venerdì 11 novembre 2016

#SENZA_TAGLI / Hillary, donna di picche (Massimo Gramellini)

Chiunque pensi che sarà il femminile a salvare il mondo si augura che la sconfitta di Hillary spinga finalmente le donne a fare politica comportandosi da femmine e non più da donne travestite da uomini. Non è facile, lo sappiamo. Si chiami Merkel o Lagarde, ma anche Boschi o Raggi, per arrivare al potere una donna deve aderire a un modello maschile che la ingabbia. Deve apparire secchiona, quindi antipatica. Rassicurante e controllata, quindi prevedibile. Nel caso della Clinton, il quadro clinico era aggravato dalla sua appartenenza a una dinastia che l’americano bianco impoverito ha identificato, giustamente, con il frigido Establishment. 

Ma mentre Trump sventolava il suo machismo da operetta come una bandiera, Hillary è sembrata vergognarsi del suo essere femmina. Optando per una sfida «uomo contro uomo», ha rivaleggiato in aggressività senza però poterlo fare in cialtronaggine, l’unico settore in cui noi maschi siamo obiettivamente più dotati. Quando si tratta di promettere a vanvera e di liquidare problemi complessi con risposte superficiali, noi riusciamo ad abbindolare tutti, comprese le donne, alle quali l’innato pragmatismo impedisce di spiccare il volo verso l’iperuranio dei fanfaroni, ma non di subirne il fascino. Per infrangere il «soffitto di cristallo» della politica, le signore farebbero bene a estrarre da se stesse l’unica risorsa che le renderebbe davvero invincibili presso l’elettorato di entrambi i sessi: un approccio accogliente. Meno donne di picche e più di cuori. 

*** Massimo GRAMELLINI, giornalista e scrittore, Donna di picche, 'La Stampa', 10 novembre 2016, qui


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