Margherita OGGERO, La ragazza di fronte
Mondadori, 2015
pagine 223, € 18,50, ebook € 9,99
Una ragazza, ma anche un ragazzo
Il titolo di quest'ultima opera di Margherita Oggero (La ragazza di fronte) dà un'indicazione utile, ma incompleta: perché qui, di fronte, non c'è solo una ragazza, ma pure un ragazzo.
E Marta e Michele sono la coppia (lei alto-borghese e savoiarda per sangue e nell'anima; lui meridionale emancipato, figlio dell'ondata migratoria a Torino degli anni 60), che, dopo l'età ormai lontana dell'infanzia, si ritrova, per uno strano gioco del destino (che forse risulta strano soprattutto a chi non sa cos'è il destino), a riguardarsi reciprocamente, senza sapere esattamente se sono loro, da un balcone all'altro di due case diverse, come accadeva da piccoli. Ma stavolta spiandosi di nascosto, ognuno pure con un cannocchiale, da una finestra all'altra, di due appartamenti di due nuovi palazzi in cui sono casualmente capitati e che si fronteggiano come quelli di quand'erano bambini: lei e lui hanno prima l'intenzione, magari un po' confusa, di capire chi sia l'altro, e poi il proposito, forse vagamente consapevole, di verificare se quell'intuizione che sa di passato abbia fondamento oppure no.
Tutta la trama ruota attorno a questi due protagonisti.
Ma va subito detto che sarebbe ingiusto qualificare come minori i numerosi altri personaggi che popolano il romanzo (i famigliari, gli amici e i conoscenti, sia di lui che di lei), perché la vivacità, anche affettuosa, delle pennellate con cui sono descritti, oltre che la qualità delle parti che la scrittrice assegna ad ognuno, rende ogni figura preziosa: cesellati con passione, come fossero dei cammei, e rifiniti e seguiti con cura e costanza fino alla fine del libro, non solo danno colore al tutto, ma del tutto sono essenziali.
Non è facile far intuire la 'tonalità' di fondo di questo romanzo.
Eppure, se la vicenda ha un suo preciso corso di azione che fa da motore inquieto e incessante alla curiosità di chi legge, ciò che a mio avviso produce davvero godimento, e te ne accorgi ad ogni pagina che volti, è duplice.
Da una parte, infatti, colpisce il modo accattivante con cui l'impianto generale della storia è strutturato e passo dopo passo, con meticolosità, chiarezza ed efficacia espressiva, viene realizzato.
E dall'altra, conquista da subito il linguaggio trascinante, con la sua freschezza, scioltezza, ironia: vivido e originale, spesso colloquiale, ma mai sciatto, anche per effetto di una elaborazione scrupolosamente mirata a produrre il massimo di impatto di attenzione e di efficacia di resa espressiva non solo nella parte espositiva, ma pure nei numerosi dialoghi, sempre scintillanti e spiritosi
Forse all'inizio è richiesto un minimo di acclimatamento: la scelta infatti, alla base dell''architettura' su cui è impostata la narrazione, di inserire, in sequenze parallele che percorrono tutto il libro, un insieme di 'tessere' alternate, che fotografano le vicende dei due giovani e mescolano il divenire del loro passaggio all'età adulta con gli accadimenti del presente, può apparire sbilanciante. Il ritmo, spezzato con frequenza, chiede ogni volta di mutare il 'processo empatico', indotto nel lettore con facilità anche grazie alla capacità di descrizione psicologica della scrittrice, che sa cogliere con sottigliezza ogni piega di sentimenti, desideri, dubbi e ansie dei personaggi: occorre infatti che il fuoco del coinvolgimento del lettore si sposti alternativamente ora sul giovane ora sulla ragazza e queste interruzioni potrebbero apparire disturbanti. Ma superato il primo momento, l'approccio non appare più spaesante e anzi diventa gradevole: ci si 'accomoda' con piacere all'interno di questi 'frammenti' di storie diverse, appagati dalla condivisione dei vissuti anche più intimi rivelati dai protagonisti e sempre più motivati ad arrivare a vedere se e come questi 'pezzi' delle due storie si potranno incastrare nel mosaico finale.
Si potrebbe dire che l'amore sia il tema di fondo del romanzo: la sua mancanza, la sua ricerca, il suo bisogno esistenziale profondo. E, di conseguenza, quella vena ineliminabile di dolore umano che si accompagna al vivere e ai nostri tentativi di costruire e governare i legami. Ma questo potrebbe suggerire l'idea di una storia in rosa, più o meno languida e stucchevole, oppure di un 'drammone' pesante come certi sceneggiati di una volta.
