Il tema del silenzio è più psicologico che fisico. Certo, il rumore, la musica a tutto volume, il traffico ci possono dare fastidio, ma la sofferenza che avvertiamo ha altre ragioni. L’individuo fatica ad astrarsi dalla quotidianità per fare il punto su ciò che è accaduto e accade nel proprio sé. Il silenzio è prezioso, è sano, ed è connesso alla scansione del tempo. E della mancanza di tempo ci lamentiamo tutti.
[D: Ascoltare noi stessi. O scegliere chi e cosa ascoltare...]
Certo. Stare in silenzio vuol dire anche aprirsi in maniera selettiva all’ascolto. E nell’ascolto possiamo metterci tutto: gli amici, le persone care, un certo tipo di musica, i suoni del mondo, di cui non ci accorgiamo. Anche la natura ha una voce, e il silenzio non è mai assoluto. L’orecchio è il nostro primo contatto con il mondo, la percezione dei rumori è importante per la sopravvivenza. Non possiamo decidere di non sentire, perciò la pausa va cercata. Per riflettere e non solo.
[D: Lei consiglierebbe un’esperienza del genere? E’ nata anche un’Accademia del Silenzio]
Sì, può essere positiva, può aiutarci a scoprire qualcosa che neppure immaginavamo. Siamo costretti ad ascoltare suoni e conversazioni che non ci interessano, li subiamo spesso in maniera passiva. Invece possiamo lasciar fluttuare i nostri pensieri, lasciar emergere i nostri bisogni.
[D: I ragazzi stanno spesso in silenzio. Ascoltano musica per ore attaccati all’Ipod. Invece di parlare scrivono messaggini. Fanno bene?]
Non è silenzio. Si tratta di lasciarsi inondare dai suoni e non pensare. Ma forse c’è un’età per tutto. Joan Baez ha detto: «Quando ero giovane vivevo per la musica. Ora cerco di più il silenzio».
*** Giancarlo RICCI, 1950, psicoanalista, intervistato da R. Sal, Roselina Salemi, ‘La Stampa’, 30 dicembre 2010
Nessun commento:
Posta un commento