Bruno MASTROIANNI, "La disputa felice
Dissentire senza litigare sui social network, sui media e in pubblico"
Franco Cesati Editore, 2017
pagine 122, € 12,00
Lo sappiamo: è falso che piccolo sia sempre bello. Però, qualche volta, piccoli libri e piccoli editori producono perle.
Come questo 'volumetto' (diminutivo e vezzeggiativo insieme) dal titolo La disputa felice, di Bruno Mastroianni, filosofo 'felicemente' prestato alla comunicazione, il quale da anni studia e opera per cercare di rendere più efficaci i processi di scambio, specie in un mondo sempre più digitalizzato.
Un titolo che di primo acchito potrebbe apparire un ossimoro, ma solo perché, per sbadataggine o ignoranza, leggiamo 'disputa' intendendo 'litigio' e allora, ci domandiamo, come si fa a coniugare lite con felicità, se non si tende, almeno un po', al sadomasochismo?
E invece è un binomio quanto mai centrato e stuzzicante, che non solo, come titolo, mantiene ciò che promette, dimostrando che i due termini possono essere perfettamente congruenti, ma va oltre l'attesa: perché il centinaio di pagine offerte al lettore, tutte scorrevoli e per nulla astratte, sono una miniera di riflessioni intelligenti e di suggerimenti preziosi. Naturalmente il destinatario ideale è chi, nonostante una certa crescente tossicità dell'aria che respiriamo (e che spesso contribuiamo a diffondere, in rete come nella vita di tutti i giorni, con il nostro dialogare respingente, quando non valutativo e insultante), ancora non abbia perso la voglia di confrontarsi con chi la pensa diversamente, gustandosi lo scambio di idee e argomentazioni, anche duro sui temi oggetto di discussione, ma mai 'cattivo' con l'interlocutore, testando il proprio punto di vista e magari cambiandolo, oppure scoprendo il valore di posizioni impensate o all'inizio rifiutate.
E invece è un binomio quanto mai centrato e stuzzicante, che non solo, come titolo, mantiene ciò che promette, dimostrando che i due termini possono essere perfettamente congruenti, ma va oltre l'attesa: perché il centinaio di pagine offerte al lettore, tutte scorrevoli e per nulla astratte, sono una miniera di riflessioni intelligenti e di suggerimenti preziosi. Naturalmente il destinatario ideale è chi, nonostante una certa crescente tossicità dell'aria che respiriamo (e che spesso contribuiamo a diffondere, in rete come nella vita di tutti i giorni, con il nostro dialogare respingente, quando non valutativo e insultante), ancora non abbia perso la voglia di confrontarsi con chi la pensa diversamente, gustandosi lo scambio di idee e argomentazioni, anche duro sui temi oggetto di discussione, ma mai 'cattivo' con l'interlocutore, testando il proprio punto di vista e magari cambiandolo, oppure scoprendo il valore di posizioni impensate o all'inizio rifiutate.
La teoria cui Bruno Mastroianni fa riferimento è semplice e concreta: poggia su ricerche e studi ormai consolidati e univoci e viene esposta senza accademismo, in modo piano e chiaro, supportata da esempi facili e immediati. Le 'armi' per 'combattere' con intelligenza i contenuti oggetto delle nostre possibili dispute quotidiane, senza squalificare o offendere le persone che ancora, per fortuna, hanno pensieri diversi dai nostri, ci vengono tutte squadernate davanti.
La garanzia di un buon uso, ovviamente, non ce la dà nessuno, e una precondizione indispensabile perché le dispute producano valore per le parti in gioco, facendo progredire le discussioni ed evitando il troppo frequente avvitamento personalistico, è che le 'armi' che il libro ci segnala diventino al più presto 'cultura' corrente: quanto maggiore è il numero di chi ne farà uso, infatti, tanto più i nostri rapporti saranno finalmente 'disarmati'. Perché si tratta di strumenti che non servono a 'vincere sulle persone', ma a favorire un confronto serio e preciso sui contenuti, mettendo in discussione le posizioni altrui o sostenendo meglio le nostre, in uno spirito di possibile sana condivisione o di altrettanto sana divergenza: un po' di decentramento, quando non di sgonfiamento, dei nostri Io ingombranti, insieme con la consapevolezza che anche il dissenso, se ragionato e 'verificato', può unire chi dissente, sono fattori che aiutano a costruire dialoghi veri, abbandonando quelli, abbondantemente prevalenti, che sono di fatto monologhi travestiti.
