Michela MARZANO, Papà, mamma e gender, Utet, 2015
pagine 101, € 12,00, ebook € 7,99
Questione complessa, ma in fondo semplice: se non la si volesse rendere complicata. E' quella trattata da Michela Marzano in questo volumetto che si legge con godimento intellettuale: perché ricorda cose che dovrebbero essere ovvie, nella loro chiarezza. Ma, a quanto sembra, così non è. E allora occorre inseguire passo passo e punto punto, con riflessioni critiche di solare evidenza, le affermazioni più assurde fatte circolare, ormai quotidianamente, da certa propaganda ideologica.
Il tema, richiamato dal titolo del libro, è quello della cosiddetta 'teoria gender'. Molti la vedono come l'ultima incarnazione del diavolo che vuole distruggere la famiglia 'naturale', equiparando sesso e genere; altri ne negano addirittura l'esistenza; o si limitano a interpretarla come un insieme di convinzioni che mirano a difendere gli orientamenti sessuali e le scelte culturali di ognuno.
L'ennesimo esempio, insomma, di come la libertà, a parole ossequiata da tutti, si trovi nei fatti quanto mai spesso in conflitto con stereotipi e ideologie che la negano. E di come il cammino per considerare finalmente l'essere umano come essere, appunto, 'umano', perseguendone l'eguaglianza di diritti e di trattamento (senza negare, in questo caso, ovviamente, le differenze biologiche di sesso), sia ancora lungo.
Nessuna novità, peraltro: accade che la tradizione venga invocata come rifugio e arma di difesa tutte le volte in cui il cambio delle culture rompe certezze secolari e dissemina disorientamento. Ma certi attacchi di oggi, tanto più virulenti quanto più ipocritamente vestiti, sono anche determinati dal fatto che le nuove richieste di dignità non sono forse più disposte a tacere e subire le vecchie idee e prassi che escludono e violentano.
Non saranno sicuramente queste pagine a spazzare via definitivamente i pregiudizi più o meno interessati; ma un contributo in questa direzione è posto.
Del resto, il dibattito è acceso e non facilmente componibile anche perché l'ignoranza, con le conseguenti paure che essa sempre alimenta, si mescola con l'intolleranza, il rifiuto dell'altro, il bisogno di rassicurazione.
Per questo non esiste soluzione facile e immediata; ma diffondere conoscenza e consapevolezza è l'unico modo per chiarire e controbattere.
E Michela Marzano ci riesce benissimo.
*** Massimo Ferrario, per Mixtura
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Chi dovrebbe guarire ed esattamente da che cosa, dal momento che l’omosessualità, esattamente come l’eterosessualità, è solo un orientamento sessuale? E quindi un modo di essere e di amare. Qualcosa che non si sceglie, non si cambia, non si cura. Perché non c’è niente da cui guarire o da curare. C’è solo qualcosa da riconoscere e accettare. Qualcosa che fa parte della propria identità, quella con la quale prima o poi tutti dobbiamo fare i conti, anche quando ci sono cose che vorremmo che fossero diverse, cose che magari non sopportiamo di noi stessi, cose con le quali, però, non possiamo far altro che convivere. Ma questo, appunto, riguarda sia gli omosessuali, sia gli eterosessuali. Senza che qualcuno venga a dirci che, da bambini, qualcosa non ha funzionato. Un padre distante o una madre assente. Un padre severo o una madre assillante. Tanto, quando eravamo bambini, sicuramente qualcosa non ha funzionato per ognuno di noi. E non è colpa di nessuno. È la vita. E, in fondo, va bene così. A patto che non ci sia poi chi, senz’altro con le migliori intenzioni – ma, si sa, è l’inferno che è lastricato delle migliori intenzioni –, non intervenga per farci sentire colpevoli, aggiungendo così ulteriore sofferenza alla sofferenza che, forse, si è già vissuta. Ancora una volta indipendentemente dal fatto che siamo omosessuali o eterosessuali. (Michela MARZANO, Papà, mamma e gender, Utet, 2015)
Certo, non possiamo dimenticare il momento storico particolare durante il quale venne elaborata la Costituzione. Né il fatto che, come spiegò all’epoca molto chiaramente Aldo Moro, il termine “naturale” riferito alla famiglia aveva lo scopo di sganciare le famiglie dalla dipendenza e dalla tutela dello Stato. Uscivamo all’epoca da vent’anni di fascismo, durante i quali lo Stato non aveva lasciato alcuno spazio di libertà ai singoli individui. Nel corso degli anni, il regime fascista aveva ridisegnato le frontiere tra la sfera pubblica e la sfera privata. “Il fascismo non è soltanto il creatore delle leggi e il fondatore delle istituzioni, è anche e soprattutto educatore e promotore della vita intellettuale”, aveva scritto Mussolini nel 1930 ne La dottrina del fascismo. “Vuole rinnovare non le forme esteriori della vita umana, ma la sua stessa essenza, l’uomo, il carattere, la fede.” È proprio contro questa dimensione “totalizzante” e “totalitaria” del fascismo che si schierano all’epoca i Padri Costituenti. Ecco perché si insiste molto, fra i diritti da proteggere, sul diritto al rispetto della vita privata degli individui. Come precisa bene l’art. 12 della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo adottata nel 1948: “Non vi saranno ingerenze arbitrarie nella vita privata, la famiglia, il domicilio o la corrispondenza di nessuno”. È quindi all’interno di questo contesto che si può capire il riferimento esplicito, nell’art. 29 della nostra Costituzione, alla famiglia come “società naturale”. È un modo, in quel momento, per riconoscere la supremazia della persona e delle sue scelte e non per imporre una visione naturalistica della famiglia. (Michela MARZANO, Papà, mamma e gender, Utet, 2015)
Si capisce quindi bene come non esista una, e una sola, “ideologia gender” ma un insieme eterogeneo di posizioni. Alcune più radicali, altre meno. Alcune talvolta anche eccessive, come certe posizioni queer. Quasi tutte, però, volte a prendere sul serio la complessità del reale. Ossia il fatto che, nella realtà, esistano tanti modi di essere e di sentirsi uomini e donne; che ci sono donne che amano altre donne senza per questo essere meno femminili e uomini che amano altri uomini senza per questo essere meno maschili; che esistono donne eterosessuali con tratti di mascolinità e uomini eterosessuali con tratti di femminilità. (Michela MARZANO, Papà, mamma e gender, Utet, 2015)
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