Chiedere onestà a una persona pubblica non vuol dire soltanto chiederle che si astenga dal commettere dei furti, delle truffe o delle frodi, non vuol dire soltanto chiederle che si astenga da ogni specie di azione ideata a danno della società o dei privati. Vuol dire anche chiederle che abbia in odio tortuosità e ambiguità, che in ogni istante si interroghi per capire se l’immagine che ha di sé stessa dentro di sé è limpida o torbida, se la strada sulla quale procede è dritta o tortuosa. Noi da diversi anni avevamo preso l’abitudine di pensare che nella vita pubblica, l’onestà individuale fosse poco, e che occorressero, per giovare alla società, altre qualità più sottili, più complesse, più sofisticate e più astute. Avevamo preso l’abitudine di situare al posto più alto, nella nostra scala dei valori, la destrezza e la perspicacia, quella particolare perspicacia politica che è dotata di mille occhi e di mille antenne, e anche di pungiglioni e di artigli. All’integrità morale, alla rettitudine, all’onestà, avevamo preso l’abitudine di attribuire un’importanza irrilevante. Soprattutto ci sembrava che nella vita pubblica, l’onestà individuale fosse cosa di scarso peso, antiquata, e inadeguata alla crudeltà dei tempi.
Poi a un certo punto ci siamo accorti che quello che appare più infrequente in Italia, nella vita pubblica e politica, è proprio l’onestà. Nello scenario che abbiamo davanti agli occhi, se ne scorgono rari esempi. Essendo questi così rari e insoliti, hanno l’esistenza difficile. Li circuiscono, li assediano e li minacciano da ogni parte i giochi d’astuzia, gli inganni e le frodi. Tuttavia nonostante tutto l’onestà manda una luce allegra, visibile a ognuno.
L’onestà non è abile, e non è affatto astuta. Non le importa nulla di essere astuta. Non adopera, nelle sue scelte, l’astuzia, ma ubbidisce unicamente a sé stessa. È intuitiva, ma solo nel discernere ciò che le rassomiglia da ciò che la offende. Non cerca vittorie. È costantemente disposta a perdere. La sola cosa che davvero le sta a cuore è non truffare, non frodare, non tradire né gli altri, né sé stessa. Vuole muoversi, quando è possibile, non al chiuso ma all’aperto, non nella notte ma nel giorno. Ama le vie dirette e detesta le vie traverse. Non si cura di essere derisa, schernita, umiliata, di essere considerata ingenua, di essere sola nelle sue decisioni, e di essere priva di pungiglioni e di artigli, quei pungiglioni e quegli artigli che la società di oggi tanto ammira e ama. L’onestà non vuol essere ammirata, né vuol essere amata. Presta fede unicamente a sé stessa, e va dritta per la sua strada.
Quando abbiamo saputo dell’esistenza della Pdue, del partito occulto come si usa chiamarlo, prima ancora d’aver capito bene che cosa fosse abbiamo però sentito che nei suoi disegni, è soprattutto presente la determinazione a devastare, nel nostro paesaggio politico, l’idea stessa dell’onestà. I suoi fini, i suoi disegni sono oscuri, sepolti nelle tenebre, ma la determinazione a sopprimere in Italia ogni possibile forma o parvenza di sanità e di integrità morale è certa. E allora, quando abbiamo saputo del partito occulto, abbiamo sentito un profondo ribrezzo per ciò che è occulto, per ciò che non scorre alla luce del giorno, a abbiamo sentito viva l’esigenza di poter leggere nella vita del paese come in un libro aperto, l’esigenza che ogni parola intorno a noi sia detta a voce alta, e sia incontestabilmente veritiera. Allora abbiamo pensato che la rettitudine, la chiarezza morale, l’onestà sono beni di un valore inestimabile, e indispensabili alla vita di un paese come il pane, come l’acqua e come l’aria.
*** Natalia GINZBURG, 1916-1991, scrittrice, L'onestà, 'l’Unità', 20 maggio del 1984, 28 luglio 2016, qui
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