sabato 17 settembre 2016

#FAVOLE & RACCONTI / La colpa di Asino (M. Ferrario)

Da mesi non una goccia d'acqua: campi riarsi, piante bruciate, siccità dappertutto.
In cielo un sole cocente continua a rendere l'aria irrespirabile: gli uomini boccheggiano, gli animali ansimano, gli alberi rinsecchiscono.

Nessuna nube all'orizzonte: chissà per quanto ancora, niente pioggia.
Sfruttando quel po' d'ombra che un albero esausto, e con i rami sempre più sfrondati, riesce ancora a regalare, quattro animali si incontrano per riflettere sulla situazione.
Sono Leone, Leopardo, Iena e Asino: stanno in piedi a fatica e anche le parole stentano a uscire.

"Moriremo tutti se non cambia il tempo", sussurra con un filo di voce Leone.
"Non ricordo più neppure come è fatta la pioggia", commenta Iena.
"La mia bocca secca sogna ruscelli d'acqua ogni notte", si lamenta Leopardo.
"Ma cosa abbiamo fatto di male per meritarci questo castigo?" si chiede Asino.
La domanda resta sospesa per qualche secondo.

Poi, Leone, Leopardo e Iena, con una voce sola, se ne sbarazzano:
"Niente", assicurano. "Assolutamente niente".
E subito aggiungono, un po' piagnucolosi: 
"E' il cielo che è cattivo".

Asino però insiste:
"Se ci sta capitando quello che ci capita, forse abbiamo qualche colpa anche noi ed è per questo che il cielo ci punisce".
"Io mi sono comportato come sempre: la mia natura mi porta a cacciare gli altri animali. Certo, li debbo uccidere, ma se non lo faccio muoio di fame" confessa Leone.
"Anch'io" dice Leopardo.
"Anch'io" dice Iena.
"Avete ragione" commenta Asino. "Forse non c'entriamo".

Gli animali restano silenziosi per un po'.
"Eppure..." riprende Asino.
"Eppure?" incalza Iena.
"Chissà, magari non ce ne siamo accorti, ma in qualche occasione siamo stati particolarmente cattivi... Se confessiamo qui in pubblico le nostre colpe e ci ripromettiamo di non commetterle più, forse il cielo ci vorrà più bene e ci manderà la pioggia".

Leone, Leopardo e Iena paiono poco convinti: pensano che si tratti di una delle solite idee strampalate di Asino.
Troppo buono quell'animale: sempre paziente, mai un gesto di insofferenza, pronto a caricarsi i pesi di tutti.
Comunque decidono di tentare.
"D'accordo, proviamo. Al massimo, non servirà a nulla".

"Comincio io", si fa aventi Leone. "Almeno due mesi fa mi è capitato di adocchiare un vitellino vicino a un villaggio. Lui fuggiva: era tutto spaventato e piangeva. Gli sono piombato addosso e me lo sono sbranato. Gli ho letto negli occhi il terrore e la domanda di risparmiargli la vita, ma ha prevalso la voglia di uccidere. Tra l'altro, a pensarci bene, non avevo neppure tutta questa fame. Forse non dovevo farlo".
Gli altri animali guardano Leone: è debilitato, ma è sempre un leone, il re della foresta, e la sue dimensioni incutono rispetto e timore.
Iena si affretta a rassicurarlo:
"Ma no, non hai commesso nessun peccato. Ti sei comportato semplicemente da leone. E' la tua natura ammazzare per sopravvivere".

E' la volta di Leopardo.
"Sarà poco più di un mese fa. Ho visto una pecora in un campo: si era allontanata dal gregge, era sola, brucava l'erba tutta felice e tranquilla. Quando mi ha notato dietro un albero, era troppo tardi: ha cercato di scappare, ma nessuno corre come me. L'ho agguantata tra le zampe, lei ha implorato che la lasciassi, ma io non ho avuto pietà. Non l'ho neppure mangiata tutta: avevo ancora lo stomaco pieno per una gazzella che mi ero divorato qualche ora prima. Forse ho sbagliato".
Gli altri animali guardano Leopardo: è vero, per quanto ora fatichi un po' a respirare per il caldo afoso, è un animale capace di correre più del vento e nessuno gli sfugge.
Ancora una volta Iena si affretta a rassicurarlo:
"Ma no, non hai commesso nessun peccato. Ti sei comportato semplicemente da leopardo. E' la tua natura ammazzare per sopravvivere".

Ora è il turno di Iena.
"Non ricordo quando con esattezza, ma diverse settimane fa mi sono intrufolata in un villaggio. A un certo punto ho visto una gallina che zampettava sull'aia. Per la verità non avevo molto appetito, ma mi sembrava un boccone invitante. E soprattutto mi piaceva l'idea di farla a pezzi. Le ho spezzato il collo e ho assaggiato le due cosce. Ma era troppo magra e ho lasciato ai corvi tutto il resto. Forse non dovevo farlo".
Leone e Leopardo sorridono e minimizzano. 
"Una gallina? Ma figurati. Non hai certo commesso un peccato. Si tratta di un animale da cortile, insignificante. E poi è la tua natura ammazzare per sopravvivere".

