sabato 7 luglio 2018

#FAVOLE & RACCONTI / Il segreto del vecchio marinaio con l'uncino (Massimo Ferrario)

Vecchia taverna del porto. 
Fumo. Musica assordante. Birra a fiumi e whisky a go-go.

Un vecchio marinaio, con una gamba di legno, un uncino al posto della mano e una benda nera all'occhio, si sta godendo l'aroma di un Cohiba nell'angolo più riparato del locale: sul tavolino, davanti a sé, due stivali di birra vuoti, un altro a metà. E un bicchierino di Laprhoaig di 10 anni ancora non toccato.

Una giovane coppia, lui e lei, si aggira per le sale: turisti, in cerca di folclore.
Notano la figura del vecchio che sembra uscito da un libro illustrato di pirati.
Incuriositi, si avvicinano. Vogliono fare la sua conoscenza. Fanno capire che vorrebbero sedersi.
«Scusi, signore, possiamo...?».

Il marinaio tira una boccata lunga di Cohiba.
Li guarda. Sorride.
Si vede che non gli dispiace scambiare qualche parola. E poi questi due ragazzi, così, di primo acchito, lo ispirano.
«Prego, sedetevi. Però per stare con me si beve. O birra o whisky. Voi decidete e io offro. Tanto i diciott'anni li avete superati tutti e due, mi pare. E poi, si vede che voi venite da fuori. E a me hanno insegnato che gli stranieri sono ospiti. Chi va per mare impara che i forestieri sono sacri.»
Lei e lui si danno un'occhiata di intesa: si aspettavano un tipo brusco e scontroso, invece non poteva che capitargli di meglio.
«Lei è davvero gentile. Allora non possiamo rifiutare: due birre, grazie. Poi però...».
Il vecchio capisce che i giovani si sono prenotati per ricambiare, ma tronca l'intenzione con la mano.
Intanto, mentre ordina tre birre all'amico cameriere, commenta, tutto soddisfatto:
«La birra aiuta a fare amicizia. Io ho girato il mondo e ne ho bevuta di tutte le marche. Me ne intendo. E questa non sfigura con nessuna delle migliori.».
I giovani annuiscono.
«Immaginiamo: è un locale che ci hanno consigliato assolutamente di visitare. Perché è storico. E poi si incontrano tipi da non perdere».
«Da non perdere? Davvero? E chi sarebbero questi tipi...?».
«Lei per esempio».
Il marinaio non trattiene una risata, che gli fa uscire uno spruzzo di birra.
«Scusate ragazzi: non ho studiato le buone maniere e la birra è un po' indisciplinata...».
I giovani lo tranquillizzano.
«Anche noi non veniamo da Oxford, non si preoccupi. Per questo ci piace questo locale».
«Allora dicevate che io sono un tipo? E che tipo sarei?»
«Sembra uscito da un'illustrazione di un vecchio libro di pirati. Anche se lei è gentile e i pirati invece si pensano tutti duri e cattivi»
«Non crederete mica che io sia un pirata... Io mi sono limitato a incontrarli. Quelli veri, non quelli disegnati sui libri. E davvero non ve li consiglierei. Ne porto almeno un segno».
«La gamba di legno?»
«No, quella è un'altra storia. L'uncino, piuttosto».
Il marinaio recupera la mano con l'uncino da sotto il tavolo e la getta con rumore e ben in evidenza sul piano di legno ormai consumato dagli anni, accanto alle birre.
La sua fronte si corruccia: i ricordi si riaffacciano.
Indica l'uncino.
«Ecco il ricordino che mi hanno lasciato i pirati».

I giovani sono sempre più invogliati e ci provano: tutt'al più il vecchio gli dirà di no.
«E se le chiedessimo di parlarci del suo passato?».
Il vecchio si schermisce.
«Vi interessa la mia vita? Tanti marinai della mia età ne hanno avuta una simile. E quello che è successo a me, è successo a tanti vecchi che hanno girato per mare. Non ho mica io l'esclusiva di essermi azzuffato con i pirati... ».

I giovani ormai capiscono di poter insistere.
«Dai, ci racconti qualcosa...».
Il marinaio bussa con il pugno tre volte sulla gamba di legno: il suono è secco e si distingue nonostante il frastuono del locale.
La estrae da sotto il tavolo e la mette bene in evidenza, offrendola senza pudore allo sguardo dei ragazzi.
«Volete sapere che fine ha fatto la mia gamba vera?».

