mercoledì 25 luglio 2018

#RITAGLI #LINK / Abbandonati in mare (Annalisa Camilli)

(...) “Abbiamo raccolto decine di cadaveri dal fondo dei gommoni, ma poi è un particolare che fa crollare. Come quando abbiamo imparato che le madri scrivono un numero di telefono sui pantaloni dei figli perché se muoiono lungo la traversata vogliono che la famiglia sia avvertita”, racconta. Tra un viaggio e l’altro, tra un soccorso e l’altro nell’ultimo anno Gatti ha dovuto partecipare a numerosi dibattiti televisivi per difendere il punto di vista delle ong dagli attacchi sempre più aggressivi di politici e commentatori.

Le domande erano sempre le stesse: chi finanzia le navi umanitarie? I soccorritori hanno legami con i trafficanti? Come fate a sapere in che direzione dovete andare per fare soccorsi? “Decine di volte ho ripetuto le stesse cose, siamo coordinati dalla guardia costiera italiana, eseguiamo gli ordini della guardia costiera italiana”, ricorda. Ora però non è più così, la guardia costiera italiana ha passato ai libici il coordinamento di quel tratto di mare, ma i libici non hanno abbastanza mezzi per prestare soccorso e controllare una zona di mare tanto vasta, inoltre la Libia non può essere considerata un posto sicuro in cui sbarcare i migranti, perché non ha sottoscritto alcune convenzioni marittime internazionali e perché nel paese sono state documentate violazioni gravi e sistematiche dei diritti umani, come la compravendita di esseri umani e la tortura. (...)

*** Annalisa CAMILLI, giornalista, Abbandonati in mare, 'internazionale.it', 24 luglio 2018.

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