La differenza tra oggi e il passato è forse che un tempo anche noi cristiani usavamo gli stessi metodi degli attuali fondamentalisti islamici. E qui non penso solo alle Crociate, ma anche e soprattutto alla conquista dell'America, dove, come riferisce Cristoforo Colombo nel suo Diario di bordo, «mettemmo in fuga quella moltitudine di ignudi e indifesi», che erano 7 milioni di persone all'arrivo dei conquistatori e saranno appena 15.600 sedici anni dopo. Tutto per riscattare gli indigeni dall'idolatria e condurli alla fede col battesimo, in cambio dell'acquisizione della loro ricchezza. Come scrive ancora Colombo: «Il Signore nella sua bontà mi faccia trovare questo oro».
Esportare battesimi e importare ricchezza è stata la ragione non solo di quella guerra santa cristiana, ma «il senso della modernità», come ha ricordato il teologo Ernesto Balducci in occasione della Guerra del Golfo (1990-91): «Joe Queen, premiato con una stella di bronzo per aver buttato giù un muro di sabbia e sepolto così un buon numero di nemici dentro la trincea, ha dichiarato: "Molti soldati iracheni si spaventarono e questo mi divertiva". Le statistiche dicono che contro 1 morto della coalizione occidentale ce ne sono stati più di 1.000 nell'esercito avversario. La strage del mar delle Antille e quelle del Tigri e dell'Eufrate (la culla della civiltà) delimitano ai miei occhi, cronologicamente e geograficamente, l'intera parabola della modernità» (La terra del tramonto, Edizioni Cultura della Pace).
Dal canto suo il teologo Gianni Baget Bozzo, di orientamento politico diametralmente opposto a Balducci, scrive: «L'Occidente ha trasferito i principi del cristianesimo in un sistema di istituzioni (la democrazia, il mercato, la tecnologia) che s'impongono come metodo. I mondi non cristiani hanno, attraverso l'Occidente, assorbito la cristianità senza il cristianesimo. Si potrebbe, dal punto di vista cristiano, domandarsi se democrazia, mercato, tecnologia e persino il comunismo non siano state forme di cristianizzazione più radicali dell'evangelizzazione dei missionari» (Dio e l'Occidente, Leonardo).
Ernesto Balducci conclude: «Il destino del cristianesimo s'identifica, nella buona e nella mala sorte, con quello dell'ordine planetario creato e gestito dall'Occidente. Ebbene, se è vera questa ipotesi, quest'ordine non ha più futuro, anche perché comporta una gerarchia tra le culture, e quindi tra le religioni, destinata a finire sia sul piano delle cose che su quello delle idee».
Dal canto suo Baget Bozzo si chiede: «Sopravvivrebbe il cristianesimo alla fine dell'Occidente? E viceversa: sopravvivrebbe l'Occidente alla fine del cristianesimo?».
Forse i teologi, che guardano le cose dall'Alto, ci fanno capire qualcosa di più di quello che accade, non solo da oggi, sulla terra.
*** Umberto GALIMBERTI, filosofo e psicoanalista di matrice junghiana, estratto da L'Isis è lo specchio dell'Occidente, rubrica 'lettere', 'D la Repubblica', 25 aprile 2015.
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