giovedì 31 dicembre 2015
#CIT / Ognuno è un genio, ma (Albert Einstein)
Albert EINSTEIN, 1879-1955
fisico e filosofo tedesco naturalizzato USA
Premio Nobel per la Fisica nel 1921
#VIGNETTE / Altan, Bucchi, Biani
ALTAN
Niente allarmismi, 'la Repubblica', 31 dicembre 2015
° ° °
ALTAN
Uomo unico animale ottimista, 'L'Espresso', 7 gennaio 2016
° ° °
Massimo BUCCHI
Patteggiare il 2016, 'la Repubblica', 31 dicembre 2015
° ° °
Mauro BIANI
Mortalità italiana, 'il manifesto', 30 dicembre 2015
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#MUSICHE & TESTI / You Make Me Feel Like (Aretha Franklin)
Aretha FRANKLIN, 1942
cantautrice e pianista statunitense
(You Make Me Feel Like) A Natural Woman, 1978
video, 4min16
You Meake Me Feel Like è il titolo di una canzone del 1978 del cantante statunitense Sylvester James, pubblicata soltanto con il proprio nome, Sylvester
Guardando fuori dalla finestra la pioggia del mattino
mi sentivo così vuota
e al pensiero di dover affrontare un altro giorno
Dio, mi sentivo così stufa
Vivere era talmente sgradevole, fino al giorno in cui ti ho incontrato scoprendo che la chiave per pacificare la mia mente era il tuo Amore.
Perchè tu mi fai sentire autenticamente donna.
Quando la mia anima stava nell'ufficio oggetti smarriti
sei arrivato per reclamarla come tua
Non avevo idea di cosa non andasse in me
fino a quando il tuo bacio mi ha aiutato a dargli un nome
[ (la capacità di Amare)
Adesso non ho più dubbi sul perché vivo:se posso renderti felice, non chiedo altro.
Perché tu mi fai sentire autenticamente donna.
Piccolo, guarda quanto hai fatto per me:
mi fai sentire così bene nel profondo,
e tutto ciò che voglio è starti accanto.
Mi fai sentire così viva!
Perché tu mi fai sentire autenticamente donna.
Looking out on the morning rain
I used to feel uninspired
And when I knew I had to face another day
Lord, it made me feel so tired
Before the day I met you, life was so unkind
But your Love was the key to peace my mind
Cause you make me feel, you make me feel,
you make me feel like a natural woman
When my soul was in the lost-and-found
You came along to claim it
I didn't know just what was wrong with me
Till your kiss helped me name it
Now I'm no longer doubtful of what I'm living for
Cause if I make you happy I don't need no more
Cause you make me feel, you make me feel, you make me feel like
A natural woman
Oh, baby, what you've done to me
You make me feel so good inside
And I just want to be close to you
You make me fell so alive
Cause you make me feel, you make me feel, you make me feel like
A natural woman
(testo in inglese e traduzione in 'lyricstranslate', qui
#BIGLIETTI_AUGURALI / Auguriamoci (M. Ferrario)
*** Massimo Ferrario, Auguriamoci, dicembre 2015, auguri agli amici e a tutti quelli che seguono Mixtura
#MUSICHE & TESTI / Last Christmas (Mina)
MINA, 1940, cantante
Last Christmas, 1984
(canzone natalizia degli Wham! - https://it.wikipedia.org/wiki/Last_Christmas)
Il Natale scorso
Ti ho donato il mio cuore
Ma già il giorno dopo tu lo davi via
Questo anno
Per evitarmi le lacrime
Lo donerò a qualcuno di speciale
La prima volta stringo i denti
E la seconda volta sono timida
Mantengo la mia distanza
Ma tu puoi ancora scovare il mio sguardo
Dimmi tesoro
Mi riconosci?
Beh
È passato un anno
Non mi sorprende
L'ho coperto bene e l'ho inviato
Con un bigliettino che diceva "ti amo"
E lo credevo davvero
Adesso so quanto sono stato stupida
Ma se tu mi baciassi adesso
So che mi inganneresti di nuovo
Il Natale scorso
Ti ho donato il mio cuore
Ma già il giorno dopo tu lo davi via
Questo anno
Per evitarmi le lacrime
Lo donerò a qualcuno di speciale
Una stanza affollata
Amici con gli occhi stanchi
Mi sto nascondendo da te
E dalla tua anima di ghiaccio
Mio Dio pensavo tu fossi qualcuno
Su cui poter contare
Ed io?
Credo che fossi solo una spalla su cui poter piangere
Il viso di un amante con il fuoco nel cuore
Un uomo sotto copertura ma tu mi hai distrutto
Adesso ho trovato un amore vero e tu non mi ingannerai di nuovo
Il Natale scorso
Ti ho donato il mio cuore
Ma già il giorno dopo tu lo davi via
Questo anno
Per evitarmi le lacrime
Lo donerò a qualcuno di speciale
Il Natale scorso
Ti ho donato il mio cuore
Ma già il giorno dopo tu lo davi via
Questo anno
Per evitarmi le lacrime
Lo donerò a qualcuno di speciale
Il viso di un amante con il fuoco nel cuore
Un uomo sotto copertura ma tu lo hai distrutto
Forse l'anno prossimo darò il mio cuore a qualcuno
Lo darò a qualcuno speciale.
(traduzione di Annie, 'testitradotti', qui)
Last Christmas
I gave you my heart
But the very next day you gave it away
This year
To save me from tears
I'll give it to someone special
Once bitten
And twice shy
I keep my distance
But you still catch my eye
Tell me baby
Do you recognize me?
Well
It's been a year
It doesn't surprise me
I wrapped it up and sent it
With a note saying "I love you"
I meant it
Now I know what a fool I've been
But if you kissed me now
I know you'd fool me again
Last Christmas
I gave you my heart
But the very next day you gave it away
This year
To save me from tears
I'll give it to someone special
A crowded room
Friends with tired eyes
I'm hiding from you
And your soul of ice
My god I thought you were
Someone to rely on
Me?
I guess I was a shoulder to cry on
A face on a lover with a fire in his heart
A man under cover but you tore me apart
Now I've found a real love you'll never fool me again
Last Christmas
I gave you my heart
But the very next day you gave it away
This year
To save me from tears
I'll give it to someone special
Last Christmas
I gave you my heart
But the very next day you gave it away
This year
To save me from tears
I'll give it to someone special
A face on a lover with a fire in his heart
A man under cover buy you tore him apart
Maybe next year I'll give it to someone
I'll give it to someone special.
