venerdì 9 ottobre 2015

#LIBRI PREZIOSI / L'arte di strisciare, di Paolo Iacci (recensione di M. Ferrario)

Paolo IACCI, "L'arte di strisciare. 
Come ottenere successo nella vita e nel lavoro"
Prefazione di Enrico Finzi
pagine 142, € 13.00, Guerini Next, 2015

Chi si lasciasse influenzare da titolo e sottotitolo della copertina (L'arte di strisciare. Come ottenere successo nella vita e e nel lavoro) potrebbe pensare all'ennesimo libro di autoaiuto, stavolta diretto a imparare a strisciare meglio: manca il numero delle mosse per raggiungere il successo assicurato e poi siamo in pieno 'how to' americanoide. 

Chi conosce però la serietà dell'autore, esperto di organizzazione e management, e noto per diversi precedenti volumi di qualità sui temi del sociale e dell'impresa, e la reputazione dell'editore, che pubblica da anni volumi preziosi di riflessione anche sull'attualità, non può equivocare: e infatti le pagine, tutte godibili per l'analisi puntuale e anche qua e là radicale del fenomeno indicato in copertina, smentiscono qualsiasi pregiudizio negativo. 
Lo stile ironico di Iacci e la sua capacità di usare lievità anche nel trattare temi impegnativi prendono da subito il lettore, che è condotto con facilità a ripensare a come troppo spesso, nella cultura italiana, il sano 'fare rete', o l'indispensabile 'fare squadra', finisca per degradare nei comportamenti di 'cordata' o, addirittura, di 'cosca mafiosa'. Una sorta di 'familismo amorale', aggiornato ai tempi, da cui non riusciamo ad emendarci: dove i parenti, stretti e larghi, e gli amici e gli 'amici degli amici' costituiscono il supporto fondamentale, talvolta unico, per raggiungere i gretti scopi individualistici di potere e successo; e dove lo strisciare, nelle sue forme anche più sfumate, ma non meno perniciose, del compiacere, del colludere o dell'adulare, diventa il mezzo cruciale per la scalata gerarchica e di status, con tanti saluti ai valori, sempre proclamati, del merito e della responsabilità
Certo, come sempre bisogna evitare di fare di ogni erba un fascio: c'è chi non ci sta e non striscia. 
Ma Iacci, a mio avviso giustamente, coglie una tendenza forte e maggioritaria, non sufficientemente contrastata, almeno sul piano pubblico, anche da chi non asseconda lo 'spirito del tempo' e cerca di ricordare, a se stesso e agli altri, che l'uomo, procedendo eretto da ormai milioni di anni, dovrebbe finalmente far corrispondere a questa postura fisica una altrettanto netta postura psicologica.

Ho detto del taglio leggero e anche ironico che rende fluida e accattivante la lettura: nessun moralismo, molto pragmatismo e lo sforzo di affrontare con equilibrio la materia. La denuncia del fenomeno è netta: merito e responsabilità restano troppo spesso solo parole e manca una classe dirigente. 
Credo sia da condividere analisi e conclusione. 

Anzi, per quel che importa il mio pensiero, aggiungerei drasticità e radicalità: ai comportamenti striscianti, adulatori, collusivi non va concesso nulla. 
Le consorterie più o meno mafiose uccidono anche quando non uccidono, perché producono 'sclerosi organizzativo-culturale', tanto più grave in quanto non sempre immediatamente visibile: apparentemente tutto funziona, ma in realtà non c'è sviluppo, nel migliore dei casi c'è stallo, più spesso è garantito il degrado. Non è solo un problema etico, di individui e di società, ma di efficacia dei sistemi. 
L'adulazione non va confusa con le sane e doverose lodi (sincere) che contribuiscono a rendere calde le relazioni o con l'ancor più doveroso rispetto che si deve all'altro anche quando la critica al suo operato è dura e severa. Per evitare il cancro del conformismo, abbiamo bisogno di rapporti aperti, chiari, trasparenti e sinceri, costruiti non da 'maschere', bensì da 'in-dividui' (persone 'intere': cioè, almeno tentativamente, 'integre') che vogliano e sappiano intrecciare scambi dando contributi dialettici di opinioni, competenze, esperienze: per aumentare l'ingaggio di noi tutti nelle organizzazioni e nella società e per incrementare la qualità, e la conseguente probabilità di efficacia, delle decisioni che assumiamo: sempre più problematiche nei contesti sempre più complessi in cui, e con cui, ci troviamo a convivere.
Il contributo di Iacci in questo senso è prezioso per (ri)pensare questi pensieri.

