venerdì 24 marzo 2017

#BRICIOLE / La porta e la chiave (M. Ferrario)

Ieri le porte si assomigliavano tutte e bastava un pass-partout. Oggi, ci vogliono chiavi ad hoc. 

Lo sappiamo da tempo, ma continuiamo a non volerlo sapere. E temiamo di re­stare prigionieri della stanza, senza possibilità di uscire. 

Siamo spaventati da un’equazione del tutto arbitraria: porta chiusa uguale porta che non si può aprire. 
E rinunciamo così a vedere l’opportunità che finalmente abbiamo: di aguzzare l’ingegno - diventando ingegneri di noi stessi e della situa­zione - e di tro­vare la chiave-che-apre. 

Qualche volta sarà sufficiente una leggera limatura della chiave precedente, al­tre volte dovremo procedere ad un completo ridisegno, altre volte ancora - la tecnolo­gia avanza - dovremo gettare la vec­chia chiave di ferro per una nuova chiave elettronica. 
Ma, sempre, la porta - basta provare - si apre. 

Certo, prima di scegliere o proget­tare la chiave, bisogna capire: analizzare la toppa, rile­varne la sagomatura.
Capire se siamo nel modello “ferro” o nel modello “elettronico”. 
Perché nel primo caso occorre girare/inserire la chiave nel modo giusto. Ma nel secondo caso la porta ha bisogno di un badge e non più di una chiave. 

Una porta è soltanto una porta e siamo noi che possiamo aprirla. O chiuderla.

Non c’è “destino cinico e baro”, non c’è “complotto”: se mai, il complotto siamo noi. 
Che non siamo capaci di aprirla. 
Magari perché non abbiamo le conoscenze aggiornate.
E continuiamo a stare nel modello 'ferro'.

*** Massimo Ferrario, La porta e la chiave, 2000-2017, per Mixtura


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