che ho sempre pensato che la poesia
potesse essere di tutti, universale e
non degli imitatori degli imitatori.
Che potesse essere come il Jazz,
un’improvvisazione che approdi là
dove non è mai ben chiaro.
Come le nostre vite,
pronte a essere spezzate
ora o dopo o quando.
*** Marco SAYA, 1953, poeta ed editore, Due parole per dire?, da Situazione temporanea, Puntoacapo, 2008, citato da Ottavio Rossani, 18 febbraio 2009, qui
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