Eugenio LECALDANO
Senza Dio: storie di atei e di ateismo, Il Mulino, 2015
pagine 182, € 14,00, ebook €9,48
Un fenomeno in crescita, quello dell'ateismo, almeno nelle società occidentali.
E questo libro di Eugenio Lecaldano ce ne spiega le ragioni: storiche, sociali, filosofiche. In modo chiaro, articolato, equilibrato. Senza che l'autore nasconda una visione 'irreligiosa' del mondo, ma proponendola anzi, con una passione che sa rispettare chi la pensa diversamente, come una possibilità ricca, e se si vuole anche 'religiosa', di vivere con senso e pienezza la vita.
Un volume importante, che informa e fa riflettere, scritto da un accademico che sa divulgare il suo sapere senza abbassarne il livello e senza rinunciare allo sguardo largo e lungo capace di cogliere nell'evoluzione storica i riferimenti fondamentali di autori e sistemi di pensiero.
Un testo che ha lo stile e il tono giusti per farsi leggere anche da chi è profondamente religioso, ma condivide con l'autore, insieme a un sentimento di orgogliosa e dignitosa affermazione della propria visione, il rispetto genuino per l'altro e l'apertura al confronto.
In un'epoca di crescenti fondamentalismi che brandiscono Dio e le religioni come armi per uccidere e imporre le loro verità come 'la' Verità, anche una posizione atea, purché non altrettanto fondamentalista (e il libro accenna criticamente ai 'neoatei', che rischiano di costruire un contraltare di integralismo quasi similmente pericoloso), può contribuire prima a 'seminare' e poi a 'coltivare' il valore del rispetto della diversità e della pluralità: un apprendimento prezioso per una convivenza che voglia restare 'umana'.
*** Massimo Ferrario, per Mixtura
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Guardando ad un’ottica generale possiamo poi rilevare che «i non credenti in Dio come gruppo vengono al quarto posto dopo Cristianesimo (2 miliardi), Islam (1 miliardo e 200 milioni), Induismo (900 milioni) nei termini di una classificazione globale dei sistemi di credenze comunemente accettati». E questo in quanto i non credenti oscillano «tra i 505 e i 749 milioni» (Zuckerman 2007, p. 55). In molti paesi del mondo troviamo che coloro che si dichiarano non credenti rappresentano statisticamente valori che sono oramai chiaramente stabilizzati su percentuali a due cifre. (...)
... assumere la prospettiva di un ateo e di un non credente permette di evitare di abbracciare quelle dottrine erronee attraverso cui i credenti solitamente cercano una soluzione giusta alle questioni etiche che la nostra generazione deve affrontare. Erronea è ovviamente la credenza che sia Dio a volere una certa soluzione; erronea è anche la credenza che una soluzione sia quella giusta perché è «secondo natura», ovvero secondo l’ordine naturale delle cose stabilito dal creatore; erronea è ancora la credenza che questi problemi abbiano un’unica soluzione assoluta ed eterna. Vi sono infine alcune soluzioni inaccettabili nel loro contenuto, che potremo evitare rigettando le tradizionali prospettive religiose: in generale tutte quelle soluzioni che mettono al secondo posto, in una gerarchia di esseri umani, le donne e che trasformano le diversità, in nessun modo dannose per gli altri, in anormalità.
«Solo un governo definito nei termini di un agnosticismo collettivo può assicurare delle condizioni di libertà nelle quali gli individui credenti e non credenti possono coesistere pacificamente allo scopo di perseguire le loro proprie visioni personali del bene ultimo» (Steven G. Gey, Atheism and the Freedom of Religion, in The Cambridge Companion to Ateism, Cambridge University, 2007)
(dal libro, Eugenio Lecaldano, Senza Dio)
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