(...) ... è evidente che la confusione deliberata, l'imprecisione deliberata, l'oscurità deliberata da parte di chi riveste cariche pubbliche - che sia politico o magistrato - non è che un modo per esercitare il proprio potere. Un modo per mantenere i cittadini in una condizione di sudditanza. (...)
... è indubbio che il berlusconismo ha molte responsabilità. La lingua è stata sottoposta da Berlusconi e dalla sua idea della politica a una torsione che, con effetti concentrici, ha poi contagiato tutti gli altri. Le parole sono state svuotate di significato e usate come oggetti contundenti, perdendo la loro natura di strumenti per comunicare. La crescita del populismo non dipende ovviamente solo da Berlusconi, ma dalla sempre maggiore complessità del mondo. Un esempio sono le questioni d'attualità in queste settimane: con la caduta delle frontiere e i fenomeni di migrazione massiccia, le paure si sono moltiplicate. Questa situazione favorisce linguaggi semplificati e demagogici: le paure non sono disponibili alla riflessione. A una maggiore complessità del mondo corrisponde per paradosso una semplificazione linguistica, dunque concettuale.
[D: E della neolingua del premier cosa pensa?]
La premessa è che Renzi, come Berlusconi, è un grande talento della comunicazione. Ciò che alla lunga potrebbe danneggiarlo, sta in una sua dote: la sua velocità, il modo rapidissimo in cui reagisce alle cose, anche con trovate linguistiche. Una dote che lo ha sicuramente avvantaggiato. Però, sparare uno slogan al giorno, un hashtag alla settimana, se funziona per conquistare i titoli dei giornale o dei siti internet nel lungo periodo è un fattore d'indebolimento del linguaggio come strumento per produrre senso e dunque politica nel senso migliore del termine. La metafora della rottamazione è stata un'idea brillante ma è al tempo stesso pericolosa oltre che eticamente dubbia.
[D: (Nel libro Con parole precise. Un breviario si scrittura civile, Laterza, 2015) scrive che è un "coacervo di aspirazioni piccolo borghesi"].
Non comunica una nuova idea di mondo. Dice: "Io ce l'ho con ciò che è vecchio; voglio sbarazzarmi di persone allo stesso modo in cui ci si sbarazza di vecchi meccanismi; la mia aspirazione non è costruire un mondo nuovo, ma ottenere una macchina nuova". E' poi di gusto discutibile, perché applica a persone - i vecchi dirigenti del Pd - una categoria elaborata per gli oggetti inanimati.
*** Gianrico CAROFIGLIO, già magistrato, scrittore, saggista, intervistato da Silvia Truzzi, "Sparare uno slogan al giorno indebolisce lingua e politica", 'Il Fatto Quotidiano', 13 settembre 2015
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