(testo riportato in 'testitradotti', qui)
#RITAGLI / Stupri, la falsa indignazione dell'Occidente (Deborah Dirani)
(...) Le donne sono pezzi di carne buoni alla riproduzione, alla cura del maschio e dei suoi figli. Sono schiave per una trama muscolare e un ordito di ossa che le costringe a patire la violenza di un sesso che non desiderano, di un uomo che non amano. Bestie da mercato: ha bei fianchi, farà molti figli. L'indignazione che nelle ultime ore attraversa l'Occidente, suscitata dalla fatwa n.64 del 29 gennaio 2015, che detta le nuove leggi dello stupro nel Daesh, mi suona tanto ipocrita quanto falsa. Come se, con gente pronta a incendiare un altro essere umano, a scaraventare giù dalle rupi un omosessuale, ad abbattere a martellate secoli di storia e civiltà ci fosse da stupirsi che una donna, finita nel carro degli sconfitti, venga stuprata a cadenza quotidiana da un maschio che si serve di Allah per giustificare ogni genere di abominio.
La verità è che abbiamo ogni giorno più bisogno di ingolfarci di orrore verso il Daesh, perché sembra che quanto abbiamo visto fino ad ora non ci sia bastato. La verità è che bastava passare di là dall'Adriatico un paio di decenni fa per contare il numero di figli bastardi degli stupratori della ex Jugoslavia. Che non erano musulmani, ma per niente. Che lo stupro trova infinite e continue legittimazioni nelle menti perverse degli stupratori: si stupra una donna in nome di dio, della specie, dell'etnia, della politica, del piacere. Del potere. Che lo stupro è questo: la perfezione del potere che non si conclude con la morte (finirebbe troppo presto l'orgasmo) ma si ripete ad ogni urlo, ad ogni graffio, ad ogni supplica della vittima. È molto più che un atto sessuale, è un messaggio di onnipotenza che un carnefice lancia alla sua vittima: "Sei mia: farò di te quello che voglio". E allora, guardiamo bene la realtà, leviamoci le lenti della supremazia culturale che oggi, ancora una volta, ci fa sentire migliori di quei disgraziati che tanto ci fanno paura.
Noi gli uomini non li incendiamo, no: ma le donne le stupriamo senza nasconderci dietro la barba di dio. Non lo facciamo da vincitori di una guerra, non le chiamiamo schiave, non regoliamo la cadenza dei nostri rapporti sessuali con loro, non ci preoccupiamo di capire se la femmina a cui strapperemo la gonna sia o meno mestruata. Noi siamo civili occidentali e lo stupro da noi è un incidente: ammesso che tante, troppe sono le donne al giorno abusate in Italia (ce lo dice l'Istat) possano considerarsi un incidente. La differenza tra "noi" e "loro" sta solo nel metodo: il loro è sistematico, regolato da una logica che noi non conosciamo più. È la logica assurda della guerra che impone ai vinti ogni possibile umiliazione. (...)
*** Deborah DIRANI, giornalista, La falsa indignazione dell'Occidente per le leggi sullo stupro del Califfo, 'L'Huffington Post', 30 dicembre 2015
#SENZA_TAGLI / Isis, la legge per le schiave sessuali (Antonio Palma)
Dopo la rivelazione della "legge" che autorizza l’espianto e il traffico di organi degli infedeli, nuove raccapriccianti particolari emergono sulla vita all'interno del sedicente stato islamico. Ancora una volta è l'agenzia Reuters, sulla base di documenti venuti in possesso delle forze Usa, a rendere nota una fatwa dello Stato Islamico con le regole di comportamento imposte sul territorio controllato tra Siria e Iraq. Questa volta l'oggetto della fatwa, datata 29 gennaio 2015, sono i precetti su come trattare "le donne e i bambini degli infedeli" catturate dai combattenti jihadisti, in pratica si disciplina i comportamenti da tenere con le schiave sessuali.
Del resto la presenza di donne usate come vere e proprie schiave all'interno dello stato islamico era cosa già nota da tempo e denunciata continuamente da tutte le organizzazioni umanitarie, ma l'Isis addirittura né disciplina "l'uso" autorizzando formalmente la schiavitù sessuale nei territori che controlla. Come spiega Repubblica, quello reso noto infatti è un vero e proprio decalogo che fa rabbrividire. "Non si può fare sesso con una prigioniera prima che abbia avuto il ciclo mestruale e sia pulita"; "Se è incinta, non si può fare sesso con lei fino al parto" e "Non le si può causare un aborto" sono alcuni dei dettami imposti.
Se poi la prigioniera ha una figlia, il padrone può avere rapporti o con l'una o con l'altra, ma non con entrambe e deve scegliere una volta per sempre. Se le prigioniere sono sorelle, il padrone può avere rapporti con una sola delle due, ma può fare sesso con l'altra "se vende la prima, la regala o la libera". Se una donna è prigioniera di un padre, il figlio di questi non può avere rapporti con lei. E ancora, "se due o più individui comprano insieme una prigioniera, nessuno di loro può avere rapporti con lei perché è proprietà condivisa" ed "è vietato fare sesso anale con una prigioniera".
Le regole dello Stato Islamico "non hanno nulla a che vedere con l'Islam" denunciano però diversi Imam ed esperti di religione islamica come il rettore di Teologia islamica all'università Al-Azhar del Cairo. Per gli esperti infatti l'Isis sta tentando di reinterpretare norme della sharia alle proprie necessità e ai propri scopi dando vita a comportamenti che non si vedevano da secoli e lontanissimo anche dalla stragrande maggioranza degli islamici.
*** Antonio PALMA, giornalista, La legge dell’Isis per disciplinare i rapporti con le schiave sessuali, 'fanpage.it', 29 dicembre 2015, qui
mercoledì 30 dicembre 2015
#SENZA_TAGLI / Gufi, intelligenza e saggezza (Danilo Mainardi)
Non è male parlare un po’ di gufi, gli straordinari rapaci notturni di continuo citati, invocati e, ora, persino disegnati sulle slides della conferenza stampa di fine anno dal presidente Renzi.
L’abbinata gufo-malaugurio si perde nella notte dei tempi e abbonda in molte tradizioni popolari. È una superstizione radicata, giunta fino a noi come accade alle credenze malefiche, dure a morire. Ma ora il gufo è uscito dalle oscure leggende contadine ed è balzato ai livelli più alti della politica italiana. Merita dunque descriverlo, per verificarne l’aderenza alla simbologia negativa e, magari, rendergli un po’ di giustizia.
Se penso al gufo reale gli aggettivi da usare sono: maestoso, intelligente, raro. E poi bello, di quella bellezza vera, prodotta dall’evoluzione che plasma armonicamente forma e funzione. Una macchina perfetta, con vista acutissima, volo silenzioso e rapido. Un simbolo della nostra fauna, prezioso, perché ne sono rimaste solo 300 coppie in Italia.
