Un indizio della diffusione della mentalità narcisistica sta nel fatto che sempre più, negli ultimi cinquant’anni, la cura analitica si è imbattuta in una nuova generazione di pazienti, che presentano caratteristiche peculiari. A dirla in breve, si tratta di persone poco empatiche, che ostentano autosufficienza e sentimenti grandiosi di superiorità. Rifuggono da ogni forma di dipendenza affettiva e di intimità; di conseguenza, sembrano non aver alcun bisogno degli altri, anzi li tengono a distanza e tendono a svalutarli. Queste personalità sono però nel fondo fragili e insicure; temono l’isolamento sociale, il che le rende spesso banali e conformiste; sono invidiose e pervase da un sentimento profondo di solitudine e di disperazione.
Questo modo di essere sembra l’espressione di una disgregazione del tessuto familiare e sociale. Infatti, se è vero che il processo di maturazione individuale implica una progressiva differenziazione dall’ambiente, è altrettanto vero che, al suo inizio, la vita di ciascuno di noi ha bisogno di essere nutrita della illusione di onnipotenza. In altre parole, è necessario avere delle certezze per poterne poi fare a meno. Il narcisista, barricato nel suo carcere difensivo, affettivamente scollegato dagli altri, sconta un’assenza originaria di rispecchiamento, che la vita collettiva rende oggi sempre più difficile. Bisognoso di riferimenti univoci, egli non sopporta l’idea che tutte le relazioni umane importanti siano inevitabilmente conflittuali, e dunque le evita. Non giunge perciò mai ad accettare la paradossale verità che ogni nostro risultato è transitorio, ma che al tempo stesso vale la pena di impegnarsi seriamente nella costruzione dei nostri castelli di sabbia. Egli sa che gli amori passano, ma ignora che è bello averli vissuti.
*** Augusto ROMANO, 1934, psicoanalista di matrice junghiana, Nessuno appare nell’anima-specchio, ‘tuttolibri’, 9 maggio 2009
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