Questo è l'episodio cui il vecchio tiene di più.
L'ha raccontato spesso, ogni volta aggiungendo colore e forse un po' esagerando con l'altezza delle onde e la storia del coltello. Ma sa che piace.
«Oh, una cosa banale. Notte fonda, una tempesta che sembrava uscita dal buco del culo del demonio, onde alte sette metri, pioggia a fiumi, la nave che andava su e giù e ogni volta sembrava inabissarsi, io ero avvinghiato a una gomena, ma un maledetto colpo di vento che mi sferzava in faccia tutta l'acqua del cielo di quella fottuta notte mi sbatte oltre il parapetto e finisco in acqua. Per fortuna un giovane marinaio che era con me sul ponte si accorge e urla al capitano di bloccare i motori. Io nuoto e tento di riavvicinarmi alla nave. Non è facile, ma sto per riuscirci. Finché mi sento tirare una gamba. E' un dannatissimo squalo, che me la sta strappando. E se non faccio qualcosa, sento che finisco sott'acqua in bocca all'animale».
I ragazzi si erano dimenticati di respirare.
«E allora?», incalzano.
«E allora prendo il mio caro coltello che non lascio mai e porto sempre con me in una tasca dei pantaloni e con un colpo secco mi stacco la gamba. Lo squalo se ne va per la sua strada contento del cibo conquistato. Poi la nave finalmente riesce ad accostarsi e io vengo salvato. A bordo mi hanno tamponato la ferita e al primo porto mi hanno improvvisato una gamba di legno. E' questa qui: da allora non l'ho più cambiata. Io tornerò ai vermi, ma lei ci sarà ancora. Buon legno non mente.».

La coppia è affascinata.
Ingollano la birra. Come per riprendersi.
«Incredibile. Sembra una pagina uscita dai romanzi di avventure che leggevamo da piccoli...».

Il marinaio ha la conferma che anche stavolta la sua storia ha colpito.
Ora pregusta la nuova domanda. Che infatti arriva.
«E l'uncino alla mano?».
«Ve l'ho detto: qui c'entrano i pirati. E' stato durante un abbordaggio. Uno dei molti che ho dovuto sopportare in giro per i mari del Sud. Quella volta mi sono ritrovato a combattere spada contro spada con un fottutissimo pirata che era a capo di una banda di filibustieri e che voleva conquistarsi la nostra nave. Stavo per avere la meglio. Ma non ho visto arrivarmi da dietro un secondo dannato pirata: che mi ha tagliato la mano proprio mentre ero sul punto di infilzare il suo schifoso capobanda. Poi, per fortuna, li abbiamo ributtati tutti in mare. Abbiamo salvato la nave e il suo carico. Ma io ci ho rimesso la mano. E da allora mi ritrovo con questo stramaledetto uncino.»

I due ragazzi, all'unisono, si lasciano scappare un 'fantastico' con tre punti esclamativi.
Però il vecchio reagisce male: la faccia si è fatta cupa, la voce è arrabbiata.
«Fantastico un cavolo. E' proprio questo dannatissimo uncino che mi ha procurato la vergogna della mia vita. Cerco sempre di dimenticare, invece...».

Il marinaio afferra il bicchierino di Laprhoaig. Prima una annusata intensa, per farsi entrare dentro tutto l'aroma di torba, e poi in bocca: un unico sorso, ma assaporato con delicatezza e con occhi rapiti. E uno schiocco di lingua finale per segnalare il godimento.
«Ci voleva. Anche se non cancella il passato».
La coppia non capisce.
«Cancellare il passato? Ma con quello che fin qui ci ha raccontato... Ha tutte le ragioni per esserne orgoglioso. Avevamo visto giusto: un tipo come lei chissà quante altre avventure nasconde...»

Il marinaio, lentamente, riaccende il sigaro che gli si era spento durante la foga del racconto.
Aspira profondamente.
Poi emette una nuvola di fumo, lunga e larga, guardando fisso nel vuoto.
Si zittisce.
Quindi, sbuffando, prosegue.
«Immagino che a questo punto vorrete sapere della benda nera: di quella fottutissima e maledettissima volta in cui ho perso l'occhio. È così?».
I giovani intuiscono, dalla rabbia che il vecchio esprime in questa domanda, che questo terzo episodio ha qualcosa di particolare: solleva emozioni non ancora digerite.

E' evidente che il vecchio preferisce tacere.
La loro curiosità è alle stelle, ma la trattengono.
Il marinaio si è trasformato: il volto si è fatto scuro, la bocca è chiusa a riccio.
Passano secondi che paiono minuti.
Poi il vecchio tronca ogni possibile seguito.
«E' un segreto, ragazzi, non l'ho mai detto a nessuno».

