La fiducia è un bene scarso, che andrebbe coltivato. Ma richiede un animo grande, aperto; consapevole dei rischi e appassionato degli uomini e del futuro. In condizioni di non rispetto o di grigiore sentimentale non può maturare alcuna disposizione positiva verso gli altri, i loro impegni e le loro difficoltà. Per questo è sempre più difficile incontrare imprese che non siano luoghi di ‘passioni tristi’. Predisposte a ruotare, senza scampo, su se stesse approdando a mediocri delusioni.
Ci vorrebbe coraggio, e un po’ di carisma. Resta il tema della contraddizione tra i tempi (corti) del mercato e i tempi necessari perché si sviluppino rapporti di fiducia, lealtà e impegno. Le relazioni che reggono scambi fiduciari devono essere durature, perché impegnano tempo e producono esperienze che maturano lentamente.
Il bisogno di radicarsi è un prerequisito alla fiducia. Ma il radicarsi non sembra oggi funzionale ai rapporti professionali e allo sviluppo di carriere spot.
Oggi vale la logica del breve e del brevissimo termine, il cambiamento rapido e rapidissimo che capitalizza sul divario tra le posizioni di partenza e quelle di approdo; un tipo di flessibilità che si potrebbe chiamare ‘usa e getta’.
In fondo anche tradire è un modo per semplificare la realtà. Meno oneroso, spesso, in termini di tempo e di impegno, del creare e mantenere reti di scambio fiduciario.
La variabilità, la frammentazione, la precarietà temporale delle relazioni - nell’attuale fase di sviluppo industriale caratterizzata da una fortissima competitività - ‘corrodono il carattere’, come ha scritto qualcuno, e la tenuta anche psicologica delle persone, rendendo volatili i valori e incerte le prospettive.
Cioè distruggono fiducia.
*** Pier Luigi CELLI, top manager e scrittore, L’azienda? Chiede la mano e offre il pugno, ‘CorrierEconomia’, 19 aprile 2004.
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