Pur non essendo un credente e professandomi agnostico, mi sento di fare un'affermazione con convinzione: la vita è sacra.
La vita è sacra e lo sento a tal punto da aver scelto di diventare vegetariano per non dovermi cibare di un alimento che è possibile reperire solo per mezzo della morte inflitta ad un essere vivente in quanto tale e per giunta incolpevole.
Considero la vita come valore integro, indiviso. Sacro è pertanto il portatore di vita ed in particolare l'essere umano.
Ma la vita, in quanto sacra, è libera ed è titolarità del vivente, nessun potere dovrebbe pretendere qualsivoglia diritto sulla vita. È questa la ragione per cui la pena di morte, anche se inflitta da un'autorità preposta da leggi umane, è assassinio comunque la si guardi. Se viene inflitta poi ad un omicida, la morte ottiene una doppia vittoria, una morte provoca una seconda morte.
La domanda che sollecita il caso del suicidio assistito o dell' "eutanasia" è un altra: è lecito sopprimere la propria vita? Non vi è chi non risponderebbe di sì pensando al caso del giovane carabiniere Salvo D'Acquisto che diede la propria vita per salvare quella degli ostaggi destinati dai nazisti alla fucilazione. Ma la risposta sarebbe sì anche nel caso di una madre o di un padre che dessero la propria vita per salvare quella dei figli e persino nel caso di un figlio che la desse per il padre, o di una persona che lo facesse per un'amato o un amico.
È dunque lecito dare la propria vita e nessun potere si può frapporre fra il titolare della vita stessa e la sua decisione, ma non è la fattispecie dell'atto d'amore o lo scambio vita per vita a determinarne la liceità, quanto la volontà di chi dispone pienamente della propria vita ed è la stessa disponibilità che permette ad ogni individuo di scegliere quale vita fare. Anche nella spiritualità monoteista, l'uomo è creato libero, libero di scegliere e di affrontare le conseguenze della sua scelta.
Ora, è pensabile che ci sia un potere che impone di vivere la vita contro la volontà del portatore di vita? A mio parere no. Nemmeno la Somma Potestà può farlo poiché non tutti ne riconoscono l'esistenza e l'autorità.
La nostra Costituzione, tutela la libertà di culto il che implica la libertà di non credere e il non credente ha dunque tutti i diritti per rivendicare l'assoluta proprietà della sua vita.
Quale potere dunque e sulla base di quale legittimità e di quale esperienza del dolore può imporre indicibili sofferenze ad un essere umano, quale potere "oggettivo" può decidere la soglia di sofferenze percepite soggettivamente e da ultimo quale potere si può arrogare il diritto di discriminare fra un essere umano nelle facoltà di togliersi da solo la vita accedendo a forme incruente ed un altro impedito da gravissima malattia di farlo, senza violare il sacro principio dell'uguaglianza?
*** Moni OVADIA, 1946, autore e attore teatrale, scrittore, 'facebook', 28 febbraio 2017, qui
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