Un’immagine fiera dunque, quella del gufo, che solo l’ingenuità delle tradizioni popolari ha trasformato in simbolo del malaugurio per il suo stile di vita solitario, notturno e quei vocalizzi che solcano il buio. Ci sono però anche credenze contrastanti. Il gufo era simbolo di saggezza per gli antichi ateniesi, associato alla dea Athena. Il ciondolo a forma di gufo in molti paesi si ritiene porti bene e tenga lontano i malanni.
Insomma ci vorrebbe attenzione a definire «gufo» un avversario. Non solo è un po’ ambiguo, ma se lo si usa nel suo prevalente significato di menagramo risulta un po’ trito e certamente distante dal mondo smart dei nostri giovani e brillanti politici. Infine non dimentichiamo che il gufo ruota il capo di 360°, il che fa alludere a una capacità di controllo totale dell’intero arco parlamentare…
*** Danilo MAINARDI, 1933, etologo e divulgatore scientifico, Quel rapace un tempo simbolo di saggezza, 'Corriere della Sera', 30 dicembre 2015, qui
https://it.wikipedia.org/wiki/Danilo_Mainardi
(vmburkhardt.tumblr.com., via pinterest)
In Mixtura 1 altro contributo di Danilo Mainardi qui
#CIT / Ricordi (Giorgio Faletti)
Giorgio FALETTI, 1950-2014
cabarettista, cantante, attore, scrittore
da Giorgio Faletti, Tre atti e due tempi, Einaudi, 2014
In Mixtura ark #Cit qui
#VIDEO / La Madonna del Lastrico (Sabina Guzzanti)
Sabina GUZZANTI, 1963
attrice, regista, blogger
La Madonna del Lastrico, 22 dicembre 2015
A proposito del caso Banca Etruria e dintorni, un'imitazione dura e irridente di Maria Elena Boschi da parte di Sabina Guzzanti... (mf)
In Mixtura 1 altro contributo di Sabina Guzzanti qui
#MOSQUITO / Capodanno, lo odio (Antonio Gramsci)
Ogni mattino, quando mi risveglio ancora sotto la cappa del cielo, sento che per me è capodanno.
Perciò odio questi capodanni a scadenza fissa che fanno della vita e dello spirito umano un’azienda commerciale col suo bravo consuntivo, e il suo bilancio e il preventivo per la nuova gestione. Essi fanno perdere il senso della continuità della vita e dello spirito. Si finisce per credere sul serio che tra anno e anno ci sia una soluzione di continuità e che incominci una novella istoria, e si fanno propositi e ci si pente degli spropositi, ecc. ecc. È un torto in genere delle date.
Dicono che la cronologia è l’ossatura della storia; e si può ammettere. Ma bisogna anche ammettere che ci sono quattro o cinque date fondamentali, che ogni persona per bene conserva conficcate nel cervello, che hanno giocato dei brutti tiri alla storia. Sono anch’essi capodanni. Il capodanno della storia romana, o del Medioevo, o dell’età moderna.
E sono diventati così invadenti e così fossilizzanti che ci sorprendiamo noi stessi a pensare talvolta che la vita in Italia sia incominciata nel 752, e che il 1490 0 il 1492 siano come montagne che l’umanità ha valicato di colpo ritrovandosi in un nuovo mondo, entrando in una nuova vita. Così la data diventa un ingombro, un parapetto che impedisce di vedere che la storia continua a svolgersi con la stessa linea fondamentale immutata, senza bruschi arresti, come quando al cinematografo si strappa il film e si ha un intervallo di luce abbarbagliante.
Perciò odio il capodanno. Voglio che ogni mattino sia per me un capodanno. Ogni giorno voglio fare i conti con me stesso, e rinnovarmi ogni giorno. Nessun giorno preventivato per il riposo. Le soste me le scelgo da me, quando mi sento ubriaco di vita intensa e voglio fare un tuffo nell’animalità per ritrarne nuovo vigore.
Nessun travettismo spirituale. Ogni ora della mia vita vorrei fosse nuova, pur riallacciandosi a quelle trascorse. Nessun giorno di tripudio a rime obbligate collettive, da spartire con tutti gli estranei che non mi interessano. Perché hanno tripudiato i nonni dei nostri nonni ecc., dovremmo anche noi sentire il bisogno del tripudio. Tutto ciò stomaca.
Aspetto il socialismo anche per questa ragione. Perché scaraventerà nell’immondezzaio tutte queste date che ormai non hanno più nessuna risonanza nel nostro spirito e, se ne creerà delle altre, saranno almeno le nostre, e non quelle che dobbiamo accettare senza beneficio d’inventario dai nostri sciocchissimi antenati.
Antonio GRAMSCI, 1 gennaio 1916, Avanti!, edizione torinese, rubrica Sotto la Mole, citato da 'L'Huffingon Post', 31 dicembre 2014, qui
In Mixtura altri 5 contributi di Antonio Gramsci qui
#VIDEO / Delfini, che fanno il surf (Jennene & Dave Riggs)
Il surf dei delfini
Jennene & Dave RIGGS
Flavia Cappadocia, 3nz.it, qui
(video, 0min,30)
Le acque turchesi dell’Oceano Australiano rendono queste immagini riprese da un drone ancora più spettacolari: un banco di delfini perfettamente posizionati sulla line up giocano tra le onde. Semplicemente stupendo.
(dalla presentazione)
#LINK / Sesso, i divieti nel mondo (Davide Turrini)
Sesso anale e orale vietati in 12 stati americani. Ecco cosa si può fare (e cosa no) in giro per il mondo.
Sono solo alcune delle proibizioni e dei divieti nel mondo elencati in un brillante articolo del sito web statunitense Alternet. Nella nazione in cui la Corte Suprema legifera su ogni tema e impone agli stati di mettersi in pari, la discrasia gerarchica rimane evidente, soprattutto per quel che riguarda pratiche e orientamenti sessuali
*** Davide TURRINI, giornalista, Sesso anale e orale vietati in 12 stati americani. Ecco cosa si può fare (e cosa no) in giro per il mondo, 'Il Fatto Quotidiano - F2 Magazine', 16 ottobre 2015
LINK articolo integrale qui
In Mixtura 1 altro contributo di Davide Turrini qui
#EXLIBRIS / Esame, meglio uno scambio di doni (Paolo Mottana)
L’esame scolastico, istituzionale, è figlio di una cultura della misura e del controllo. Una cultura dell’educazione che ritiene che la procedura dell’insegnamento sia realizzata quando il sapere, considerato come qualcosa che preesiste al momento dell’istruzione stessa, possa essere poi in qualche modo misurato dopo che è stato trasferito. Operazione meccanica quant’altre mai, che vede l’insegnamento come una trasmissione come un transito o come un inculcamento.