Si è creata di colpo un'atmosfera imbarazzante.
Il vecchio, sempre zitto e con lo sguardo perso, continua a fumare il sigaro.
I giovani sono dispiaciuti: era stata una bella serata, ma il finale improvviso suggerisce di terminare l'incontro.
Si alzano in piedi e tendono la mano al vecchio.
«Signore, la ringraziamo molto per la birra che ci ha offerto e per le due storie che ci ha raccontato. Lei ha rivelato a due sconosciuti episodi importanti della sua vita: è stato generoso. Le auguriamo un buon futuro. Ancora grazie per la bella serata».

Il marinaio si scuote.
Abbandona i ricordi e ritorna fisicamente presente: ora è consapevole di essere seduto al tavolo con i due giovani che gli stanno porgendo la mano in segno di saluto e attendono che lui ricambi.
Sul volto gli compare un sorriso.
«No, la mano non ve la stringo. Per ora. Mi siete simpatici. E io non mi sbaglio: so cogliere la simpatia a pelle. E in voi l'ho colta da subito, anche se non ci siamo parlati molto. Per questo farò quello che finora non ho mai fatto con nessuno. Volete sentire o no la storia di questa strafottutissima e stramaledettissima benda nera?»

Lui e lei ritirano le mani pronte per il saluto e si risiedono, più che mai incuriositi: come dei bambini cui è stata promessa la torta e ora la torta sta per arrivare.
Il clima si è rifatto cordiale.
«Certo che non vogliamo perderci questo suo terzo racconto. A maggior ragione se è un segreto. A un patto, però».
«Un patto?».
«Sì. Che stavolta le possiamo offrire noi un nuovo giro di birra. E il suo whisky preferito».

Arrivano sul tavolo tre stivali traboccanti di spuma. E un altro bicchierino di Laprhoaig.
Il vecchio, in un sorso solo, dimezza subito il boccale.
I ragazzi lo imitano.
Ora il marinaio non ha più remore.
Si passa un braccio sulla bocca per pulirsi dei baffi bianchi lasciati dalla bevuta.
«Allora, d'accordo. La storia è presto detta. Ma mi raccomando: rimanga un segreto».

La coppia promette solennemente riservatezza.
E il vecchio, tranquillizzato, si decide a sputar fuori con violenza il suo ricordo.
«Un gabbiano. Un maledetto gabbiano. E' stato uno stronzo di un fottutissimo gabbiano».
I ragazzi hanno gli occhi a palla, interrogativi.
«Un gabbiano?».

Il marinaio, prima di rispondere, si vuota lo stivale di birra.
Stavolta resta con dei bei baffoni bianchi di spuma agli angoli della bocca.
«Sì. Non li conoscete questi dannatissimi animali? Fanno la guardia ai porti e seguono le navi quando partono o arrivano. Stavamo entrando in porto. E uno di loro si era appollaiato sull'albero maestro. Mentre io ero sotto. Mi stavo mangiando un panino, in piedi, appoggiato all'albero, prima di iniziare le manovre per l'attracco. Ero felice: tra poco sarei sceso a terra e avevo una ragazzina che mi aspettava da qualche mese. Sapevo io come avrei passato la nottata...».

I ragazzi non capiscono e fanno una domanda alla quale peraltro neppure loro credono.
«Ma non ci dica che... Impossibile: è stato accecato da un gabbiano che le è caduto negli occhi? Un gabbiano che ce l'aveva con lei...? Forse le voleva strappare di bocca il panino?».
Il vecchio fa un gesto come a scacciare una mosca.
«Macché.»
Poi lascia trascorrere qualche secondo.
La coppia non insiste: sa che svelerà il segreto.

Il marinaio si versa in bocca l'intero bicchierino di Laphroaig: conquista il paradiso per un attimo.
Poi torna alla realtà.
Svela:
«La sua dannata cacca».
Lui e lei reagiscono all'unisono:
«La sua dannata cacca? Ha perso un occhio per la cacca di un gabbiano?».
«Mi è finita nell'occhio».
«Ma scusi, è impossibile: ha perso un occhio per la cacca di un gabbiano che le è finita in un occhio?».

Il vecchio non si contiene.
«Maledetto sia sempre quell'albero della nave. Maledetto quel gabbiano. E maledetta quella sua merda schifosa».
I giovani, anche se ancora non hanno capito come finisce questa strana storia, vorrebbero sorridere, se non altro per alleggerire l'atmosfera.
Ma intuiscono che non è il caso.

Il marinaio tira un lungo sospiro di sofferenza: a distanza di tanti anni non riesce a farsene una ragione.
«Ce l'avevo tutta nell'occhio e non vedevo più nulla. Per pulirmi ho usato la mano. Quella con l'uncino».

*** Massimo Ferrario, Il segreto del vecchio marinaio con l'uncino, per Mixtura - Riscrittura di una storiella diffusa in internet.


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