Nessun difensore della democrazia penserebbe di salvarla proponendo una legge per vietare la pubblicazione di notizie false, sui giornali o in televisione. La censura, specie quando elevata a soluzione del problema delicatissimo di distinguere vero e falso, mal si accompagna al dibattere democratico. Quando c’è bad speech, insegnano piuttosto gli anglosassoni, si combatte con more speech. Manipolazione, propaganda, bugie, falsità costruite ad arte si contrastano con logica e spirito critico, argomenti e dati, o ancora – quando proprio si sia in presenza di una intera narrazione fasulla del mondo, come per i deliri fondamentalisti di ISIS o quelli neonazisti dell’Alt-Right – con strategie di contro-propaganda. A vietare il falso, a criminalizzarlo, sono i regimi autoritari: la democrazia invece l’accetta come parte del gioco, costruendo un delicato equilibrio di pesi, contrappesi e cultura per fare in modo non ne intacchi il tessuto, la costituzione. I reati restano reati, e si puniscono per legge; ma, in democrazia, le bugie non sono reati: sono, più semplicemente, bugie. Eppure per la rete tutto questo non vale. Anzi, sono proprio i “democratici”, i liberal che dall’elezione di Trump in poi hanno condotto una vera e propria crociata contro le fake news e la presunta era della “post-verità”, a chiedere norme non per contrastare la diffusione di notizie false sui social network, ma per impedirne del tutto la pubblicazione. Solo per Internet, considerata ancora evidentemente un “far west” privo di regole, vale il principio per cui si salva la democrazia adottando i modi degli autoritarismi. Solo in rete le bugie, l’odio e ogni forma espressiva – direbbero i censori cinesi – che si ponga in contrasto con “l’armonia sociale” non devono avere diritto di cittadinanza. (...)
*** Fabio CHIUSI, giornalista, saggista, Censurare l’odio e le notizie false non salverà la democrazia, 'valigiablu', 28 dicembre 2016
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