Anche laddove vi è consapevolezza della processualità dell’opera educativa, laddove si predica con aplomb sacerdotale la metaforica platonica della maieutica o dello svelamento, l’esame resta confinato nella sua struttura di procedura di controllo, a volte rivestito dell’abito della ricerca o dell’ascolto, ma pur sempre finalizzato a vedere ciò che è stato prodotto, a sorvegliare e a delucidare l’effetto. Questo sistema è legato ad una logica produttivistica, efficientista e fisicalista della cultura, che nell’epoca contemporanea si tecnicizza in procedure sempre più sofisticate e modulate variamente, sul piano strumentale, ma non meno univoche su quello strutturale.
A questa logica voglio contrapporre l’idea di formazione come dono, di apertura del sapere e di condivisione della conoscenza. Un’idea partecipativa che mira all’attrazione appassionata e alla coltivazione di una ricettività diffusa e fluida, curiosa e non giudicante. L’azione dell’insegnamento come potlacht o come dissipazione, come debordamento e come dispersione, come deriva e come prassi simbolica, fa cadere ogni esigenza di controllo. Anche perché non c’è più nulla da controllare. Il campo del sapere, non più presupposto come dominabile e segmentabile, è sempre aperto e fluido. Il contributo che offre chi insegna, presenta implicitamente falle e punti di pescaggio da dove chiunque vi partecipi può derivare imprevedibili direzioni di sviluppo, trasformando continuamente, non tanto il modo in cui l’insegnante propone la sua forma, quanto la configurazione in fieri che ne trae come discente. Da questo punto di vista nessuna esigenza di controllo e di misura e neppure l’esigenza del tutto autoriferita di verificare se qualcosa è successo.
Il gesto compensatore di una pratica di formazione come dono e condivisione è invece quella della restituzione, come ritorno di qualcosa di non predefinito (al dono si corrisponde con il dono) e della riconoscenza/riconoscimento, nella forma del ringraziamento e dell’accoglimento. Per chi insegna è il fatto stesso dell’ascolto, della partecipazione e della ri-conoscenza che si fa atto di conferma, e che costituisce di per sé indizio di un’auspicabile moltiplicazione esperienziale. In tal senso restituzione e riconoscimento possono essere espressi in modi diversi e imprevedibili che possono non avere affatto a che vedere con il sapere trasmesso, ma semmai con la configurazione che l’esperienza ha assunto. La restituzione può essere un oggetto fisico o un’idea, una danza o un canto, uno scritto o un’immagine, un biglietto o un gesto d’amore. L’esperienza formativa non ha nessuna intrinseca necessità di essere misurata, essa si dà quando si dà, come perfettamente compiuta all’atto della sua effettuazione. L’atto del controllo e della misurazione è solo un gesto disciplinare che la inscrive in una finalizzazione estrinseca di tipo ideologico o istituzionale. Intrinsecamente ogni esperienza di insegnamento è invece semmai tramata da gesti di interrogazione e di intesa, di confronto e, laddove ve ne sia necessità, di prova, di gioco e di simulazione. Ma questo modo di cercare non è mai ordinato nella forma del controllo esterno, semmai della conferma interna, del bisogno di percepire la reciprocità della comprensione. Si conclude all’interno dell’esperienza di insegnamento e non chiede supplementi, a meno che questi non siano indotti dal desiderio di ripetere e andare più a fondo.
*** Paolo MOTTANA, docente di filosofia dell'educazione all'Università Bicocca di Milano, saggista, Non esaminare ma scambiare doni, in 'Facciamo comune insieme', 10 dicembre 2015, da Paolo Mottana, La gaia educazione, Mimesis, 2015, qui
http://www.paolomottana.it/
In Mixtura i contributi di Paolo Mottana qui
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*** Paolo MOTTANA, docente di filosofia dell'educazione all'Università Bicocca di Milano, saggista, Non esaminare ma scambiare doni, in 'Facciamo comune insieme', 10 dicembre 2015, da Paolo Mottana, La gaia educazione, Mimesis, 2015, qui
http://www.paolomottana.it/
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#LINK / 2015, in 5 parole di economia (Roberta Carlini)
Dal crac delle quattro banche di provincia all’abolizione della tassa sulla casa. Passando per gli strani numeri del Jobs Act e la nuova legge di stabilità. Senza dimenticare il tormentone ‘stagnazione’. Un anno di finanza, lavoro e proclami attraverso i suoi vocaboli principali.
*** Roberta CARLINI, giornalista e saggista, Etruria, flops act e le altre, il 2015 in 5 parole di economia, 'pagina99', 28 dicembre 2015
LINK, articolo integrale qui
In Mixtura altri 6 contributi di Roberta Carlini qui
martedì 29 dicembre 2015
#VIDEO / Slackline, Théo Sanson batte il record del mondo (Marisa Labanca)
Théo SANSON, acrobata francese
video, 1min58
*** Marisa LABANCA, Slackline tra i canyon. Théo Sanson batte il record del mondo, '3nz.it', 25 novembre 2015
http://theosanson.fr/
LINK articolo e foto qui
#CIT / Abbiamo bisogno (Franco Arminio)
#BIGLIETTI AUGURALI / Liberami, anno che vieni (Loredana Lipperini)
Liberami, anno che vieni,
dai sensi di colpa scemi,
dalle paure insensate,
dalle rose mangiate
dalle lumache ingorde,
dalla malinconia che ti morde,
dal freddo ai piedi,
dall’ultimo jedi
se vuol farti un sermone,
dal critico mormone
che scrive che il romanzo è morto,
dal commentatore sempre storto,
dalla vicina del piano di sotto,
che dice che il tuo bagno è rotto
Portami, anno imminente,
meno avverbi con fine in –mente,
giornate di piena allegria
(e poche prediche sull’ironia).
Portami amici con la ridarella
e magari una siepe di mortella
per farci nascondere i gatti.
Portami sogni, e anche fatti
che mi facciano però sognare.
Portami un po’ di scrittura
e una camelia in fioritura.
Portami un nuovo tomo
di King, e proteggi quell’uomo.
Portami, con importanza,
entusiasmi per la figliolanza.
Portami, con discrezione,
fiducia, costanza, passione.
In cambio, prometto, lo sai,
poesie non ne scriverò mai.
