[D: Stando ai discorsi, l'egualitarismo va di moda]
Vero. Quelle che non sono in voga sono le politiche in grado di ridurre i dislivelli tra le fasce più alte della società e quelle più basse. Anche perché spesso si fa confusione fra disuguaglianza e povertà: in Cina, per esempio, l'indigenza è stata fortemente ridotta, ma le distanze sociali sono aumentate enormemente.
[D: E in Occidente?]
Negli Stati Uniti, l'1% più ricco incamera oggi il 21% del reddito complessivo; il triplo di trent'anni fa. In Italia il 9 e mezzo%, mentre a metà anni Ottanta era poco sopra il 5%. Sottolineo: quello che va concentrandosi è il reddito, non il patrimonio ereditato o acquisito. Una tendenza di lungo periodo che sta immobilizzando la società. Gli studi dimostrano che i figli di chi guadagna molto guadagneranno molto, i figli dei poveri resteranno poveri. È quello che Giovanni Pitruzzella, il presidente dell'Antitrust, chiama il 'capitalismo di relazione', indicandolo, anche lui, come avversario da sconfiggere.
[D: Che cosa è successo, a partire dalla fine degli anni Ottanta?]
Sono cresciute in misura impensabile le retribuzioni di alcune categorie: i top manager, certi professionisti, le star dello spettacolo e dello sport. Grazie, in particolare, alle tecnologie. Oggi la notorietà è un potentissimo moltiplicatore di reddito: un calciatore è vendibile su un mercato globale. Mentre un dirigente può governare diverse imprese di vaste dimensioni, sparse ai quattro angoli del Pianeta. Questi non sono capitalisti, sono lavoratori facoltosi, working rich.
[D: E all'altro estremo della società?]
È successo che avere un impiego non garantisce più di scampare alla miseria. Si espande, inesorabilmente, l'area dei working poors. Alla McDonald's un top manager e un inserviente di cucina sono entrambi dipendenti a stipendio, ma il primo incassa 2mila volte più del secondo. Alcune di queste disuguaglianze, a lungo andare, diventano socialmente inaccettabili. Quelle che non derivano da comportamenti della persona, ma dalla 'lotteria della natura': in quale famiglia e in quale città nasci. È in famiglia e nella cerchia sociale che, crescendo, si acquisiscono le cosiddette soft skills, come la capacità di parlare in pubblico e di rapportarsi con gli altri, che in età adulta diventano decisive per ottenere impieghi ben pagati.
[D: C'è chi sostiene che un pizzico di disuguaglianza serve come incentivo perché la gente si dia da fare]
L'argomento è serio, ma bisogna valutare se le disuguaglianze che esistono in concreto svolgono questa funzione. Se uno studente vede che è premiato chi ha buone amicizie, per dirne una, non cercherà di studiare di più, ma di procurarsi amicizie più utili.
[D: Storicamente, i partiti di sinistra nascono proprio per accorciare le distanze, ridurre i privilegi]
La sinistra ha perso per strada l'idea di uguaglianza, specie dopo la caduta del Muro. L'ha sostituita con una politica di pari opportunità, alla Tony Blair, che non ha dato grandi risultati. Non basta che tutti possano studiare: è necessario che siano sullo stesso piano, per esempio, di fronte al mercato del lavoro. Lasciar dilagare la disuguaglianza comporta gravi conseguenze politiche, oltre che sociali.
[D: Quali?]
Le ricerche, in particolare quelle americane, dimostrano che la disuguaglianza economica si traduce in disuguaglianza politica: a determinare i processi decisionali è un numero di persone che nel tempo diventa sempre più ristretto. Senza contare che più i gruppi sociali si allontanano fra loro, meno trovano interessi convergenti, meno percepiscono l'esistenza stessa di un bene comune.
*** Maurizio FRANZINI, economista, studioso delle cause della disuguaglianza, docente di economia alla università La Sapienza di Roma, intervistato da Michele Concina, Lo strano caso della disuguaglianza: ha sempre più nemici e ce n'è sempre di più, estratto, 'L'Espresso', 13 marzo 2015
(tavola a commento dell'articolo, 'L'Espresso', 13 marzo 2015)
Indice 0 = uguaglianza assoluta dei redditi; Indice 1 = 1 sola persona prende tutto
La tavola mostra la classifica della disuguaglianza in alcuni Paesi Ocse basata sull'indice Gini dei redditi di mercato equivalenti, ovvero sui redditi di una famiglia derivanti da ogni fonte (lavoro dipendente e autonomo, impresa, capitale, rendita) al lordo delle imposte e dei trasferimenti pubblici di denaro.
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