« Il nostro fu l'unico paese occupato dai nazisti a organizzare in un anno due scioperi generali accelerando il crollo del regime. Il primo dopo 18 anni cominciò il 5 marzo 1943 a Torino e si estese in tutta la Repubblica Sociale coinvolgendo più di 200.000 lavoratori; le agitazioni durarono nel loro insieme 40 giorni. (...)
(...) Proprio discutendo con Renzo De Felice, Norberto Bobbio, nel 1995, aveva fatto un'osservazione decisiva. Un conto è il giudizio sulla moralità degli individui, altro conto è il giudizio sulla moralità delle cause per le quali gli individui combattono. Significa che non possiamo mettere sullo stesso piano la Repubblica di Salò e la Resistenza, perché la differenza consiste nei valori sulle quali l'una e l'altra si fondavano.
Bobbio concluse la sua argomentazione con una domanda: «Che cosa sarebbe successo se avessero vinto loro?». Questo interrogativo attende ancora una risposta.
*** Angelo D'ORSI, 1947, storico, docente di storia delle dottrine politiche, da E' la fine del 'rovescismo' alla Pansa, 'Il Fatto Quotidiano', 17 aprile 2015
Le fabbriche erano militarizzate e l'OVRA ci inseriva i suoi agenti; gli scioperi, sempre illegali durante il fascismo, con la guerra divennero crimini contro lo Stato e si finiva davanti al Tribunale Speciale, con il rischio della deportazione e della condanna a morte. (...)
Dal primo all'8 marzo 1944 la Repubblica Sociale fu paralizzata; 500.000 lavoratori coinvolti, fabbriche, servizi pubblici, linee ferroviarie e tranviarie bloccate. Ne parlarono e ne scrissero in tutto il mondo. A niente erano serviti i mezzi corazzati nazisti a presidiare le fabbriche, né licenziamenti e deportazioni, né la fame, né la spaventosa repressione e la morte di tanti esponenti della Resistenza e delle avanguardie operaie che quegli scioperi avevano organizzato. (...) »
*** Marina VALCARENGHI, psicoanalista, Quando resistevamo davvero, 'Il Fatto Quotidiano del Lunedì', 20 apriole 2015
(...) Proprio discutendo con Renzo De Felice, Norberto Bobbio, nel 1995, aveva fatto un'osservazione decisiva. Un conto è il giudizio sulla moralità degli individui, altro conto è il giudizio sulla moralità delle cause per le quali gli individui combattono. Significa che non possiamo mettere sullo stesso piano la Repubblica di Salò e la Resistenza, perché la differenza consiste nei valori sulle quali l'una e l'altra si fondavano.
Bobbio concluse la sua argomentazione con una domanda: «Che cosa sarebbe successo se avessero vinto loro?». Questo interrogativo attende ancora una risposta.
*** Angelo D'ORSI, 1947, storico, docente di storia delle dottrine politiche, da E' la fine del 'rovescismo' alla Pansa, 'Il Fatto Quotidiano', 17 aprile 2015
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(...) Se avessero vinto loro, invece che i partigiani… Questo dobbiamo scolpire a lettere indelebili nella nostra mente e nel nostro cuore: come sarebbe andata se avessero vinto i nazifascisti. (...)
Ebbene, noi, non solo dobbiamo insistere sulla gratitudine a quanti allora fecero la scelta più dura, e si sacrificarono per il bene comune; oggi, noi dobbiamo, in senso più generale, vedere nel 25 Aprile un invito a lottare contro quel “peso morto della storia” che, per dirla con il giovane Antonio Gramsci, è l’indifferenza. In un articolo folgorante del febbraio 1917, Indifferenti, egli lanciava un grido di sfida: «Odio gli indifferenti. Credo … che vivere vuol dire essere partigiani».
E chi più di coloro che – da operai, insegnanti, ferrovieri, postelegrafonici, tipografi, casalinghe, impiegati… – si trasformarono nella diffusa armata della Liberazione d’Italia, sono stati “partigiani” in questo senso? A loro dunque, con o senza il beneplacito del politico al potere, dobbiamo non soltanto rendere onore; dobbiamo soprattutto prenderli ad esempio. Ed essere pronti ad essere partigiani – nel significato che ciascuna epoca e situazione potrà determinare –, per combattere contro quel peso morto della storia che è l’indifferenza.
*** Angelo D'ORSI, 1947, storico, docente di storia delle dottrine politiche, da Un 25 aprile di lotta contro l'indifferenza, 'MicroMega on line', 25 aprile 2009, QUI
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