*** Loredana LIPPERINI, Liberami, anno che vieni, profilo facebook, 28 dicembre 2015, qui
dai sensi di colpa scemi,
dalle paure insensate,
dalle rose mangiate
dalle lumache ingorde,
dalla malinconia che ti morde,
dal freddo ai piedi,
dall’ultimo jedi
se vuol farti un sermone,
dal critico mormone
che scrive che il romanzo è morto,
dal commentatore sempre storto,
dalla vicina del piano di sotto,
che dice che il tuo bagno è rotto
Portami, anno imminente,
meno avverbi con fine in –mente,
giornate di piena allegria
(e poche prediche sull’ironia).
Portami amici con la ridarella
e magari una siepe di mortella
per farci nascondere i gatti.
Portami sogni, e anche fatti
che mi facciano però sognare.
Portami un po’ di scrittura
e una camelia in fioritura.
Portami un nuovo tomo
di King, e proteggi quell’uomo.
Portami, con importanza,
entusiasmi per la figliolanza.
Portami, con discrezione,
fiducia, costanza, passione.
In cambio, prometto, lo sai,
poesie non ne scriverò mai.
*** Loredana LIPPERINI, Liberami, anno che vieni, profilo facebook, 28 dicembre 2015, qui
#MOSQUITO / Regole, rispetto e non sentirsi mai a casa (Gianrico Carofiglio)
«Tu hai regole, Guerrieri?» mi chiese a un certo punto Tancredi.
«Regole? Non ci ho mai pensato. Non esplicitamente, almeno. Ma sì, credo di sì. E tu?».
«Sì, anch’io».
«Quali sono le tue?».
«Faccio lo sbirro. La prima regola, per uno sbirro, è non umiliare quelli con cui hai a che fare per via del tuo lavoro. Il potere sulle altre persone è qualcosa di osceno e l’unico modo per renderlo tollerabile è il rispetto. E la regola più importante e anche la più facile da violare. E per te?».
«Adorno diceva che la forma più alta di moralità è non sentirsi mai a casa, nemmeno a casa propria. Sono d’accordo. Non bisogna sentirsi mai troppo a proprio agio. Bisogna sempre essere un po’ fuori posto».
«Giusto. Per me un’altra regola è quella sulle bugie. Bisogna cercare di dirne il meno possibile, agli altri. E nessuna a se stessi».
E poi, dopo aver riflettuto qualche istante: «Il che naturalmente è impossibile, ma almeno bisogna provarci».
*** Gianrico CAROFIGLIO, già magistrato, scrittore, Le perfezioni provvisorie, romanzo, Sellerio, Palermo, 2010.
In Mixtura altri 2 contrbuti di Gianrico Carofiglio qui
#MUSICHE E TESTI / Carte da decifrare (Ivano Fossati)
Ivano FOSSATI, 1951
Carte da decifrare, dall'album Dal vivo, volume 2, 1993
video 3min18
L'amore è tutto carte da decifrare
e lunghe notti e giorni per imparare
io se avessi una penna ti scriverei
se avessi più fantasia ti disegnerei
su fogli di cristallo da frantumare
E guai se avessi un coltello per tagliare
ma se avessi più giudizio non lo negherei
che se avessi casa ti riceverei
che se facesse pioggia ti riparerei
che se facesse ombra ti ci nasconderei
Se fossi un vero viaggiatore t'avrei già incontrata
e ad ogni nuovo incrocio mille volte salutata
se fossi un guardiano ti guarderei
se fossi un cacciatore non ti caccerei
se fossi un sacerdote come un'orazione
con la lingua tra i denti ti pronuncerei
se fossi un sacerdote come un salmo segreto
con le mani sulla bocca ti canterei
Se avessi braccia migliori ti costringerei
se avessi labbra migliori ti abbatterei
se avessi buona la bocca ti parlerei
se avessi buone le parole ti fermerei
ad un angolo di strada io ti fermerei
ad una croce qualunque ti inchioderei
E invece come un ladro come un assassino
vengo di giorno ad accostare il tuo cammino
per rubarti il passo, il passo e la figura
e amarli di notte quando il sonno dura
e amarti per ore, ore, ore
e ucciderti all'alba di altro amore
e amarti per ore, ore, ore
e ucciderti all'alba di altro amore
Perché l'amore è carte da decifrare
e lunghe notti e giorni da calcolare
se l'amore è tutto segni da indovinare
Perdona
se non ho avuto il tempo di imparare
se io non ho avuto il tempo
di imparare.
#LINK / 2015, l'anno migliore di sempre (Charles Kenny)
Da Parigi alla Siria, passando per San Bernardino e l’Afghanistan, nel 2015 il mondo ha vissuto una serie di eventi drammatici e dolorosi, mentre centinaia di milioni di persone hanno continuato a vivere nella miseria e hanno visto la loro vita minacciata da malattie prevenibili e denutrizione. A parte questo, però, il 2015 ha registrato anche un miglioramento costante della qualità della vita per gran parte degli abitanti del nostro pianeta, insieme a innovazioni tecnologiche e accordi politici che fanno ben sperare per l’anno a venire e anche oltre. (...)
*** Charles KENNY, giornalista statunitense, Il 2015 è stato l'anno migliore di sempre, 'internazionale.it', 28 dicembre 2015
#RITAGLI / Cina, 33milioni di uomini costretti a restare celibi (Ilaria Maria Sala)
La fine della politica del figlio unico era stata annunciata nei mesi scorsi (...)
Per quanto riguarda il disequilibrio demografico, si calcola che ci sono più di 33 milioni di uomini in Cina ancora in età riproduttiva costretti a restare celibi per la scarsità di donne.
Secondo il governo cinese, i quasi 40 anni di politica del figlio unico hanno evitato 400 milioni di nascite: una statistica controversa, che non tiene conto del naturale calo delle nascite che va di pario passo con l'urbanizzazione, ma che viene utilizzata per dimostrare che questa politica ha mantenuto sotto controllo un'esplosione demografica. (...)
*** Ilaria Maria SALA, giornalista, Finisce l'era del figlio unico per legge. Famiglie più libere (ma restano i guai), 'La Stampa', 28 dicembre 2015
Cina, manìfesto di propaganda della politica del figlio unico
lunedì 28 dicembre 2015
#CIT / Nunc est bibendum (Quinto Orazio Flacco)
Quinto ORAZIO FLACCO, 65 a.C.-8.d.C.
poeta romano
Odi, I, 37, 1,
citato da Elena Spagnol, a cura,
Citazioni, Le Garzantine, 2 volumi, Corriere della Sera, 2007
#FUMETTI / Sono anarchica (Charles Schulz)
#MUSICHE & TESTI / Sogna, ragazzo, sogna (Roberto Vecchioni)
Roberto VECCHIONI, 1943
già insegnante, cantautore, scrittore, poeta
Sogna, ragazzo, sogna
video, 4min35
https://it.wikipedia.org/wiki/Roberto_Vecchioni
https://it.wikipedia.org/wiki/Roberto_Vecchioni
E ti diranno parole rosse come il sangue,
nere come la notte; ma non è vero, ragazzo,
che la ragione sta sempre col più forte
io conosco poeti
che spostano i fiumi con il pensiero,
e naviganti infiniti
che sanno parlare con il cielo.
