Nel 2015 il PIL dell’Unione Europea crebbe del 2,0%, quello del Centro-Nord italiano crebbe dello 0,7%, quello del Mezzogiorno, per motivi arcani, crebbe dell’1%. Governo e media gridarono al miracolo: un anno eccezionale! un giro di boa nella storia del Sud! l’inversione di una tendenza secolare!
Intanto, alla fine del quinquennio 2008-2013, le sacche di povertà che nel centro-Nord erano arrivate al 5,6%, nel Sud sfioravano l’11%. E se, tra il 2008 e il 2015 l’Italia aveva perso 811.000 posti di lavoro, ben 576.000 di quei posti perduti erano nel Sud, dove la disoccupazione aveva raggiunto il 20,2% contro il 4% di Bolzano e il 5% di Verona. Oggi nel Sud, su una popolazione complessiva di 21 milioni di residenti, solo 5,8 milioni sono occupati: il livello più basso dal 1977.
Dunque il miracolo del 2015 consisteva nel fatto che il Sud era cresciuto di tre miseri centesimi più del Nord. Con questo ritmo di crescita, non basteranno 60 anni perché il Mezzogiorno riesca a raggiungere Bolzano, ammesso che Bolzano stia ferma ad aspettarlo.
Ma ieri la Svimez ci ha ricordato che i risultati “eccezionali” del 2015 “appaiono difficilmente ripetibili nei prossimi anni”. Del resto i dati parlano chiaro: dal 2007 a oggi il PIL del Sud si è ridotto di -12,3%, quasi il doppio della flessione registrata nel Centro-Nord (-7,1%). Per i prossimi anni – dice la Svimez – non facciamoci illusioni: non sarà la tanto risibile quanto millantata crescita del 2015 a “disancorare il Mezzogiorno da questa spirale di bassa produttività, bassa crescita e, quindi, minore benessere”.
Ora, però, al danno si è aggiunta la beffa di una retorica quotidiana che deborda dai media senza però indignare e nemmeno irritare i meridionali. In pochi mesi Napoli diventerà la capitale hi-tech del Paese! Taranto riuscirà a coniugare la salute con l’occupazione! le discariche, liberate dalle ecoballe, presto diventeranno serre! finalmente il Sud uscirà dal tunnel! “Questi sono fatti non parole”, aggiungono i governanti, ben sapendo che alle parole non seguiranno i fatti dal momento che i 21 milioni di residenti nel Sud, per loro ignavia e per perfidia altrui, rappresentano un capitale umano ormai tarlato da una scolarizzazione scandalosamente bassa e dall’emigrazione disperata dei giovani più intraprendenti e preparati.
Gli esperti parlano di occupational downgrading per cui i posti di lavoro, anche nei rari casi in cui crescono, sono però sempre più dequalificati. L’altro giorno il “Sole 24 Ore” ci ricordava che “le professioni cognitive altamente qualificate hanno perso, tra il 2008 e il 2015, oltre 1,1 milione di unità in Italia (-12,8%), un calo che nel Mezzogiorno è molto più accentuato (-18,7%) rispetto al Centro-Nord (-10,8%).
Negli Stati Uniti, in città come Stanford o Boston, dove la percentuale di lavoratori laureati oscilla tra il 50 e il 60% e dove prevalgono le professioni cognitive, la qualità della vita è eccellente e le retribuzioni dei laureati girano intorno ai 100.000 dollari. In città come Mansfield o Beaumont, dove la percentuale dei laureati resta sotto al 20%, la qualità della vita è pessima, la criminalità è alta e le retribuzioni sono giusto la metà. Nel nostro Sud la percentuale dei laureati è ancora più bassa che a Mansfield e noi sappiamo che un popolo semianalfabeta non è in grado di selezionare una buona classe dirigente al passo coi tempi. Di qui, tutto il resto.
*** Domenico DE MASI, sociologo, Sud, un anno dopo il miracolo, 'linkedin,com/pulse', 4 agosto 2016, qui
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