Ne siamo ben lontani. Per contenuti e, soprattutto, per taglio complessivo. Il desiderio dell'altro, la speranza d'amore, sono qui soltanto un aspetto, toccato peraltro con rispetto, sobrietà e leggerezza, di un'indagine, umanissima e per nulla astratta, assai più ampia: in cui c'è spazio, ad esempio, per cogliere, o ricordare, appena evocati dalla vicenda di Marta e Michele, tratti della storia italiana che oggi paiono lontani, all'epoca in cui la distinzione in classi sociali era ancora netta e l'immigrazione, per chi si trasferiva dal Meridione a Torino, metteva in contatto mondi fino a quel momento davvero distanti e separati.
Margherita Oggero, torinese, è scrittrice di valore, che ha sviluppato negli anni, sempre con successo, temi e generi diversi.
Con questo libro, tra l'altro vincitore del premio Bancarella 2016, conferma pienamente la sua abilità di narratrice raffinata e sensibile: il suo sguardo positivamente ambivalente, profondo e leggero insieme, anche ironico e spigliato, è capace di uno scavo psicologico acuto e partecipe, che sembra far balzare i personaggi fuori dalla carta, fissandoli nella memoria di chi legge.
Con questo libro, tra l'altro vincitore del premio Bancarella 2016, conferma pienamente la sua abilità di narratrice raffinata e sensibile: il suo sguardo positivamente ambivalente, profondo e leggero insieme, anche ironico e spigliato, è capace di uno scavo psicologico acuto e partecipe, che sembra far balzare i personaggi fuori dalla carta, fissandoli nella memoria di chi legge.
*** Massimo Ferrario, per Mixtura
https://it.wikipedia.org/wiki/Margherita_Oggero
«
Le ossessioni nascono bambine e crescono lentamente. Da un germe pigro esce un filamento di radice e poco dopo un indizio di verde sbuca dal terreno reso morbido dalla pioggia. Il tarlo del legno (Anobium punctatum) scava paziente e silenzioso labirinti di gallerie, lasciando a testimone della sua presenza il quasi impalpabile rosume. Così fa l’ossessione: nasce inavvertitamente, occupa uno spazio minimo nella mente, poi si ingrandisce, proliferazione di curiosità, attrazione sgradita ma irrinunciabile. (Margherita Oggero, "La ragazza di fronte", Mondadori, 2015)
«I ricordi sono animali insidiosi» continua la vedova «ma noi cerchiamo sempre di addomesticarli. Li stravolgiamo, li reinterpretiamo, ne cancelliamo alcuni e ne inventiamo altri, solo che non abbiamo imparato bene l’arte della domesticazione e qualche volta creiamo degli innocui animali da compagnia, altre dei lupi famelici o degli infidi sciacalli. Io sui ricordi intimi ho preferito e preferisco non scavare troppo e restare in superficie, per quelli pubblici ci siete voi, lei e le sue colleghe. (Margherita Oggero, "La ragazza di fronte", Mondadori, 2015)
«Cosa fai domani sera?»
«Cena in agriturismo con gli amici del jazz.»
«Un casino di gente chiasso e si mangia di schifo.»
«No, il locale resta chiuso e a cena siamo solo noi.»
«Genialata di marketing, tenere chiuso a Capodanno.»
«Non gli va di dannarsi l’anima per qualche euro di guadagno in più.»
«E cosa fate?»
«Si mangia, si fa un po’ di musica e a mezzanotte si brinda e ci si bacia sotto il vischio. Se vuoi venire, avviso per un posto in più.»
«Non so se mi va di baciarti sotto il vischio.»
«Possiamo farlo senza lingua in bocca.»
«Allora ci sto.»
«Te la cavi anche con poco, quaranta euro tutto compreso.»
«Tifosi della decrescita felice, i tuoi amici dell’agriturismo.»
«Sono amici del sassofonista, non proprio miei.»
«Il cane posso portarlo?»
«Non so.»
«Si spaventa dei botti se è solo.»
«Di che razza è?»
«Interrazziale. Taglia piccola. Non rompe.»
«A chi lo lasci quando lavori?»
«A sé medesimo. Gli ho comprato una cuccia da sceicchi, riscaldata, e l’ho piazzata in cortile sotto il mio balcone. Quando torno dal lavoro, viene in casa.»
«I coinquilini come l’hanno presa?»
«Bene. Interrazziali anche loro, non stanno a cercare il pelo nell’uovo. Chiedi per il cane?»
«Fa’ che portarlo, alla peggio sta in macchina.»
«Eh no, in macchina sarebbe lo stesso che a casa.»
«Là non ci sono i botti. L’agriturismo è in culo alla luna.»
«Allora capisco perché sta chiuso a Capodanno. Comunque in macchina no, avrebbe freddo col motore spento.»
«Ma sai che sei peggio di una zecca? E portalo sto cane, diciamo che è un peluche.»
«Si vede che non hai mai avuto un animale, sei un cuore di pietra. Forse mangi pure i bambini.»
«Ho smesso, anche i comunisti non sono più quelli di una volta.»
«A che ora ci troviamo?»
«Verso le nove e mezzo. Vengo io o vieni tu per andarci insieme?»
