(...) Ho 76 anni. Le forze digradano. E la vecchiaia incombe".
[D: Come se la immagina?]
C'è poco da immaginare. Si aggira e annusa l'aria. Oggi ne ho un'idea diversa rispetto al mondo da cui provengo. Del mio passato non è sopravvissuto quasi nulla. Nella casa dove sono cresciuto c'erano ancora gli attrezzi da lavoro che sono scolpiti sulle cattedrali medievali. Un altro mondo. Penso che allora la vecchiaia si iscrivesse in un processo naturale. I nostri nonni invecchiavano come alberi. E c'era una fraternità tra gli uomini che non c'è più.
[D: Davvero non resta più nulla?]
Per dirla ironicamente la vecchiaia oggi arriva a nostra insaputa. Non si distingue dalle altre età. La camuffiamo. La allontaniamo. La rimuoviamo. Inseguiamo un'idea di immortalità. Dimenticando il numero dei nostri anni. Poi di colpo arriva la decadenza. Quella parola, che avevamo cancellato, come una raffica di vento spazza via il presente. È l'immagine di un cappello che non riusciamo più ad afferrare. Vola. Vola. Vola. Forse è il momento di lasciarlo andare.
*** Adriano PROSPERI, 1939, storico e giornalista, intervistato da Antonio Gnoli, 'straparlando', 'la Repubblica', 28 giugno 2015
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