Un topolino sta correndo nella foresta.
Tutto preso dal seguire la sua strada, a un certo punto si imbatte nella zampa di un grosso animale.
Solleva la testa: lassù in alto, un elefante lo guarda, benevolo.
La giornata è mite: il sole dolce e il cielo blu intenso invogliano all’allegria.
L’elefante è di buon umore:
«Ciao, topolino, come stai? Che si dice laggiù, dalle tue parti?».
Il topolino, vedendo l’elefante gentile, si rincuora:
«Ciao a te, elefante. Io sto bene e tu? Sei proprio grande come ti ho sempre immaginato. Ma dimmi: sei un elefante o un’elefantessa?».
L’animale sorride:
«Se proprio ti interessa, sono un elefante femmina. Ma perché me lo chiedi?».
Il topolino si mostra agitato.
«Un’elefantessa? Ma è magnifico. Io sono un topo maschio e ti debbo confidare un segreto. Però… non so se posso…».
L’elefante è incuriosito:
«Non temere, dimmi».
Il topolino gonfia il petto e poi tutto d’un fiato rivela:
«Ecco, il mio segreto è questo: ho sempre desiderato fare l’amore con un'elefantessa grande come te…».
L’elefantessa scoppia in una risata fragorosa, dandosi delle pacche sulle zampe posteriori con la proboscide:
«Tu topolino vuoi fare l’amore con me...?! Ma non mi dire... Stai scherzando, vero?».
Il topolino si sente umiliato: abbassa il capino, non ha più il coraggio di guardare l'elefante. E sta per andarsene.
L'elefantessa prova tenerezza ed è dispiaciuta di averlo offeso. Gli tocca la schiena con la proboscide, come per fargli una carezza.
«Scusami, topolino, non volevo mancarti di rispetto. Ma davvero saresti capace di fare l'amore con me...?»
Il topolino sembra rincuorarsi.
Prima gonfia il petto, poi guarda da sotto in su l'elefantessa e infine, tutto serio e pieno di orgoglio, risponde convinto:
«Certo che sono capace».
L’elefantessa, stavolta, riesce a non ridere e decide di acconsentire.
«Va bene, avanti. Ma proprio perché sei un topolino simpatico...».
Si sdraia sotto un cocco e si dispone nella posa che meglio può favorire il topolino.
Il topolino, eccitato, compie sforzi supremi per appagare finalmente il suo desiderio segreto.
Ma ad un tratto, proprio mentre sta agitandosi tutto per soddisfare la sua voglia, una raffica di vento scuote gli alberi e una noce di cocco colpisce l’elefantessa sulla testa.
La quale non può trattenere un piccolo grido:
«Ahi!».
E il Topolino, preoccupato e affettuoso:
«Oh, mi spiace. T’ho fatto male?».
*** Massimo Ferrario, Il Topolino e l'Elefantessa, 2000-2016, per Mixtura. Riscrittura di una storiella riportata in Peter L. Berger, Homo ridens, 1997, traduzione di Nicola Rainò, Il Mulino, 1999.
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