«Io, così se piscia in macchina non ti puoi lamentare.»
«Ma piscia anche?»
«Tu no?»
«Non in macchina.»
«È ancora cucciolo, ogni tanto gli scappa.»
«Dove l’hai preso?»
«Al canile, ovvio. L’avevano abbandonato, cuori di pietra anche loro.»
«E comunisti.»
«Ancora una cosa. Non è che si rimorchia?»
«Credo proprio di no. Sono tutti in coppia. Come noi due.»
«Se allunghi le mani giuro che non ti faccio più amico.»
«Tranquillo, prometto che mi astengo. E cerca di essere puntuale.» (Margherita Oggero, "La ragazza di fronte", Mondadori, 2015)
https://it.wikipedia.org/wiki/Margherita_Oggero
«
Le ossessioni nascono bambine e crescono lentamente. Da un germe pigro esce un filamento di radice e poco dopo un indizio di verde sbuca dal terreno reso morbido dalla pioggia. Il tarlo del legno (Anobium punctatum) scava paziente e silenzioso labirinti di gallerie, lasciando a testimone della sua presenza il quasi impalpabile rosume. Così fa l’ossessione: nasce inavvertitamente, occupa uno spazio minimo nella mente, poi si ingrandisce, proliferazione di curiosità, attrazione sgradita ma irrinunciabile. (Margherita Oggero, "La ragazza di fronte", Mondadori, 2015)
«I ricordi sono animali insidiosi» continua la vedova «ma noi cerchiamo sempre di addomesticarli. Li stravolgiamo, li reinterpretiamo, ne cancelliamo alcuni e ne inventiamo altri, solo che non abbiamo imparato bene l’arte della domesticazione e qualche volta creiamo degli innocui animali da compagnia, altre dei lupi famelici o degli infidi sciacalli. Io sui ricordi intimi ho preferito e preferisco non scavare troppo e restare in superficie, per quelli pubblici ci siete voi, lei e le sue colleghe. (Margherita Oggero, "La ragazza di fronte", Mondadori, 2015)
«Cosa fai domani sera?»
«Cena in agriturismo con gli amici del jazz.»
«Un casino di gente chiasso e si mangia di schifo.»
«No, il locale resta chiuso e a cena siamo solo noi.»
«Genialata di marketing, tenere chiuso a Capodanno.»
«Non gli va di dannarsi l’anima per qualche euro di guadagno in più.»
«E cosa fate?»
«Si mangia, si fa un po’ di musica e a mezzanotte si brinda e ci si bacia sotto il vischio. Se vuoi venire, avviso per un posto in più.»
«Non so se mi va di baciarti sotto il vischio.»
«Possiamo farlo senza lingua in bocca.»
«Allora ci sto.»
«Te la cavi anche con poco, quaranta euro tutto compreso.»
«Tifosi della decrescita felice, i tuoi amici dell’agriturismo.»
«Sono amici del sassofonista, non proprio miei.»
«Il cane posso portarlo?»
«Non so.»
«Si spaventa dei botti se è solo.»
«Di che razza è?»
«Interrazziale. Taglia piccola. Non rompe.»
«A chi lo lasci quando lavori?»
«A sé medesimo. Gli ho comprato una cuccia da sceicchi, riscaldata, e l’ho piazzata in cortile sotto il mio balcone. Quando torno dal lavoro, viene in casa.»
«I coinquilini come l’hanno presa?»
«Bene. Interrazziali anche loro, non stanno a cercare il pelo nell’uovo. Chiedi per il cane?»
«Fa’ che portarlo, alla peggio sta in macchina.»
«Eh no, in macchina sarebbe lo stesso che a casa.»
«Là non ci sono i botti. L’agriturismo è in culo alla luna.»
«Allora capisco perché sta chiuso a Capodanno. Comunque in macchina no, avrebbe freddo col motore spento.»
«Ma sai che sei peggio di una zecca? E portalo sto cane, diciamo che è un peluche.»
«Si vede che non hai mai avuto un animale, sei un cuore di pietra. Forse mangi pure i bambini.»
«Ho smesso, anche i comunisti non sono più quelli di una volta.»
«A che ora ci troviamo?»
«Verso le nove e mezzo. Vengo io o vieni tu per andarci insieme?»
«Io, così se piscia in macchina non ti puoi lamentare.»
«Ma piscia anche?»
«Tu no?»
«Non in macchina.»
«È ancora cucciolo, ogni tanto gli scappa.»
«Dove l’hai preso?»
«Al canile, ovvio. L’avevano abbandonato, cuori di pietra anche loro.»
«E comunisti.»
«Ancora una cosa. Non è che si rimorchia?»
«Credo proprio di no. Sono tutti in coppia. Come noi due.»
«Se allunghi le mani giuro che non ti faccio più amico.»
«Tranquillo, prometto che mi astengo. E cerca di essere puntuale.» (Margherita Oggero, "La ragazza di fronte", Mondadori, 2015)
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