Tra gli aspetti spesso menzionati quando si parla di salute, ma di cui, altrettanto spesso, è difficile avere una chiara rappresentazione, vi sono quelli legati alla rete di relazioni sociali. Le relazioni sociali circondano la persona indipendentemente dalla fascia d’età a cui appartiene, ma si modificano e acquisiscono funzioni diverse all’avanzare dell’età.
Numerosi studi dimostrano come un’adeguata rete di supporto all’avanzare dell’età:
1) contribuisca a definire l’identità della persona, garantendone il bisogno di appartenenza – ad esempio, l’essere nati lo stesso anno (appartenere alla stessa classe) costituisce parte di quello che ciascuno dei membri di tale gruppo è e quello in cui si riconosce (vedi ad esempio, i ragazzi del’99);
2) costituisca un fattore di protezione nel mantenimento di un buon livello di salute fisica e cognitiva, in quanto fattore abilitante. Ad esempio, quando la persona si reca a far visita ad una persona cara o, banalmente, si relaziona con la commessa del supermercato deve sicuramente mettere in atto comportamenti che, di fatto, costituiscono un lavoro anche in termini fisici e cognitivi (es. linguaggio, memoria e attenzione);
3) promuova una migliore capacità di adattamento ai cambiamenti legati all’avanzare dell’età – ad esempio, tra le strategie per fronteggiare le situazioni stressanti si può condividere con altre persone le proprie preoccupazioni.
Quello che è stato dimostrato, però, è che sono le relazioni significative a fare la differenza e questo soprattutto all’avanzare dell’età.
Ma cosa significa rete di relazioni? E soprattutto, come, nell’arco della vita, essa si modifica valorizzando e sostenendo le relazioni più significative?
La rete di relazioni può essere esaminata principalmente secondo due parametri: uno quantitativo (quante persone ho effettivamente intorno) e uno qualitativo (come percepisco le persone che mi circondano).
Ecco che nell’arco di vita i due parametri sembrano acquisire due pesi completamente diversi nel tempo per la stessa persona. Se le persone più giovani tendono a prediligere una rete di relazioni molto ampia a discapito della qualità – basti pensare al periodo adolescenziale – all’avanzare dell’età la situazione tende a ribaltarsi e, quindi, la tendenza è quella di prediligere la qualità delle relazioni e la vicinanza affettiva percepita piuttosto che la loro numerosità.
“Nel mondo del vecchio contano più gli affetti che i concetti…” afferma Norberto Bobbio in una sua celebre intervista, ma questo trova il suo riscontro anche in quanto teorizzato da una nota studiosa nel campo della psicologia dell’invecchiamento attraverso la teoria definita della “selettività socio-emotiva”. Ovvero, il ridursi degli orizzonti temporali che ciascun individuo in età avanzata si trova inevitabilmente ad affrontare, lo conduce a sfruttare le sue risorse per salvaguardarsi da eventuali stress, escludendo ad esempio le situazioni relazionali che potrebbero avere un forte impatto negativo per la sua salute.
Ma cosa s’intende per relazioni positive o qualitativamente soddisfacenti?
Secondo un recente studio, tra le relazioni significative si troverebbero non soltanto le relazioni parentali o di lunga data, ma anche le relazioni che di fatto l’individuo può scegliere, rendendosi protagonista della sua scelta.
Per questo, quindi, si può affermare che è effettivamente importante, nel rispetto di ciascun individuo e del suo vissuto, cercare di promuovere nuove e continue opportunità di scambio e relazione. Queste ultime, anche alla luce delle migliori capacità di selezionare e circondarsi di relazioni positive riscontrate in età avanzata, potrebbero potenzialmente portare al costituirsi di legami qualitativamente soddisfacenti in grado di contrastare situazioni di isolamento forzato, pur non essendo necessariamente relazioni parentali o di lunga data.
*** Lucia GAVA, psicologa, Quando contano più gli affetti che i concetti, 'osservatoriosenior.it', ottobre 2015, qui
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