Ripetono che non potranno votare sì al referendum costituzionale se non cambierà la legge elettorale.
Sono politici, della minoranza Pd, ma non solo: De Benedetti e Scalfari, ad esempio, per citare i due massimi esponenti, e fondatori, del gruppo Espresso-Repubblica, dicono la stessa cosa.
È vero che, insieme, Italicum e riforma costituzionale (il 'combinato disposto', come viene chiamato), producono una sinergia legislativa che qualificare una 'schifezza', sia dal punto vista tecnico-giuridico che per gli effetti politici annunciati, è un eufemismo.
Ma la riforma costituzionale, quanto a sfregio portato alla Carta fondamentale, se la cava egregiamente anche da sola.
Forse, con un Italicum revisionato (come probabilmente obbligherà a fare la Consulta a ottobre), si ridurrà il potenziale di 'anti-democrazia, o quanto meno di crescente 'a-democrazia', denunciato da molti costituzionalisti autorevoli.
Tuttavia sarà una riduzione, appunto; e soltanto di qualche grado.
Mi domando allora perché questi ripetuti ammiccamenti, peraltro ogni volta respinti al mittente con il tradizionale sgarbo dalla solita arroganza autosufficiente della casta renziana.
'Se' aspiriamo a far diventare la politica Politica, dovremmo abbandonare il 'politicismo': anche come atteggiamento mentale, oltre che come prassi.
Perché mediare è sano, ma su tutto e senza limiti, anche a costo di compromettere principi e valori che vengono da lontano (e non ci sono stati regalati dalla benevolenza del cielo), è arrendevolezza che diventa complicità.
Dovrebbe valere per ognuno di noi: che si sia politici, o no.
Ma forse sbaglio io.
È quel 'se' della riga di sopra che non interessa.
*** Massimo Ferrario, Politicismo, tra Italicum e Costituzione, per Mixtura
Nessun commento:
Posta un commento