Si dà il caso che il 10 maggio, festa della mamma, fosse anche il giorno natale della donna che mi ha messo al mondo e amato tanto da farmi studiare, nonostante la condizione economica della famiglia non lo permettesse.
Ma il dono più grande e inaspettato da chi aveva conosciuto il destino femminile come dedizione e obbedienza al comando altrui, amore e maltrattamenti, era racchiuso in una frase impensabile in quell’epoca, in quella cultura contadina: “Stai libera!”. (...)
«Perché dovrei essere madre per forza? Per il solo fatto di essere donna? C’è un gusto selvaggio nel dire no. C’è piacere nel dire: che le mie mani restino libere da vincoli. Ho troppo da dare al mondo per dare a uno soltanto. Ho bisogno di stare con me stessa, ora e qui su questo mondo. Non voglio essere due solo perché si deve. Pare che, quando l’occupazione principale di una donna non sia quella di madre ma di cittadina, c’è sempre qualcuno che si preoccupa di metterla a posto.» (Eleonora Cirant, Una su cinque non lo fa. Maternità e altre scelte, Franco Angeli 2012).
Tra i molti modi per “rimettere le donne al loro posto” ci sono le mimose dell’8 marzo, i cuoricini di cioccolata del 10 maggio e i penosi attestati di solidarietà del 25 novembre alle vittime della violenza maschile.
*** Lea MELANDRI, saggista, La mamma è il primo e l'ultimo tabù, 'internazionale.it', 10 maggio 2015
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