Mi pare davvero incredibile che si continui a parlare di normalità di Tizio o di Caio, come se un individuo fosse un ente astratto, autonomo, indipendente, alla maniera delle idee platoniche dell’Iperuranio.
Se è già difficile dare un senso all’aggettivo «normale» per gli organi del corpo umano (pure condizionati dall’attività in un dato ambiente), è addirittura impossibile farlo quando ci si riferisce alla dimensione più specifica dell’uomo, quella della mente, che è l’insieme di comprensione, sentimento e comportamento sociale.
L’inconsistenza del termine «normalità» coniugato al comportamento deriva dalle osservazioni quotidiane, soprattutto nel tempo presente, in cui si frequentano molteplici ambienti molto differenti tra di loro.
Già a partire dal rapporto interpersonale, si possono osservare modalità di essere contrastanti a seconda di chi abbiamo di fronte. Si notano atteggiamenti di accoglienza o segnali di allontanamento in base alla simpatia o all’antipatia, oppure in funzione di esperienze passate con quella stessa persona, che incidono anche sull’incontro presente.
La percezione di qualcuno come nemico ci dispone a un incontro totalmente differente dall’attesa di un legame d’amicizia. Un’analoga diversità si evidenzia anche con gli ambienti sociali: il comportamento in famiglia può essere distante da quello che si ha sul lavoro, e non solo per le molteplici funzioni che si attivano, ma proprio per gli atteggiamenti che si assumono.
Ulteriori metamorfosi possono essere osservate nella frequentazione di un ambiente sportivo oppure religioso, e così via per tutte le possibili combinazioni tra un soggetto e le comunità in cui è inserito.
Quello stesso individuo mostrerà «volti» che possono sembrare così diversi da appartenere a io tra loro sconosciuti.
Non siamo certo lontani dall’Uno, nessuno e centomila di Luigi Pirandello, e di fronte a questa moltiplicazione di identità (per cui si parla anche di «personalità multipla»), il termine «normalità» perde di significato, a meno che non ci si voglia spingere all’assurdo di sostenere, per uno stesso individuo, l’esistenza di «centomila normalità».
*** Vittorino ANDREOLI, 1940, psichiatra e scrittore, I principi della nuova psichiatria, Rizzoli, 2017
In Mixtura altri contributi di Vittorino Andreoli qui
In Mixtura ark #Mosquito qui
Nessun commento:
Posta un commento