Vieni, agosto, lasciamoli tutti sbigottiti e un poco offesi, lì nelle spiagge, col loro diritto alla canicola e le repubbliche dell'infradito e del cocomero.
Vieni, agosto, rovescia in fuori l'anima umida e ombrosa che nessuno ti conosce, i crepacci di malinconia che sai nascondere in quegli angoli, i buchi neri che dentro il sole più sole nessuno potrebbe vedere ma sono lì, disseminati sulle passerelle, acquattati sotto la mattonella, avvolti attorno alla punta da parafulmine dell'ombrellone.
Vieni, agosto, scappiamo assieme dentro le tue ombre lunghe lunghe (è l'inganno della luce, cui siamo tutti consenzienti e complici: il suo cammino è l'opposto del nostro, risale le stagioni in discesa e precipita mentre noi pensiamo di toccare il cielo, la vita, l'infinito e il sempre).
Vieni, agosto, porta i tuoi banchi di pesci autunnali, le tue correnti contrapposte, quel germoglio d'inverno che nessuno nota dentro la vampa che ferma le cose.
Porta la tua luce gialla, le tue pesche mature, la tua tristezza marina.
Porta la tua pienezza che è vuoto, i tuoi fulmini, il tuo mare ferroso.
Porta tutto quello che è stato, e la sua voce che né l'arancione del tramonto, né le ondate di spuma, né le nuvole sontuose o i fuochi d'artificio delle ultime feste riescono a zittire del tutto.
Vieni, agosto, che tanto non lo dico a nessuno, di che specie d'inverno sei.
*** Anna MALLAMO, Vieni, agosto, 'facebook', 7 agosto 2016, qui
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