Chiudi gli occhi, ragazzo,
e credi solo a quel che vedi dentro
stringi i pugni, ragazzo,
non lasciargliela vinta neanche un momento
copri l'amore, ragazzo,
ma non nasconderlo sotto il mantello
a volte passa qualcuno,
a volte c'è qualcuno che deve vederlo.
Sogna, ragazzo sogna
quando sale il vento
nelle vie del cuore,
quando un uomo vive
per le sue parole
o non vive più;
sogna, ragazzo sogna,
non lasciarlo solo contro questo mondo
non lasciarlo andare sogna fino in fondo,
fallo pure te..
Sogna, ragazzo sogna
quando cade il vento ma non è finita
quando muore un uomo per la stessa vita
che sognavi tu
Sogna, ragazzo sogna
non cambiare un verso della tua canzone,
non lasciare un treno fermo alla stazione,
non fermarti tu...
Lasciali dire che al mondo
quelli come te perderanno sempre
perchè hai già vinto, lo giuro,
e non ti possono fare più niente
passa ogni tanto la mano
su un viso di donna, passaci le dita
nessun regno è più grande
di questa piccola cosa che è la vita
E la vita è così forte
che attraversa i muri per farsi vedere
la vita è così vera
che sembra impossibile doverla lasciare
la vita è così grande
che quando sarai sul punto di morire,
pianterai un ulivo,
convinto ancora di vederlo fiorire
Sogna, ragazzo sogna,
quando lei si volta,
quando lei non torna,
quando il solo passo
che fermava il cuore
non lo senti più
sogna, ragazzo, sogna,
passeranno i giorni,
passerrà l'amore,
passeran le notti,
finirà il dolore,
sarai sempre tu...
Sogna, ragazzo sogna,
piccolo ragazzo
nella mia memoria,
tante volte tanti
dentro questa storia:
non vi conto più;
sogna, ragazzo, sogna,
ti ho lasciato un foglio
sulla scrivania,
manca solo un verso
a quella poesia,
puoi finirla tu.
In Mixtura altri 5 contributi di Roberto Vecchioni qui
#LINK / Coca Cola, gli effetti (Ilaria Betti)
Cosa succede al nostro corpo dopo aver bevuto una lattina di Coca Cola? Un'infografica, riportata da The Renegade Pharmacist, un blog curato dal farmacista britannico Niraj Naik, descrive gli effetti nell'ora successiva all'assunzione. Se di solito dopo averla bevuta ci sentiamo rinfrescati e carichi di energie, ecco come zuccheri e caffeina si muovono invece dentro di noi.
Coca Cola, gli effetti sul corpo dopo averne bevuto una lattina svelati in un'infografica di un farmacista britannico
*** Ilaria BETTI, giornalista, Cosa succede al nostro corpo dopo aver bevuto una lattina di Coca Cola?, 'L'Hiffongton Post', 30 luglio 2015
LINK articolo e infografica qui
In Mixtura altri 3 contributi di Ilaria Betti qui
#VIDEO / Il sole, uno spettacolo unico (Harald Warholm)
Torghatte,n Norvegia, Il sole dietro la montagna
Harold Warholm, 3nz.it
video, 0min41
Vicino Brønnøysund, in Norvegia, è possibile assistere a uno spettacolo unico e (quasi) irripetibile.
Due volte all’anno, in autunno e in primavera, il sole passa dietro la montagna di Torghatten e “risplende” dal piccolo tunnel che la attraversa vicino alla sua sommità.
Il fotografo Harald Warholm ha inseguito per tre anni questa scena. Ed è riuscito a immortalarla con questo splendido timelapse.
(dalla presentazione)
#RITAGLI / Acquisti, come li facciamo (Matteo Testori)
Le scelte che compiamo sono dettate da due macro motivazioni.
In alcuni acquisti siamo portati a orientarci verso prodotti che ci raccontino e rappresentino. Questo criterio di scelta vale soprattutto per i vestiti e per quegli oggetti con una marca conosciuta - Harley Davidson o Apple, ma anche Nutella e Coca-Cola - che servono a mettere in chiaro a quale tribù apparteniamo.
La seconda motivazione vale soprattutto nell'acquisto dei beni alimentari e di largo consumo, ed è sostanzialmente la loro convenienza: in questo caso a guidarci e tentarci sono promozioni e offerte che, secondo i dati, influenzano il 44% dei consumatori.
Il 70% degli acquisti si decide direttamente nel punto vendita e in un tempo che si aggira attorno a 4 secondi. Siamo influenzati da tutto ciò che sperimentiano nei negozi: la gradevolezza dell'ambiente, l'arredamento, i colori, la gentilezza e competenza del personale.
*** Matteo TESTORI, consulente, saggista, autore di Shopper Marketing. Dall'intenzione all'acquisto, FrancoAngeli, 2015, citato da Luciana Grasso, Che abbiamo in testa negli ultimi 4 secondi prima degli acquisti?, 'Il Venerdì', 24 dicembre 2015
domenica 27 dicembre 2015
#VIDEO / Carta bianca (Totò)
TOTO' (Antonio De Curtis), 1898-1967
dal film I due colonnelli, 1962
regia di Steno
(video, 2min20)
Grande Totò...
#SGUARDI POIETICI / Canzone della ricerca (Algonkin Chippewa)
Ho perso colei che era cara al mio cuore.
L'altra parte di me vado cercando,
adesso,
per lunghe notti insonni,
e non lascerò un posto inesplorato
finché non la ritrovo.
All'alba,
mi è sembrato di scorgerla,
l'altra parte di me
di cui la mia anima va in cerca.
Ma era soltanto
un muoversi d'ali sull'acqua.
L'altra parte di me vado cercando,
adesso,
per lunghe notti insonni,
e non lascerò un posto inesplorato
finché non la ritrovo.
All'alba,
mi è sembrato di scorgerla,
l'altra parte di me
di cui la mia anima va in cerca.
Ma era soltanto
un muoversi d'ali sull'acqua.
