Il mito dell’utopia che porta l’età dell’oro è definitivamente tramontato. I suoi avversari e nemici lo annunciano con sollievo, soddisfazione e persino gioia. Gli antiutopisti onesti hanno legittime ragioni per rallegrarsene. Le utopie novecentesche spesso si sono rivelate sanguinarie e anche quando sono riuscite a non cadere nella madre dei fallimenti, lo sterminio di massa, hanno tuttavia disatteso promesse e mancato obiettivi. Gli antiutopisti ideologici, invece, ne approfittano per legittimare disuguaglianze, ingiustizie sociali, ragioni del privilegio, diritti dei potenti e dei prepotenti come immutabili o, per lo meno, come il minore dei mali. Personalmente ritengo che lo spazio allo spirito dell’utopia non si sia chiuso. Alcune utopie si sono realizzate riconoscendo i propri limiti e collocandosi in un tempo transgenerazionale. Come chiamare, se non utopia, l’opera di Nelson Mandela che ha innescato un processo politicamente virtuoso - apparentemente impossibile, utopico appunto - senza cadere nel bagno di sangue? Il lungo processo dell’emancipazione femminile è un’utopia realizzata o lo è perlomeno in parte: è ancora in cammino ma se la guardiamo con gli occhi di chi ne vide gli albori, non possiamo non coglierne il segno utopico. La passione che anima le utopie non conduce necessariamente alle distorsioni responsabili di sistemi polizieschi, burocratici, né tantomeno alle derive sanguinarie. (...)
La forma totalizzante della grande utopia che voleva forgiare gli uomini a propria misura o scartarli brutalmente come patologie del sistema, è morta ed è un bene. La sua scomparsa però, libera lo spazio per utopie non virulente permettendo agli uomini che non vogliono rinunciare a valori ed ideali, di rientrare in gioco. Le regole di ingaggio per questo tipo di utopia si trovano tutte nella Carta dei Diritti Universali dell’Essere Umano, essa stessa un’utopia espressa a prezzo di inenarrabili sofferenze dei più deboli che attende di essere realizzata nei fatti.
*** Moni OVADIA, scrittore, autore e attore teatrale, Le utopie? Stanno bene, grazie, rubrica ‘malatempora’, ‘l’Unità’, 13 ottobre 2007
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