Io lavoro come assistente di volo, e professionalmente chiamo tutti ‘signore’ e ‘signora’. Porto sulla giacca una targhetta con il mio nome e cognome, e sempre più di frequente mi sento chiamare ‘Laura’ da passeggeri che non conosco e ai quali do del lei. «Vuole da bere, signore?», «Sì, Laura».
In questo caso il tu è gerarchico e umiliante per chi lo riceve, richiama un ottocentesco rapporto servo-padrone.
In questo caso il tu è gerarchico e umiliante per chi lo riceve, richiama un ottocentesco rapporto servo-padrone.
Una volta un signore mi chiamò per la terza volta per nome da un capo all’altro della cabina, schioccando le dita.
Cosi mi avvicinai e chiesi: «Scusi, signore, qual è il suo nome proprio?».
La persona mi guardò perplessa.
«Il suo nome di battesimo», sorrisi io.
«Giovanni, perché?».
«Dimmi, Giovanni, in che cosa posso aiutarti?».
*** Laura RE, assistente di volo, lettera alla rubrica ‘lettere’, ‘la Repubblica’, 11 marzo 2004.
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