*** ALGONKIN CHIPPEWA, Canzone della ricerca in Natives. Canti degli indiani d'America, Oscar Mondadori, novembre 2005 (scansione in strofe di mf) - Tribù della regione dei Grandi Laghi, approssimativamente collocabile tra gli odierni territori di Michigan e Illinois. Algonkin significa 'II posto delle anguille'. Alla famiglia Algonkin appartengono fra gli altri: i Blackfeet, il cui territorio si estendeva nell'area settentrionale delle Grandi Pianure (Montana, Nebraska, Wyoming) sono, assieme ai Cheyenne, una delle tribù la cui sussistenza si basava in gran parte sulla caccia al bisonte; i Chippewa, nome più noto della tribù degli Ojibwa, di controversa traduzione, il cui territorio si estendeva intorno ai Grandi Laghi, tra Stati Uniti e Canada, fino alle zone subartiche orientali; si dividevano in parecchi sottogruppi, tra cui i Saginaw, che abitavano in aree dell'attuale Michigan; i Passamaquoddy, che occupavano aree dell'attuale Louisiana.
#SENZA_TAGLI / Religione, causa conflitti da 2mila anni (Ilaria Betti)
I conflitti religiosi dividono l'umanità da più di 2000 anni. È quanto afferma un nuovo studio antropologico, pubblicato sulla rivista "Current Anthropology", secondo il quale già nel 700 a.C. in Messico piccoli nuclei sono entrati in contrasto proprio per credenze religiose contrastanti. I ricercatori della University of Colorado e della University of Central Florida hanno cercato di risolvere un'annosa questione: la religione conduce alla pace o alla guerra? Le loro analisi li hanno portati a scoprire conflitti molto più antichi di quelli già noti.
Dopo anni di ricerche nella zona di Rio Verde in Messico e nella valle di Oaxaca, il professore Arthur A.Joyce e il suo team hanno scoperto che alcuni rituali religiosi locali avevano lo scopo di creare e rafforzare i legami nella comunità ma che avevano avuto come conseguenza quella di ritardare lo sviluppo delle istituzioni di un ipotetico Stato. A dominare la vita religiosa erano alcune elite che finivano per controllare anche il rapporto tra la comunità e gli dei, entrando di fatto in conflitto con quelli che erano i leader tradizionali di questi piccoli nuclei.
"Sia nella valle di Oaxaca, sia nella valle di Rio Verde, la religione è stata molto importante per la formazione e per la storia delle prime città e dei primi stati, ma in maniera molto diversa da zona a zona", ha spiegato il professor Joyce. Sempre per motivi religiosi, con ogni probabilità, venne creato uno stato-regione con la città di Monte Alban come capitale. E sempre per motivi religiosi, alcuni grandi templi costruiti nel 100 d.C. risultano completamente abbandonati cento anni dopo. "Il ruolo che la religione ha nella vita sociale e politica oggi - aggiunge lo studioso - non deve sorprenderci molto".
*** Ilaria BETTI, giornalista, "La religione causa conflitti da più di 2000 anni". I risultati di un nuovo studio antropologico sui "danni" causati nella storia, 'l'Huffington Post', 23 dicembre 2015, qui
In Mixtura altri 2 contributi di Ilaria Betti qui
#VIDEO / Razzismo, un esperimento illuminante (Marisa Labanca)
In quella che sembra essere una sala di attesa, un extracomunitario chiede alle persone, che di volta in volta gli siedono accanto, di tradurgli dei post che qualcuno ha pubblicato scrivendo in lituano sulla sua pagina Facebook. E’ arrivato da poco in Lituania, non sa ancora parlare bene la lingua e ha bisogno di un aiuto per capire il senso di quelle parole. Donne, uomini e perfino un bambino si dimostrano subito molto disponibili, ma non appena gli occhi si posano sul tablet la loro espressione cambia.
Scuotono la testa, stringono le labbra perché quelli che stanno leggendo non sono semplici commenti ma pesanti insulti razziali. Talmente umilianti che nessuno di loro ha il coraggio di ripeterli. “Scimmia”, “schiavo”, “tornatene in Africa”. E alla fine, ognuna di quelle persone sente il dovere di chiedere scusa. Nonostante non siano loro gli autori dei commenti, il solo fatto di averli letti genera vergogna e dispiacere.
L’esperimento è stato realizzato da un’agenzia lituana per contrastare gli insulti razziali diffusi sul web. (...)
*** Marisa LABANCA, Razzismo e social network: l’esperimento contro i pregiudizi, 20 marzo 2015, '3nz', qui
*** Marisa LABANCA, Razzismo e social network: l’esperimento contro i pregiudizi, 20 marzo 2015, '3nz', qui
#EXLIBRIS / Famiglia, come la tazza del gabinetto (Lidia Ravera)
In genere è scocciata a Natale. Pensa che potrebbe essere da un’altra parte. Non ha niente contro la famiglia, come una mela non ha niente contro l’albero che la sostiene. Si è staccata da sua madre seguendo l’ovvio tragitto verticale imposto dalla forza di gravità, senza sprecare energie ad accelerare il percorso. Sua madre si contrapponeva a me con uno zelo furibondo, cercava lo scontro, opponeva alla mia vita di espiazione un’anarchia presuntuosa e malinconica. Melina ci guarda distratta, sia me che lei, sua nonna e sua madre, attenta alla lancetta dell’orologio. C’è sempre un altro posto dove si potrebbe andare. Gente nuova. Territori da conquistare. La famiglia è un arredo necessario ma privo di fascino. Come la tazza del gabinetto. Ti serve ma non è il dettaglio di cui ti innamori quando visiti un appartamento.
*** Lidia RAVERA, giornalista e scrittrice, Piangi pure, romanzo, Bompiani, 2013
In Mixtura 1 altro contributo di Lidia Ravera nella mia recensione al suo llibro 'Gli scartati', Bompiani, 2015, qui
sabato 26 dicembre 2015
VIGNETTE / Altan
ALTAN
Avete fatto il presepio?, 'L'Espresso', 30 dicembre 2015
° ° °
ALTAN
Soldi, dipendenza, 'L'Espresso', 30 dicembre 2015
° ° °
ALTAN
Mercato moderato e fondamentalista, 'L'Espresso', 23 dicembre 2015
#LIBRI PIACIUTI / "Lila", di Marilynne Robinson (recensione di M. Ferrario)
Marylinne ROBINSON, "Lila", Einaudi, 2015
traduzione di Eva Kampmann
pagine 273, € 20,00, ebook € 9,99
Come un romanzo americano del 900
Si respira l'aria dei grandi romanzi americani del 900 in Lila.
Marilynnne Robinson, l'autrice, è scrittrice affermata e pluripremiata e anche in questo ultimo libro dimostra la sua abilità non comune nel costruire una narrazione intensa, ampia e meticolosamente curata, ambientata nel Midwest: nella cittadina inventata di Gilead, che ha dato il nome al primo volume della sua trilogia (il secondo è Casa).
