Siamo in presenza di un fenomeno sociologico da manuale. Un caso di manipolazione mediatica. Si spingono le persone a identificarsi, attraverso la fruizione di qualcosa, con qualcosa di eccezionale, Ognuno di noi ha sete di eccezionalità.
[D:Quindi si è spinti a fare le file per poter rispondere in un salotto «sì, sono stato all'Expo»] Esattamente: si è creata un'attesa tale prima e una tensione poi, attraverso la comunicazione, che le persone, almeno quelle che hanno bisogno di conferme, accettano di soffrire in fila per ore pur di dire "ci sono stato".
[D: Lei è troppo severo. Non potrebbe essere la semplice curiosità alla base di questo interesse?]
Potrebbe, ma adesso siamo in presenza di un sacrificio esagerato rispetto al "premio" che se ne ricava. Per giustificare una fila di 4 ore ci vorrebbe dall'altra parte un miracolo, o almeno un'opera d'arte come la pietà di Michelangelo, o la cappella Sistina. E anche in quel caso saremmo in presenza di comportamenti anomali».
[D: Tutta colpa dei media allora?]
Soltanto voi giornalisti siete convinti di non avere alcun potere. L'expo è stata comunicata come un evento a cui non si poteva assolutamente mancare. Ed ecco le file.
[D: Ma la gente è entusiasta, almeno molti dei visitatori]
In molti non ti sanno dire esattamente cosa hanno visto. Ma si sentono parte di un evento importante. E non ragionano sul fatto che hanno visto delle cose talmente preziose che tra qualche giorno, salvo poche eccezioni, verranno smantellate
[D: Appunto. Sono gli ultimi giorni per vedere l'Expo e quindi si fa la fila. Non è comprensibile?]
Tutto quel tempo in fila, dentro e fuori l'Expo non può essere comprensibile se non come l'effetto di una suggestione. E badi bene questa non è una critica all'Expo.
[D: Però lo sembra].
E' attrazione per l'effimero. La comunicazione crea continuamente allettamenti effimeri.
[D: Ci andrà?]
No. Se io fossi un sociologo oggettivo come Max Weber sarei andato a guardare le file. Se invece fossi un sociologo impegnato, andrei lì per convincere la gente ad arrabbiarsi e ad andarsene.
*** Domenico DE MASI, sociologo, saggista, intervistato da Maria Corbi, "Disposti a qualsia cosa per dire di esserci stato", 'La Stampa', 19 ottobre 2015
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