Asino è pensieroso: cerca dentro di sé cose cattive che può aver commesso.
"Non lo so, per quanto mi riguarda non mi viene in mente nulla di particolare. Io faccio una vita tranquilla. Come sapete anche voi, non inseguo gli altri animali e non mi cibo di carne".
Iena ridacchia.
"Be', è vero. Tu sei un tipo calmo e remissivo. Eppure, se ci pensi, qualche peccato l'hai sicuramente commesso. Del resto sei stato tu a ipotizzare che il cielo si sia arrabbiato perché qualcuno di noi si è comportato male. Le nostre storie le hai sentite e siamo tutti d'accordo sulla nostra innocenza. Dunque ora tocca a te...".

Asino concorda: non vuole sfuggire all'impegno, che peraltro aveva proposto lui stesso.
Si concentra.
Finalmente ha un ricordo.
"Ecco, l'unico episodio che al momento posso citare riguarda un mio comportamento di ieri. Non so se possa essere rilevante, visto che la siccità dura da mesi. Ma se mi date tempo, magari mi viene in mente qualcos'altro".
Leone, infastidito, emette uno sbuffo.
"Avanti, non farti pregare. Tu racconta, poi noi valuteremo..."
Asino riprende.
"Ecco, il fatto di ieri è questo. Mentre venivo portato al mercato dal mio padrone e avevo la groppa carica di merci da vendere, il mio padrone ha incontrato un amico sul solito sentiero che conduce in paese. Si è fermato qualche minuto per scambiare con lui un po' di parole su questa siccità che non vuole finire e io, mentre attendevo che lui mi dicesse di ripartire, ho visto dei fili d'erba sul bordo del sentiero. Stranamente non erano ancora bruciati dal sole, forse perché riparati dall'ombra di una pianta. Erano invitanti: del resto, lo sapete, io non sono carnivoro come voi. Confesso che non ho resistito e me li sono mangiati. Ma erano proprio due fili d'erba, non di più. Che tra l'altro mi hanno lasciato tutta la fame che avevo: perché il padrone mi raziona i pasti da giorni. Infatti, con la siccità, ha sempre meno ortaggi da vendere per comprarmi il fieno. E poi, lo ammetto, ogni tanto a me il sapore dell'erba fresca piace...".

Leone, Leopardo e Iena fissano a lungo Asino.
E Asino li guarda, immobile, in attesa di un loro commento.
Tutti riconoscono la sua mansuetudine: un asino non farebbe male a una mosca e la sua docilità fa tenerezza. Anche l'episodio raccontato, e il tono contrito della confessione, indurrebbero chiunque a compassione. 
Eppure, ormai si sono convinti: se loro sono innocenti, qualcuno deve essere colpevole.

E' Leone a parlare.
Anche se per la verità non parla: urla.
La voce, non più stremata dal caldo, esce possente e violenta: e ruggisce tutta la sua arrabbiatura.
Con la zampa puntata sul muso di Asino, Leone accusa:
"Ma come hai potuto fare una cosa simile, Asino? Ti sei mangiato quel po' di erba verde che era sfuggita alla siccità. Certo che così hai offeso il cielo. E il cielo adesso ce l'ha con tutti noi. Mi sembra evidente. La tua colpa è gravissima".

Leopardo e Iena chinano il capo in segno di rispetto verso il re degli animali: e annuiscono ostentatamente.
Intanto Leone smette di gridare: ora le sue parole sono ferme e lapidarie, come per una sentenza definitiva.
"Non basta che tu chieda perdono, caro Asino. Hai messo a repentaglio la vita di tutti. Di noi animali. E delle piante. E persino degli uomini. Devi fare la fine che meriti: solo così tornerà la pioggia".

Asino non ha neppure il tempo di capire cosa gli sta accadendo.

Leopardo e Iena lasciano a Leone, con il primo assalto, il boccone più grosso. 
Poi Iena concede a Leopardo il secondo pezzo. 
E mentre Leone e Leopardo se ne vanno sazi e contenti di aver fatto giustizia, Iena si lecca il muso dopo aver finito di ripulire il corpo di Asino.

Poi si allontana scodinzolando.
Aveva ragione Asino: qualcuno, con il suo comportamento, aveva insultato il cielo.
Ora avrebbe potuto ricominciare a piovere.

Le prime gocce caddero quella notte.
Quell'anno la siccità era stata un po' più lunga, ma poi era arrivata la stagione delle piogge.
Come sempre.

*** Massimo Ferrario, La colpa di Asino, 2016, per Mixtura. Libera riscrittura di un testo, circolante anche in rete, attribuito a Ezio Del Favero, L'asino espiatorio, qui


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