Immaginiamo di avere una normale palla da tennis e di farla rimbalzare contro un muro di cemento liscio. Non ci muoviamo dal punto in cui l’abbiamo lanciata e continuiamo a colpirla con la stessa forza e mirando nella stessa direzione. A parità di condizioni al contorno (come ad esempio il vento), un bravo tennista dovrebbe essere in grado di far arrivare la palla esattamente nello stesso punto, colpo dopo colpo, fino a che non si stanca o la pallina (o il muro) si rompono. Un campione come Andre Agassi contava su queste caratteristiche del mondo fisico per sviluppare in allenamento le doti che gli hanno permesso di vincere Wimbledon.
Ma cosa accadrebbe se il rimbalzo non fosse prevedibile? O se addirittura in qualche occasione la pallina fosse in grado di attraversare il muro? E se ci fossero note solo le probabilità del fenomeno? Ad esempio, cinquantacinque volte su cento la palla torna indietro, le altre quarantacinque passa attraverso la parete. E così via, per tutto: c’è anche una probabilità che oltrepassi la barriera costituita dalla racchetta.
Sappiamo bene che ciò non accade mai nel mondo macroscopico e newtoniano dei tornei di tennis. Ma a livello atomico tutto cambia. Un elettrone sparato contro l’equivalente di un muro di particelle ha una probabilità diversa da zero di oltrepassarlo, grazie a una proprietà nota come «effetto tunnel». Immaginate che razza di difficoltà e frustrazioni incontrerebbe un tennista impegnato nel mondo subatomico.
*** Leon B. LEDERMAN, 1922, fisico statunitense, premio Nobel per la fisica nel 1988, e Christopher T. HILL, 1951, fisico teorico statunitense, Fisica quantistica per poeti, Bollati Boringhieri, 2013
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