(...) Si è arrivati a incolpare il latino e il greco di essere i sintomi più scandalosi di un insegnamento di classe. In realtà, i ricchi se ne infischiano del latino e del greco; preferiscono mandare i loro figli a studiare nelle costose public schools inglesi e svizzere, infinitamente più eleganti ed elitarie dei nostri licei repubblicani.
E poi c'è una seconda spiegazione: la superstizione del digitale, nuova religione chiamata a soppiantare tutte le antiche forme di educazione della mente, del cuore, dell'immaginazione. Benché di fatto il digitale possa essere utilissimo a uno spirito retto (ma purtroppo anche a quelli distorti! ), non potrà certo sostituire gli studi umanistici, che da tempo hanno dato buona prova nell'educazione di menti ben formate e libere. Il "tutto digitale" nell'insegnamento sarebbe il trionfo dello spirito gregario, e in prospettiva la scomparsa degli individui dotati di senso critico, soppiantati da anonime reti sociali di geek.
Terza spiegazione: la miopia utilitarista di un economicismo totalizzante. Un punto di vista che non può e non vuole concepire la scuola e l'istruzione se non nell'ottica di un rendimento immediato.
[D: Come rispondere a chi sostiene l'inutilità di una lingua morta?]
Un'educazione puramente utilitaria sarebbe praticamente inutile: più che un'educazione, una tautologia. Con l'eccezione delle formazioni professionali d'alto livello, tutto ciò che è utile al mondo iperdigitale in cui viviamo oggi si apprende prestissimo attraverso la pratica e l'esperienza, più che con le teorie e i discorsi.
[D: Perché?]
Per eccellenza, l'apprendimento e la conoscenza del latino e del greco aprono alle giovani menti le prospettive di cui sono private dalla cultura esclusiva dell'utile e dell'immediato. La stessa cosa potrebbe valere per lo studio del sanscrito o del mandarino.
Messaggere di un mondo lontano, ma non per questo meno umano, e riconoscibile come tale, queste lingue non sono poi tanto morte per i loro lettori e locutori; e aprono la mente alle differenze e somiglianze con altri mondi distanti dal nostro. Dal loro studio possiamo trarre l'esperienza necessaria a prendere le distanze dalla nostra attualità, e affrontare mondi diversi dall'umanità di oggi, con simpatia di principio e con distacco critico.
In altri termini, si creano così le condizioni per l'esercizio della libertà di spirito. Se tra tutte le parti del mondo l'Europa è stata la più inventiva, la più libera dalla routine, la più innovatrice, la più curiosa di tutto ciò che è umano, se ha inventato l'umanità plurale che dobbiamo salvare dall'odio geloso dei nuovi barbari, è perché dai tempi della caduta dell'impero greco-romano fino ai giorni nostri la formazione degli europei si è fondata su una continua comparazione critica tra l'esperienza antica e quella moderna. L'esperienza antica in atto ha preservato quella moderna e cristiana in divenire dall'accontentarsi di imitare e ripetere. L'emulazione con l'antico, la risposta alla sfida dell'antico: ecco qual è stato il pungolo dello sviluppo della nostra Europa. Questo dialogo incessante e fecondo con le vestigia più sorprendenti del passato rappresenta un esempio unico. E non ha perso nulla del suo potere di far maturare le menti.
*** Marc FUMAROLI, 1932, storico e saggista francese, intervistato da Vincent Tremolet De Villers, Fumaroli: "Il latino? Vittima del fanatismo", 'la Republica', 12 aprile 2015, da 'Le Figaro', traduzione di Elisabetta Horvat
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