[D: Come giudica Massimo Cacciari l'idea del governo di fronteggiare le agitazioni sindacali che ritardano l'apertura di un luogo d'arte dichiarando questo "servizio pubblico essenziale"?]
«Per prima cosa direi che un bene culturale come il Colosseo o come Pompei è molto più che un servizio, seppure pubblico ed essenziale. Inoltre mi pare del tutto illogico ricorrere a una misura del genere».
[D: Perché illogico?]
«Che cosa si pensa di ottenere? Scioperi e assemblee si svolgono anche nelle scuole, nei trasporti e negli ospedali. Vogliamo sospendere i diritti sindacali anche lì?».
[D: Ma come intervenire per evitare le scene viste ieri a Roma o in luglio davanti agli scavi di Pompei?]
«Si trovino altre maniere per regolare meglio le relazioni sindacali. Si faccia anche appello alla responsabilità delle sigle sindacali. Si cerchi di capire il perché delle agitazioni. Ma provvedimenti come quelli annunciati mi paiono, ripeto, illogici, e anche ridicoli oltre che inefficaci».
[D: Il ministro Dario Franceschini e il premier Matteo Renzi denunciano un grave danno all'immagine dell'Italia. Lei è d'accordo?]
«Sì. Ma vorrei chiedere a Franceschini e a Renzi: che cosa danneggia di più la nostra immagine, il fatto che per un paio d'ore alcune migliaia di turisti sono rimasti fuori dai cancelli del Colosseo oppure il fatto che non ci sono sufficienti risorse e personale in numero adeguato per salvaguardare degnamente il nostro patrimonio culturale? Io non avrei dubbi su quali siano i veri danni subiti». (...)
*** Massimo CACCIARI, filosofo, intervistato da Francesco Erbani, "Misura illogica, basta alibi, qui l'arte on è una priorità", 'la Repubblica', 19 settembre 2015
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«Proviamo a chiedere a un medico se sarebbe disposto a rientrare in ambulatorio o al pronto soccorso quando per 18 mesi non viene pagato. Proviamo e vediamo quanti lavoratori accetterebbero. (...)
«Nel 2014 abbiamo accolto quasi 6 milioni di visitatori, aperti 7 giorni su 7, spesso anche di sera. Francamente non mi sento di rispondere a chi mi accusa di aver arrecato un danno all'immagine dell'Italia».
[D: Si poteva scegliere una forma diversa di mobilitazione?]
«L'assemblea è stata convocata a norma di legge, con largo anticipo per permettere ai clienti e ai tour operator di avvisare del ritardo o cancellare le visite nelle prime ore della giornata».
[D: Meglio farlo in un altro orario?]
«Abbiamo scelto l'inizio del turno proprio per creare meno disagi possibile. Far entrare i visitatori e cacciarli poi via ci sembrava poco professionale. Sappiamo bene cosa vuoi dire chiudere anche solo per 2 ore il Colosseo, il livello di importanza che ha questo simbolo».
[D: E cosa vorrebbe dire ai turisti che ieri hanno atteso fuori dal Colosseo?]
«Un messaggio semplice: che il lavoro deve essere retribuito. Credo che un americano o un giapponese possano capirlo benissimo».
[D: Da quanto tempo non venite pagati?]
«Da novembre 2014 non ci viene corrisposta una parte del salario, quella che riguarda le turnazioni. Viene definita impropriamente salario accessorio ma dentro c'è la reperibilità notturna, le aperture straordinarie, i festivi, i superfestivi. Abbiamo pazientato, abbiamo tirato il collo, non ci siamo mobilitati un mese dopo i mancati pagamenti,»
[D: Di quanti soldi si parla?]
«Per chi ha fatto tutti questi turni speciali si tratta di circa 4.000 euro lordi. Proviamo a vedere quanto sarebbero disposti a lavorare col 20-30% di stipendio in meno in busta paga».
*** Irene BARONI, custode del Colosseo, intervistata da Mauro Favale, "Straordinari non pagati, siamo stanchi di aspettare", 'la Repubblica', 19 settembre 2015,
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