martedì 11 agosto 2015

#SPILLI / Ma comunicare non è dire (Massimo Ferrario)

(dal web, via linkedin)
"Io sono responsabile di ciò che dico.
Non sono responsabile di ciò che tu capisci"


Un esempio perfetto di come semplicità e nettezza possano essere fuorvianti.
Naturalmente in genere semplicità e nettezza piacciono: proprio per la loro chiarezza e 'apoditticità' definitoria. 
Ma, appunto perciò, sono pericolose.

Certo, ognuno, sempre, è responsabile di ciò che dice e fa.
Ma qui, come altrove (e sempre più spesso), i confini non sono così facilmente tracciabili.
E' fuor di dubbio che il mio interlocutore 'ce la deve mettere tutta' per capire ciò che dico. Ed esiste in questo una sua responsabilità precisa che non può delegare a nessun altro: né io posso sostituirmi a lui nel comprendere ciò che spetta a lui comprendere.

Però io, in una 'comunicazione' che abbia l'obiettivo di 'comunicare' e non semplicemente e banalmente di dire, sono responsabile (anche) delle possibili (legittime) interpretazioni che il mio interlocutore può dare rispetto a ciò che sto dicendo. 
E se voglio che ciò che dico 'arrivi esattamente' al mio interlocutore, ho la responsabilità di minimizzare il potenziale di ambiguità intrinseca a quanto sto dicendo, sempre presente in ogni dire, proprio massimizzando la comunicazione: il che significa, in buona sostanza, massimizzando l'empatia relazionale. Mettendomi cioè il più possibile 'nei panni dell'altro' e cercando di anticipare/prevedere, con il 'punto di vista' e (ancor più) con il 'punto di sentimento' del mio interlocutore, le sue 'altre' possibili letture, fraintendimenti fisiologici compresi: e intervenendo, nel divenire del processo di comunicazione che per la parte che mi compete spetta a me gestire, per chiarire, allargare, approfondire, precisare, rettificare, riorientare, dare senso...

Insomma. 
La responsabilità del mio dire non si ferma al mio dire: è anche e soprattutto nel mio comunicare
E comunicare è un verbo 'forte', anche se noi lo usiamo con una superficialità estrema. Perché etimologicamente rimanda al latino 'munia': un plurale neutro traducibile con doveri, responsabilità

(Tra parentesi, e già che ci siamo: il 'muni-cipio', secondo i romani - naturalmente quelli dell'epoca latina e non di 'mafia-capitale' - è il luogo in cui si 'assumono responsabilità', nel senso di 'munia-capere'...)

Dunque, e tornando a noi: comunicare significa 'condividere responsabilità'.
Un po' più complicato di quanto ci fa credere, con la sua carica rassicuratoria, la frasetta, al solito in inglese, da cui siamo partiti. 
Una sentenza perentoria che forse ci conferma che se l'inglese, purtroppo o per fortuna, ci serve per fare business, il latino, ancora, piaccia o non piaccia, ci serve per capire. 
O almeno ci servirebbe. Se ci piacesse. 
Il latino.
E pure 'fare la fatica' (un po') di capire.

*** Massimo Ferrario, per Mixtura


In Mixtura ark #Spilli di Massimo Ferrario qui

Nessun commento:

Posta un commento