Interpretando un’opinione largamente diffusa, una giovane lettrice mi ha scritto parole intense sulle ragioni per cui si rifiuta di collocare Asia Argento nel pantheon delle vittime del sistema. Perché avrebbe avuto la possibilità di ribellarsi ai ricatti del maschio di potere e non lo ha fatto. Lei invece sì: alla vigilia della laurea, quando ricevette le avance del professore con cui stava preparando la tesi. Non disse nulla, ma stracciò la tesi e cambiò professore, preferendo diventare dottoressa con qualche mese di ritardo piuttosto che venire meno ai suoi principi.
La riflessione della lettrice è ineccepibile e il suo comportamento straordinario. Però, ci avete fatto caso? Dal momento in cui è esploso lo scandalo, il produttore bavoso di Hollywood è uscito dal radar del dibattito, quasi si trattasse di un fenomeno naturale e inevitabile: premesso che la pioggia esiste, discutiamo se si debba o meno aprire l’ombrello. Invece il problema rimane la pioggia, cioè il comportamento di un uomo che ha abusato del suo ruolo per esercitare pressioni nei confronti di una donna. È di questo che si dovrebbe discutere. Perché il modo in cui la donna ha reagito alla prevaricazione è affare che riguarda il tribunale della sua coscienza. Mentre l’atteggiamento del prevaricatore riguarda tutti. Il fatto che sia ancora così diffuso non significa che lo si debba dare per scontato. Soltanto il giorno in cui il diritto delle vittime sarà tutelato davvero, potremo arrogarci quello di giudicare le loro strategie di sopravvivenza.
*** Massimo GRAMELLINI, 1960, giornalista e scrittore, Medaglia d'Argento, rubrica 'Il Caffè', 'Corriere della Sera', 17 ottobre 2017, qui
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