La riflessione di Lucilla Bottecchia (qui) sulla difficoltà delle donne ad “indossare la corona” risponde completamente alla nostra esperienza di formatrici.
Le donne fanno fatica ad accettare ruoli di leadership, consapevoli dei lati oscuri che essi comportano.
Seguendo il recente allestimento di Giovanna d’Arco di Verdi per la Scala, mi sembrava esplicativa la storia dell’eroina d’Orleans come metafora di un percorso che, dopo la corona, necessita di indossare l’elmo e di utilizzare la spada.
Le posizioni di responsabilità hanno questo versante connaturato: l’essere riconosciute pubblicamente come combattenti, ostacolate in questo in primo luogo dal proprio contesto più prossimo, come nel caso del padre di Giovanna, e il dover decidere, anche in modo impopolare, circa questioni di sempre più ampio respiro. La spada, in questa metafora, non rappresenta solo uno strumento di offesa e di combattimento, ma anche una sorta di scettro potenzialmente pericoloso, che indica la via nei momenti di turbolenza e di difficoltà.
Una delle competenze femminili più sottolineate – l’ascolto – nel caso delle decisioni può diventare un elemento controproducente. Si tende a sollecitare i pareri altrui, a mettersi nei panni degli altri, ad accogliere i diversi punti di vista. Alcuni dei quali, purtroppo, sono inconciliabili. Ecco che allora la spada serve per dirimere il torto dalla ragione, ma in materie dove i confini sono sottili e le persone più forti di carattere tendono a prevaricare. Impossibile mettere d’accordo tutti, si rischia di impantanarsi in processi decisionali lenti e poco efficaci per l’organizzazione. Quando ci si accorge di questa trappola si rischia l’effetto opposto: tendere a non ascoltare per evitare di essere tirate da una parte e dall’altra, con poco costrutto.
Anche da queste difficoltà nasce la complessità femminile nel trovare un equilibrio nella propria leadership personale. Il decisionismo maschile è poco consono e – d’altro canto – la relazione simmetrica tipica del supporto, in molti casi, è inadeguata.
Deborah Tannen, linguista, ben sottolinea questo “doppio legame”: la situazione in cui, davanti ad un bivio, entrambe le alternative risultano inadeguate:
“La cosa più penosa in una società che tende all’uguaglianza, nella quale sempre più donne stanno acquisendo posizioni caratterizzate da uno status elevato, è che le donne dotate di autorità si trovano strette in un doppio legame.
Se parlano utilizzando lo stile normalmente adottato dalle donne, vengono considerate come delle leader inadeguate. Se invece utilizzano lo stile tipico dei leader, vengono considerate donne inadeguate.
La via verso l’autorità è molto ripida per le donne e una volte giunte in cima si trovano su un letto di spine.”
La strada è ancora lunga, anche se certamente iniziata, e comporta cambiamenti sia sul versante individuale che organizzativo. Dal punto di vista individuale imparare ad indossare l’elmo e a maneggiare la spada significa simbolicamente addentrarsi nei meccanismi del potere e nell’esercizio attivo della leadership. Un percorso di apprendimento più difficile per il femminile, che comporta una rivisitazione continua di sé stesse, un’attenzione alle reazioni psicologiche e corporee, affrontando degli elementi di stress Aliceche sono anche viatico di una crescita. Forse, da questo punto di vista, l’assuefazione maschile al potere conduce anche ad una certa superficialità.
Organizzativamente, invece, sempre più frequenti sono role model interessanti per le donne, che si svincolano dagli stereotipi della svenevole o della virago. E’ il contesto ora che deve legittimare una varietà di stili, che si deve affrancare da una sorta di elogio del machismo, per apprezzare l’ascolto e il tratto femminile senza scambiarlo per debolezza.
*** Cristina BOMBELLI, fondatrice e presidente di Wise Grouth, presidente di onlus, consulente di organizzazione e sviluppo, saggista, Dopo la corona: l'elmo e la spada, 'Diversity Management', 31 dicembre 2015, qui
In Mixtura 1 altro contributo di Cristina Bombelli qui
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