Peter Gray è uno psicologo, ricercatore presso il dipartimento di Psicologia del Boston College, che irrompe nel dibattito che s’è acceso nel nostro Paese sul modello educativo rivolto ai bambini con un saggio che lascia pochi dubbi sulla soluzione che lo scienziato propone. Lasciateli giocare (Einaudi Stile libero) è il titolo: liberateli dalla prigione della scuola dell’obbligo e dal controllo assillante degli adulti.
Nel ruolo di psicoterapeuta di adolescenti in crisi e di genitori in difficoltà educativa sono collocato in un crocevia attraversato dalle passioni che la scuola suscita. I ragazzi sono imbarazzati nell’indossare il ruolo di studente e utilizzare le sue mediazioni per partecipare al lavoro scolastico. Hanno l’impressione che aderire devotamente alle prescrizioni del ruolo impedirebbe di realizzare la propria autenticità; sospettano che la scuola non sia in grado di garantire lo sviluppo della creatività e la conquista della verità. (...)
... la scuola ha perduto agli occhi dei suoi studenti l’antico valore simbolico e i suoi docenti non sono più protetti dal valore aggiunto che discendeva dal mandato rilasciato da un’istituzione prestigiosa garantita dall’alleanza con la famiglia, la Chiesa, l’esercito, il mondo del lavoro. I ragazzi non scorgono neppure le tracce dell’antico splendore simbolico e i docenti quando entrano in classe non rappresentano null’altro che se stessi, la loro disciplina, a volte la propria personale passione educativa e pedagogica. Pochissimo, rispetto al passato: quasi impossibile fare paura se non si parla e minaccia dall’alto e da lontano, in nome delle divinità, del padre, dello Stato, della comunità sociale che ha dato il mandato e rilasciato l’autorizzazione a educare. Anche motivare non è semplice se il docente è solo, disarmato, dotato soltanto della propria competenza ed esperienza pedagogica. La scuola così com’è non viene più contestata dai ragazzi che semmai attaccano chi vorrebbe riformarla.
In questo contesto s’inserisce la voce di Peter Gray che mette a disposizione un vasto repertorio di motivi per i quali sarebbe meglio lasciare giocare i bambini spontaneamente piuttosto che obbligarli alla frequenza di una scuola che non riesce a motivarli e li costringe a un apprendimento lontano da quello naturale. (...)
Può essere vero che molti bambini e ragazzi appaiono demotivati, competitivi e passivi ma non è certo che sia il dispositivo scolastico obbligatorio a produrre tali inconvenienti formativi. (...)
Gray fa una buona diagnosi, ma propone una terapia d’urto che fa pensare non abbia capito in profondità che la scuola dell’obbligo non costringe al dovere ma garantisce a tutti un diritto. Per il momento conviene coltivare la speranza che le riforme in corso della scuola sappiano aiutarla a diventare oltre che buona anche brava, in grado di potenziare la spontanea capacità dei bambini di imparare giocando, naturalmente in gruppo.
*** Gustavo PIETROPOLLI CHARMET, psicologo, psicoterapeuta, esperto di problematiche adolescenziali, Evviva l'obbligo della scuola, 'La Lettura', 24 amggio 2015
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