«Quando si usano le tecnologie non sappiamo quale sia l’effetto sull’educazione perché nel giro di due o tre anni cambiano, mentre l’effetto di un libro lo sappiamo. Se ci concentriamo solo su quello che attrae l’attenzione rischiamo di creare nei ragazzi il vuoto reale».
[D: Cosa intende?]
«Vent’anni fa bisognava imparare a programmare, poi si doveva studiare la nuova cultura alfabetica degli sms che adesso però sono diventati vocali. Voglio dire che la tecnologia è importante, ma si supera velocemente e non può diventare la priorità».
[D: Gli adolescenti però sono dei nativi digitali]
«Sì, ma la società dei consumi sta erodendo la loro capacità di fare e di scrivere, sta minando la loro memoria. La scuola invece deve opporsi a tutto questo. La perdita della scrittura, ad esempio, è un fenomeno gravissimo. Possiamo davvero dire che la poesia non serve, l’arte non serve ma solo l’inglese è utile per i rapporti commerciali o il computer per fare grafici sull’andamento degli incassi? È questo il nuovo profilo di cittadino che vogliamo?».
*** Benedetto VERTECCHI, 1944, pedagogo e saggista, intervistato da Laura Serloni, la.ser., "Basta modelli stranieri, i contenuti sono più importanti", 'la Repubblica', 4 febbraio 2015
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