Nell’ottobre 1829 il celebre cattedratico di economia all’università di Oxford, Richard Whately, enuncia, per primo, il principio del NOMA (Non Overlapping Magisteria, ovvero dei “magisteri che non si sovrappongono”): l’economia se vuole diventare scienza deve separarsi sia dall’etica sia dalla politica. Perché? La ragione è presto detta: la politica è il regno dei fini che la società persegue; l’etica è il regno dei valori che devono guidare il comportamento umano; l’economia è il regno dei mezzi più efficaci per conseguire quei fini nel rispetto di quei valori: dunque non ha bisogno di “impazzirsi” con le altre due sfere.
Tutto il pensiero economico successivo – con qualche rara eccezione – ha accolto il principio del NOMA e pour cause – come si può intendere facilmente. A partire dall’avvento della globalizzazione (fine anni Settanta) si realizza, gradualmente, un’inversione radicale di ruoli: l’economia diviene il regno dei fini e la politica il regno dei mezzi.
Ecco perché, come tutti gli osservatori non mancano di notare, oggi la democrazia è al servizio del mercato. L’aveva capito, in anticipo sui tempi, l’influente e potente presidente della Bundesbank, Hans Tietmeyer, quando nel 1996 affermò: “A volte ho l’impressione che la maggior parte dei politici non abbia ancora capito quanto essi siano già oggi sotto il controllo dei mercati finanziari e siano persino dominati da questi”. C’è forse bisogno di aggiungere altro?
Oggi, anche Alan Greenspan, presidente della FED per tanti anni, esprime il medesimo concetto nel suo libro The map and the territory (Penguin Books 2013).
Ebbene, la dottrina sociale della Chiesa non può accettare una tale “divisione dei ruoli”. La politica deve tornare a essere il regno dei fini, e tra le tre sfere anzidette, deve instaurarsi un rapporto cooperativo sistematico, non estemporaneo. Deve bensì esserci autonomia, ma non separazione tra di esse. Tenendo sempre presente che l’etica cattolica è fondata sul principio – aristotelico-tomista – del primato del bene sul giusto. La giustizia ha senso se è finalizzata al bene; diversamente diviene giustizialismo. La postmodernità non accetta, come sappiamo, questa visione. Per essa la regola, la norma origina solo dal consenso delle parti in causa, le quali non devono riferirsi a una qualche concezione di vita buona. L’agire economico si fonda dunque sul principio secondo cui consensus facit iustum, proprio come esige l’impianto dell’individualismo libertario, oggi egemone.
*** Stefano ZAMAGNI, 1943, economista, intervista contenuta nel libro di Andrea Tornielli e Giacomo Galeazzi, Papa Francesco, questa economia uccide, Edizioni Piemme, 2015
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