giovedì 23 aprile 2015

#LIBRI PIACIUTI / "Benedizione" (Kent Haruf)

Kent HARUF, Benedizione, NN Editore, 2015
pagine 276, € 17,00, ebook € 8,99

Una nuova casa editrice (la NN) e un autore pressoché sconosciuto in Italia, scomparso l'anno scorso. Ed è subito un ammaliante tuffo all'indietro, nell'atmosfera e nei sapori dei grandi autori americani dell'inizio del 900.
Un vecchio, ispido e tagliato con l'accetta, che sta morendo di cancro e si trova sospinto a riguardare certi aspetti anche dolorosi del suo passato che gli bucano per la prima volta la corazza; la moglie, ancora genuinamente e teneramente innamorata, che lo cura con devozione fino alla fine; la figlia, tornata in famiglia per la malattia del padre e che con lui recupera una relazione sempre stata affettivamente faticosa; il figlio, che aveva rotto con il vecchio da ragazzo andandosene di casa e mai più rientrato, assente anche nel momento della morte del padre ma quanto mai presente nelle sue allucinazioni.
E attorno, una cittadina nella pianura sconfinata e ventosa del Colorado: un prete disallineato, che ha il difetto di prendere alla lettera le parole del vangelo e deve fare i conti con una comunità reazionaria che lo rifiuta e una famiglia che lo isola e lo allontana; poi alcune figure di donne, rispettosamente vicine al vecchio che sta morendo e pietosamente coinvolte nel dolore della moglie; e infine, ma non ultimo personaggio, anche se delineata con pochi tratti che sembrano, ma non sono, disattenti, una bambina, che pare aprire al futuro e superare la malattia del vecchio, forse metafora anche della cittadina, diligentemente descritta nella sua gretta autocentratura.

Un racconto asciutto, sobrio, preciso: che procede con la fluidità pianeggiante del paesaggio naturale in cui è ambientato e in cui anche i dialoghi (semplici, secchi, a tratti persino poetici) si svolgono mescolati alle descrizioni, immersi nel flusso delle pagine, neppure segnati dai segni di interpunzione, ma non per questo confusi o 'persi' nel testo.
Una scrittura disadorna, eppure curata, attenta, scrupolosa. Uno stile che pare inseguire una distanza umile e rispettosa dalla storia e che, forse anche per questo, sa trasmettere una partecipazione pacata e compassionevole dell'autore agli eventi e alle persone.
Insomma davvero un bel libro: capace di evocare un'aura 'epica' proprio perché sa trattare in modo magistrale la dimensione 'normalmente umana', senza ricorrere a eventi straordinari o a personaggi eroici.
Un romanzo che nutre l'anima e nell'anima rimane impresso.

*** Massimo Ferrario, per Mixtura

«
Quel pomeriggio, quando Lorraine entrò in camera da letto, lui dormiva sotto le lenzuola, con il pigiama nuovo che gli avevano comprato nel grande magazzino di Main Street. Aveva la bocca aperta, le palpebre chiuse che tremavano e le mani appoggiate sul petto. All’inizio lei pensò che fosse morto e si accostò al letto e si chinò sul suo viso, poi percepì il debole flusso d’aria e l’odore acido del suo respiro.
Si accomodò su una sedia accanto al letto. La finestra che guardava sul cortile posteriore era aperta, la tenda avvolgibile marrone era abbassata per riparare dal sole. Nella stanza c’era buio e l’aria era calda, ma non rovente.
Dad si svegliò e aprì gli occhi. Fissò Lorraine e lei gli sorrise. Lui sollevò una mano verso di lei, che la strinse, guardandolo negli occhi.
Ciao, papà, disse.
Sì. Ciao. Parlava con la voce molto bassa e lenta.
Papà, a cosa stavi pensando mentre toccavi la faccia di Alice?
È successo stamattina.
Sì.
Volevo solo toccare ancora una volta il viso morbido di una bambina.
Quando ero piccola, toccavi in quel modo anche il mio?
Lui la fissò a lungo. Non penso. Perché no? Avevo troppo da fare. Non ero attento. No, disse lei. Non lo eri. Si portò alla guancia la mano di lui.
Perdonami, sussurrò lui. Ho sbagliato un sacco di cose. Avrei potuto fare di meglio. Ti ho sempre voluto bene.
Non me l’hai mai detto quando avevo la sua età.
Puoi perdonarmi anche questo?
Sì, papà.
Voglio dirtelo ora, disse lui.
Lei lo guardò, la stava fissando con gli occhi lucidi.
Ti ho voluto bene, sussurrò. Te ne ho sempre voluto. Ho sempre approvato ciò che facevi. Anche adesso.
Lei gli baciò la mano e gliela appoggiò sul petto e si chinò in avanti e lo baciò sulle labbra screpolate.
Grazie, papà. È lo stesso anche per me. Spero che tu lo sappia.
Lui chiuse gli occhi, le lacrime gli rigarono le guance. Lei gli rimase vicino senza più parlare e, quando lui si riaddormentò, uscì e salì le scale fino al piano di sopra, in camera sua, e si stese sul letto nel caldo pomeriggio, con il vento che soffiava le tende dentro e fuori dalla finestra. (da Kent Haruf, Benedizione, Edizioni NN, 2015)
»

«Vorrei essere ricordato come qualcuno che si è dimostrato amorevole e compassionevole verso le altre persone. Più sono diventato vecchio, più mi sono avvicinato alla morte, e più le persone mi sono diventate care. Adesso desidero essere completamente presente quando sto con qualcuno.
Come scrittore vorrei essere ricordato come qualcuno che ha ricevuto un talento molto piccolo ma che ha lavorato al suo meglio per utilizzare quel talento. Voglio pensare di aver scritto quanto più vicino all’osso che potevo. Con questo intendo dire che ho cercato di scavare fino alla fondamentale, irriducibile struttura della vita, e delle nostre vite in relazione a quelle degli altri». (Kent Haruf, dall’ultima intervista rilasciata a John Moore per 'denvercenter.com,' il 1° dicembre 2014, qui)



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2 commenti:

  1. Mille grazie per la bellissima recensione

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  2. Grazie a voi: perché avete edito il libro e perché non capita spesso (eufemismo) che un editore ringrazi.
    Comunque non ho fatto fatica a scrivere la mini-recensione: il libro è davvero bello. Ed è bello poterlo dire.

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