Lila, la protagonista, è seguita con sguardo scrupoloso, insieme 'esterno' e quanto mai partecipe, da quando viene rapita da Doll, una donna selvaggia e probabilmente assassina, che la strappa ad una famiglia in cui cresceva senza amore.
Con Doll Lila impara a fuggire e a vagabondare: errano per i campi da sole o in compagnia di altri che come loro cercano di sopravvivere alla Grande Depressione, offrendosi per qualunque lavoro di fatica nelle fattorie incontrate.
Doll è tutto per Lila e Lila non l'abbandonerà mai, anche quando il loro rapporto fisico si interromperà: perché il suo ricordo riemergerà, quasi come un'ossessione, in ogni occasione, anche dopo che Lila, nel suo peregrinare randagio, ormai sempre più sola e incattivita, incontrerà il pastore di Gilead e ne diventerà la moglie, convinta benché mai completamente arresa al suo nuovo ruolo.
La storia è semplice, ma ogni sintesi che se ne può trarre commette un peccato irreparabile, perché annienta colpevolmente il grande affresco di piccoli fatti e, soprattutto, di emozioni e sentimenti che l'autrice ci restituisce davvero con maestria.
Bisogna avere la pazienza di indugiare tra le sue pagine, che procedono lente, mescolando i piani del tempo (l'oggi con lo ieri): si impara che la divagazione è un'arte del narrare e che anche la prosa può essere poesia. Una poesia che sa mostrarsi dolce, senza mai cadere nel melenso, e dura e perturbante, come sempre accade quando l'ispirazione è alla realtà dei poveri e dei derelitti o alla natura, ancora incontaminata e talvolta inospitale, ma resa nel suo modo di essere più semplice e sobrio.
Difficile trovare cadute di tensione e coinvolgimento, ma la relazione di Lila con il vecchio reverendo Ames è godimento puro: per il contrasto delle due figure (lui tenero e premuroso, come fosse piombato dentro una seconda giovinezza, e lei sempre combattuta e selvatica nelle sue risposte, ma in fondo attratta dallo sperimentare questa vita per lei del tutto nuova) e per la descrizione conseguente del legame che si costruisce. Un legame che cresce nel tempo, lento e mai rilassato, tra le contraddizioni di impulsi e sensazioni di Lila e la serena calda e affettuosa disponibilità totale del vecchio.
E che pacifica e tormenta, nei suoi alti e bassi, anche chi legge.
*** Massimo Ferrario, per Mixtura
https://it.wikipedia.org/wiki/Marilynne_Robinson
https://it.wikipedia.org/wiki/Marilynne_Robinson
«
Lila non raccontava mai a nessuno di quei tempi. Sapeva che sarebbe sembrata una storia tristissima, ma non lo era, in effetti. Doll l’aveva presa in braccio e avvolta nel suo scialle. – Adesso sta’ zitta, – le disse. – Non svegliare gli altri –. Si sistemò la bambina sull’anca ed entrò nella casa buia, con passi piú prudenti e silenziosi possibile, trovò il fagotto che teneva nell’angolo e poi tornò fuori, nel buio gelido in fondo ai gradini. La casa puzzava di sonno, e la notte era ventosa, piena dei rumori degli alberi. La luna era sparita e scendeva la pioggia, fine fine, appena un pizzicore sulla pelle. La bambina aveva quattro, cinque anni, e due gambe lunghe, tanto che Doll non riusciva a tenerla coperta, ma con la grossa mano ruvida le sfregava i polpacci e le toglieva l’umidità dalle guance e dai capelli. Bisbigliò: – Non lo so proprio cosa mi passa per la testa. Mica ci sono stata a pensare. O magari sí. Non lo so. Mi sa che forse sí. Ma se c’è una cosa sicura è che una notte peggiore non c’era –. Si tirò su il grembiule per coprire le gambe della bambina e la portò oltre lo spiazzo. Forse la porta si aprí, e forse una donna le gridò dietro: «Dove te ne vai con la bambina?» e poi, poco dopo, la richiuse, come se i suoi obblighi finissero lí. – Be’, – sussurrò Doll, – toccherà stare a vedere. (Marylinne Robinson, Lila, Einaudi, 2015)
Vedendola sulla porta fece un’espressione allo stesso tempo sorpresa e non sorpresa, come se non avesse avuto motivo di aspettarsi la sua visita, e invece eccola là. Era in maniche di camicia e pantofole, sembrava piú vecchio che sul pulpito, e lei pensò di essere venuta troppo presto. Ma che importava?
Le disse: – Salve. Buongiorno –. Si interruppe, come se aspettasse una spiegazione. Poi aggiunse: – Avanti, prego –. Appena entrata, lui si scusò perché la casa era molto spoglia. – Non sono bravo a tenere bene le cose. Immagino che si veda. Però… – e indicò il divano ingombro di carte e di libri. – Lasci che le faccia un po’ di spazio. Non mi capita spesso di avere compagnia. Probabilmente avrà notato anche questo –. Allora lei non sapeva che la sua presenza in casa lo imbarazzava, trovarsi a tu per tu con una donna, una sconosciuta. Ma non voleva che andasse via, ne era sicura. – Vuole un bicchiere d’acqua? Posso prepararle il caffè, se ha qualche minuto.
Aveva tutto il giorno, una settimana, un mese. Gli disse: – Non ho un posto dove stare.
Lui le sorrise, oppure sorrise tra sé, come se avesse capito che per sciogliere il mistero della sua presenza sarebbe bastato qualche dollaro. Le disse: – Preparo il caffè, allora.
Lei si alzò. – Non so nemmeno perché sono venuta qui –. Aveva riconosciuto quel sorriso. Ne aveva odiata di gente per quel sorriso.
– Be’… Potremmo parlare un po’. A volte aiuta. Sì, insomma, aiuta a fare chiarezza…
– Non mi piace molto parlare.
Lui rise. – Bene, d’accordo, allora. È così per molti altri da queste parti. Però prendono volentieri il caffè.
– Non so perché sono venuta qui. È la verità.
Lui si strinse nelle spalle. – Ma visto che è qui, forse potrebbe raccontarmi qualcosa di sé?
Lei scosse il capo. – Di questo non parlo. È solo che ultimamente mi sono chiesta perché le cose succedono come succedono.
– Ah! – esclamò lui. – In questo caso mi fa piacere che non abbia fretta. Io me lo chiedo piú o meno da quando sono nato –. La guidò in cucina facendola accomodare al tavolo, e quando il caffè fu pronto rimasero seduti là per un po’, quasi senza scambiarsi una parola. (Marylinne Robinson, Lila, Einaudi, 2015)
»
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