A guardare l’Italia ridotta così, mi sento in colpa. Avrei voluto fare di più, impegnarmi di più. Nel Dopoguerra ci siamo combattuti duramente, ma avevamo lo stesso scopo: rimettere in piedi il Paese. Oggi quello spirito è scomparso.
[D: Renzi non è un buon presidente del Consiglio?]
No. È un giocatore avventato e supponente. Mi fa paura quando racconta balle: ad esempio che il futuro dei nostri figli dipende dal referendum. Mi pare un gigantesco diversivo per realizzare un altro disegno.
[D: Quale?]
Mi sfugge, ma c’è».
[D: Al referendum andrà a votare?]
Pur di votare No mi sottoporrò a due visite oculistiche, obbligatorie per entrare nella cabina elettorale accompagnato. Io le riforme le voglio: il Senato deve controllare la Camera, non esserne il doppione. Ma questa riforma è pasticciata. E non ci consente di scegliere i nostri rappresentanti.
[D: Spera nei Cinque Stelle?]
Non mi interessano. Non ci credo. Mi ricordano l’Uomo Qualunque: Grillo è Guglielmo Giannini con Internet. Nascono dal discredito della politica, ma non hanno retto alla prova dei fatti: Pizzarotti è stato espulso dal movimento; la Raggi non mi pare stia facendo grandi cose.
[D: Se vince il No cosa succede?]
Entra in campo Mattarella. Che si comporterà bene; perché è un gran galantuomo. (...)
Leonardo Sciascia era di un anticomunismo viscerale. Eravamo molto amici, ma abbiamo litigato come pazzi. Nei giorni del sequestro Moro lui e Guttuso andarono da Berlinguer e lo trovarono distrutto: Kgb e Cia, disse, erano d’ accordo nel volere la morte del prigioniero. Sciascia lo scrisse. Berlinguer smentì, e Guttuso diede ragione a Berlinguer. Io mi schierai con Renato: era nella direzione del Pci, cos’altro poteva fare? Leonardo la prese malissimo: “Tutti uguali voi comunisti, il partito viene prima della verità e dell’amicizia!“.
Un’altra cosa non mi convinceva di Sciascia. Nei suoi libri a volte rendeva la mafia simpatica. A teatro gli spettatori applaudivano, quando nel Giorno della civetta don Mariano distingue tra “uomini, mezzi uomini, ominicchi, piglianculo e quaquaraquà“. Leonardo mi chiedeva: ma perché applaudono? “Perché hai sbagliato” gli rispondevo. Altre volte rendeva la mafia affascinante. “Lei è un uomo” fa dire a don Mariano. Ma la mafia non ti elogia, la mafia ti uccide; per questo di mafia ho scritto pochissimo, perché non voglio darle nobiltà. Eppure a Leonardo ho voluto un bene dell’anima. Andavo di continuo a rileggere i suoi libri. Per me erano come un elettrauto: mi ricaricavano.
*** Andrea CAMILLERI, 1925, scrittore, sceneggiatore, regista, intervistato da Aldo Cazzullo, "Gli scontri con Sciascia, la vita da cieco e il No al referendum, 'Corriere della Sera', 18 novembre 2016
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