine centocinquantamila. Pochissimi in confronto ai milioni che avevano affollato le piazze del fascismo. Ma mai nella storia di Italia così tante persone avevano scelto di mettere in gioco la propria vita per la collettività. E in un tempo come il nostro privo di una pedagogia politica, questo mi sembra il lascito più prezioso.

*** Giovanni DE LUNA, storico, intervistato da Simonetta Fiori, estratto, "Dopo tanto revisionismo oggi finalmente è una festa di tutti", 'la Repubblica', 23 aprile 2015.
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