La sera del 12 giugno 1992 Miriam Makeba (*) cantò a Torino, di fronte a 30 mila persone. Due giorni prima era sbarcata all’aeroporto di Caselle.
«Sull’aereo eravamo soltanto quattro persone di colore» - raccontò a Gabriele Ferraris de ‘La Stampa’. «Alla dogana hanno fermato proprio noi. Il funzionario ci chiede da dove veniamo. “Da Bruxelles”, rispondo. “E prima di Bruxelles?” “Io vivo a Bruxelles”. Mostro il mio passaporto della Comunità europea, e così la mia segretaria e mia nipote. Ma il funzionario insiste: “Che cosa fate qui?” “Siamo in visita”. “E quando ripartite?” “Sabato”. Allora lui ci fa aprire le valigie e le perquisisce. E ferma anche l’altro nero, mentre i bianchi passano senza controlli. Ero così piena di rabbia impotente.
Mia nipote mi sussurra: “Nonna, non arrabbiarti, quell’uomo è ignorante, forse ha un problema suo, forse è scontento del suo lavoro, e allora non sei tu il problema, è lui”.
E mi sono calmata. Però non ho mai visto trattare in quel modo un europeo in Africa. Forse perché l’ospitalità è alla base della nostra cultura. Un proverbio africano dice “i piedi non hanno naso”. Significa che non puoi fiutare, prevedere, dove ti porterà il destino, e domani potresti essere tu l’ospite, e desiderare un trattamento umano».
*** Alberto PICCININI, giornalista, I piedi non hanno naso, rubrica ‘Vuoti di memoria’, ‘il manifesto’, 12 novembre 2008.
(*) Miriam Makeba, 1932-2008, famosa cantante sudafricana di jazz e world music, https://it.wikipedia.org/wiki/Miriam_Makeba
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