Si invoca spesso l'empatia come carburante di rapporti più umani: sarebbe già molto realizzare una maggiore 'vicinanza' con chi dice o scrive cose diverse dalle nostre. Non c'entra il 'buonismo', basterebbe semplicemente un po' di 'egoismo intelligente': servirebbe a capire di più l'altro e magari anche a capire che stiamo sbagliando, acquisendo elementi per correggere il tiro. Oppure servirebbe per trovare nuove ragioni per avere ragione. E in ogni caso ci guadagneremmo una maggiore efficacia nel riuscire a trasmettere all'interlocutore il nostro pensiero, minimizzando i travisamenti e valorizzandone i punti forti.
*** Massimo Ferrario, per Mixtura
Citazioni da: Bruno Mastroianni, La disputa felice, Franco Cesati Editore, 2017:
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È il definitivo tramonto della
mediazione a priori: non c'è più un'autorità, un sostituto, una guida
supplente, che possa intervenire prima e al nostro posto. Il mare di
informazioni è ormai il nostro ambiente vitale abituale. Non abbiamo alcuna
possibilità di esserne preservati, abbiamo
invece bisogno di strumenti culturali adeguati per imparare a viverci in modo proficuo.
Cosa ci spaventa? Il ritorno in
primo piano della intenzionalità e della scelta. Due cose che non competono a nessun mediatore né autorità, che non possono essere imposte né controllate: spettano solo alla libera
iniziativa di ciascuno. Le fake news, l'odio in rete e l'apparente caos creato
dal sovraccarico informativo sono sintomi, non di una malattia ma di una
realtà: dobbiamo trovare strade per vivere all'altezza della grande libertà che
ci siamo procurati. È un'ottima notizia.
Saper comunicare è una competenza
non più solo per mediatori culturali, traduttori e comunicatori,
ma per ogni persona. Grazie al web siamo
diventati tutti - volenti o nolenti - "vicini": non c'è scritto da
nessuna parte che questo ci renda automaticamente dei "buoni vicini",
è qualcosa che dobbiamo conquistare giorno per giorno.
È finita anche l'epoca della
selezione intelligente degli interlocutori. Per secoli la retorica ha insegnato
che vale la pena iniziare un dibattito solo se l'altro
è disposto a collaborare.
Sarebbe bello poterselo ancora permettere ma,
nel mondo dell'iper-connessione
trasversale dei social, nessuno può avere il privilegio di escludere
interlocutori: anche un semplice genitore su una chat
di WhatsApp della classe si può trasformare nel peggior hater
di sempre. Rinunciare a dialogare con lui significherà lasciare in balia del
suo odio una moltitudine di persone, e ciò avrà ricadute sulla nostra vita e su
quella dei nostri figli. Solo nella misura in cui ci sarà qualcuno disposto a
disputare anche con chi è ostile, cambieranno veramente le cose.
Il termine "disputa" è
stato scelto proprio per fugare ogni ambiguità. Il suo significato è dibattito,
discussione vivace su un particolare argomento, ma anche diverbio,
alterco, e si può usare anche riferendosi allo svolgimento di una gara,
di una competizione sportiva. Tutto in questa parola parla di un confronto
che si deve svolgere e deve avere un elemento di competizione, quasi di lotta.
L'aggiunta dell'aggettivo felice non ha alcuna accezione buonista o cortese, ma vuole richiamare l'idea di
una contesa che da soddisfazione e migliora
la vita.
Quando si parla qui di disputa,
insomma, si presuppone che la divergenza sia affrontata fino in fondo, senza
paura e senza finte tattiche di disimpegno. Le altre strategie infatti (quella
del politicamente corretto e della diplomazia che scende a compromessi) sono
spesso forme di difesa o di elusione del
contrasto.
Nella prospettiva della disputa le
tattiche pacifiche e i litigi si somigliano:
hanno entrambi il difetto di perdere per strada l'oggetto di discussione.
Quando si crea uno scontro litigioso si smette di entrare nel merito del tema,
così come quando il confronto lo si aggira: il centro della questione viene
evitato per non alimentare tensioni. Entrambe le prospettive cadono insomma nell''indifferenza per la differenza che è invece il grande valore che la disputa ricerca.
La disputa felice ha un unico
principio guida: mantenere l'attenzione, le energie e la concentrazione sui temi e sugli argomenti in
oggetto, senza andare a rompere la relazione tra i due disputanti proprio per farsi
nutrire dalla divergenza che ne emerge.
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