sabato 9 aprile 2016

#FAVOLE & RACCONTI / Sindrome manageriale (M. Ferrario)

Un giovane manager, durante una crociera, naufraga su un’isola in mezzo all’oceano. 
E’ l’unico sopravvissuto: tutti i suoi amici annegano nel tentativo di sfuggire alle onde. Lui si salva fortunosamente perché riesce a restare aggrappato ad un pezzo di canotto, che dopo quasi una settimana, portato dalla corrente, si ferma sulla riva di un’isola, molto piccola e completamente disabitata. 

Da oltre tre mesi si ciba di banane e cocco. 

Una mattina, mentre è disteso sulla spiaggia, stanco e disperato, vede avvicinarsi una canoa. 
La canoa approda e ne scende una ragazza: bionda, slanciata. 
Bellissima. 
Avanza incontro a lui sorridente, flessuosa e sensuale. 
Il giovane manager non crede ai propri occhi, ma non è un’allucinazione. 

Le chiede da dove arrivi e come abbia fatto a giungere fino a lì. 
«Vengo da un’isola vicina. Ho fatto naufragio sei mesi fa, ma mi è andata bene» risponde la donna.
«Anch’io ho rischiato la vita: ho perso barca e amici non so più quanto tempo fa» sospira il giovane manager. «Dovrei dire che mi è andata bene, ma forse era meglio che affogassi con gli altri. Da quando sono qui non faccio altro che guardare cielo e mare, mangiare banane e bere cocco. Ma tu, piuttosto, sei stata veramente fortunata a trovare una barca».
«La barca?» risponde la donna con un sorriso smagliante. «Be’, questa barca non l’ho trovata. L’isola è disabitata e credo che nessuno vi abbia mai messo piede prima di me. No, ho fatto tutto io. La barca me la sono costruita con i materiali che ho recuperato in giro. I remi sono i rami dell’albero della gomma, la parte inferiore l’ho intrecciata con i rami delle palme, e i lati e la chiglia li ho fatti usando un albero di eucalipto». 

Il giovane manager è strabiliato.
«Ma è impossibile», balbetta lui. «Come hai fatto senza attrezzi?». 
«Oh, quello non è stato un problema. Sull’isola ho trovato uno strato di roccia ricco di ferro. Ho scoperto che dando fuoco a questo pezzo di roccia e portandolo ad una certa temperatura potevo ottenere del ferro molto duttile. Ho usato quello per costruire gli attrezzi, e gli attrezzi per procurarmi il materiale per la barca». 

Il ragazzo è sempre più sbalordito. 
Il viso della donna è a pochi centimetri dalla faccia del giovane manager. E’ accattivante.
«Dai», gli grida, allegra e seduttiva. «Vieni con me in barca: remiamo sino al mio isolotto, che ti faccio vedere dove sto». 

Il giovane manager accetta e dopo pochi minuti attraccano ad un piccolo molo. 
La donna, con fare da marinaio esperto, lega la barca con una corda di canapa intrecciata, mentre lui a momenti non cade in acqua dallo stupore: di fronte, oltre il molo, un sentiero in pietra porta ad un bungalow dipinto di bianco e blu. 
La donna prende per mano il giovane manager e lo costringe ad una piccola corsa lungo il sentiero. 

Il bungalow è delizioso. 
Una volta entrati, la donna commenta con malizia: 
«Lo so che non è una gran cosa, ma sai, ormai per me questo “buco” è la mia casa…». 
Il giovane manager non ha parole: «Ma… è… bellissimo…!».
La donna, in piedi, si è fatta vicina all’orecchio di lui, e la voce è invitante. 
«Perché non ci sediamo e beviamo qualcosa?». 
«Oh no, grazie»  risponde lui. «Per carità, non ne posso più di altro latte di cocco!». 
Lei prorompe in una risata. 
«Ma non ti offro il cocco!»
«E allora cosa mi puoi dare in questo angolo di mondo sperduto?», chiede lui incuriosito.
«Mi sono fatta un alambicco, con cui preparo dei liquori. Cosa ne dici di una pinacolada?». 

Ormai il giovane manager è attonito. 
Potrebbe essere un sogno, invece è realtà: il liquore esiste ed è squisito. 
Lei si accomoda su una sedia larga e lunga, costruita con legni e frasche, mentre lui si rilassa su una stuoia da poco intrecciata. 
Quindi iniziano a parlare, raccontandosi le loro vite.

A un certo punto, dopo molte parole e alcuni bicchieri, la donna annuncia, provocante: 
«Vado a mettermi qualcosa di più comodo. Perché non vai di là a farti una doccia e a raderti? C’è un rasoio nell’armadietto». 
Il giovane manager, senza più meravigliarsi e fare domande, si reca in bagno, dove oltre ad una doccia artigianale ma funzionante, trova anche il rasoio, fatto con un manico d’osso, e un pettine di legno. 
«Questa donna è incredibile» sorride. 
«Ormai tutto è possibile: chissà quale sarà la prossima sorpresa!». 

Quando ritorna, lei è stesa sul letto. 
Nuda. 
Coperta solo di fiori profumati. 
Lo invita a sederle accanto. 
Poi, con voce insinuante, gli sussurra: 
«Tutti e due siamo da tempo in queste due isole deserte. Tu sei stato solo, io sono stata sola. Dimmi… sono sicura che c’è qualcosa che vorresti fare, adesso, e che non hai potuto fare per tutti questi mesi. Ecco, ora… se vuoi…». 

Lascia le parole sospese. 
Lo sguardo è irresistibile, gli occhi le brillano di una dolce luce sensuale. 

Poi riprende: «Ora… puoi…».
Il giovane manager sente il cuore galoppare, il sangue gli sale alla testa, il viso si colora di rosso. 

E’ incredibile, quella donna. 
Cerca di trovare le parole per rispondere: 
«Tu... tu vuoi dire che...».
«Sì… se credi… », lo rincuora lei, sempre più ammaliante, mentre con una mano si sfiora il seno e con l’altra gli tocca le labbra…
«Insomma davvero vuoi dire… che sei riuscita anche… sì, insomma, io da qui… posso... controllare la mia e-mail???».

*** Massimo Ferrario, Sindrome manageriale, 2014-2016 - Riscrittura di un testo anonimo diffuso in internet. 
Anche in 'tiraccontounafiaba', 30 luglio 2014 (con il titolo Malattia manageriale) qui


In Mixtura ark #Favole&Racconti di Massimo Ferrario qui

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