*** Massimo Ferrario, per Mixtura

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Per secoli l'umanità si è attenuta all'idea che all'origine della creazione di ricchezza ci sia il lavoro umano. La finanziarizzazione dell'economia, di contro, ha invece indotto l'attuale nuova convinzione secondo cui sarebbe la finanza speculativa a creare ricchezza, molto di più e assai più in fretta dell'attività lavorativa. L'affermazione e la diffusione dell'ethos della finanza sono valse ad accreditare il convincimento che non vi sia bisogno di lavorare per arricchirsi; meglio tentare la sorte e soprattutto non avere troppi scrupoli morali.
Le conseguenze di tale pseudo rivoluzione culturale sono sotto gli occhi di tutti.
Oggi, ad esempio, non abbiamo un'idea condivisa di lavoro come base della convivenza sociale e della produzione di ricchezza collettiva.
Io credo, invece, che la crisi possa essere un'occasione importante di rifondazione di al¬cuni valori cruciali; primo tra tutti il significato e il ruolo del lavoro come possibilità di crescita e riscatto sociale, come luogo d'interazione e di realizzazione delle persone. L'engagement individuale, il coinvolgimento sul lavoro e il valore del contributo personale, saranno i nodi su cui dovranno misurarsi nei prossimi anni le direzioni aziendali sul versante della gestione delle risorse umane. Una pre-condizione necessaria, però, riguarda proprio il bestiario aziendale di cui abbiamo appena finito di narrare. Queste bestie vanno «messe in gabbia».
Dobbiamo rifondare un clima e un modus vivendi dentro le imprese tale da consentire la crescita positiva dei più meritevoli e di chi effettivamente produce valore, emarginando chi svolge solo un ruolo politico o parassitario. Così come la nobiltà e le corti furono una delle principali cause del fallimento delle grandi monarchie del diciottesimo e diciannovesimo secolo, così le corti e le cordate aziendali saranno motivo dello scollamento finale tra i lavoratori e la loro classe dirigente, tra gli imprenditori e i loro collaboratori.
Forse la radicalità dello spirito libertino ci potrebbe insegnare qualcosa a proposito. (Paolo Iacci, L'arte di adulare, Guerini Next, 2015)

Al giorno d'oggi la verità fa male e l'adulazione è sempre più vincente. Nelle nostre organizzazioni contraddire il capo può vuoi dire rischiare gravi ripercussioni ed essere sottoposti al dissenso di tutti gli altri. L'elogio, anche se falso, rafforza nell'adulato il convincimento riguardo le sue qualità, ne conferma la posizione «dominante» e rafforza il suo ruolo centrale e indiscutibile.
Per emergere, per far carriera, per piacere agli altri, se proprio non se ne può fare a meno, è sempre meglio adulare che denigrare il prossimo. Del resto la lusinga, il complimento, non hanno mai offeso nessuno, ma, al contrario, possono facilitare il vivere quotidiano e mitigare i conflitti interpersonali. Insomma è un toccasana per l'equilibrio sociale.
Una formula gradevole e indolore per incanalare senza forzature e pericolose controindicazioni, ma con sottile scaltrezza, le tensioni del genere umano in una direzione che non nuoce a nessuno. (Paolo Iacci, L'arte di adulare, Guerini Next, 2015)

L'adulazione, letteralmente, è l'uso esagerato di lodi a fini strumentali. Dimenticandoci per un attimo i fini di chi la utilizza, non c'è dubbio che le lodi siano un toccasana per chi le riceve, e, io credo, in parte anche per chi le esprime. Come dire, non tutto il male vien per nuocere.
Dovendo scegliere, molto meglio vivere in ' una società con un po' di piaggeria che non in un ambiente tutto e solo razionale, senza lodi, anche se un po' esagerate, senza qualche piccola e innocente smanceria, molte volte alla base di assidui corteggiamenti, piuttosto che non culture dove l'assenza di questi segnano rapporti freddi, poco partecipati e, quindi, alla fine, meno felici. Come sempre, in medio stat virtus. (Paolo Iacci, L'arte di adulare, Guerini Next, 2015)
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In Mixtura, 1 altro contributo di Paolo Iacci qui
In Mixtura, una mia recensione al libro precedente di Paolo Iacci ('Il teorema del caffè', Guerini, 2014) qui

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