martedì 17 marzo 2015

#SPILLI / Le solite palle (M. Ferrario)

Si parla di Carly Fiorina, già Ceo di Hewlett Packard e comunque ex top manager di note multinazionali, come di una possibile candidata per il partito repubblicano alle prossime elezioni presidenziali Usa.

Su di lei ho recuperato l’estratto che sotto riporto.
Per due ragioni:
(1) - Se la signora per caso dovesse diventare presidente degli Stati Uniti, possiamo avere qualche idea anticipata del suo modo di fare. Sempre che non siamo stati dipendenti Hp: allora sappiamo già tutto.
(2) – L’episodio, di qualche anno fa e riferito al contesto Usa, ci riguarda: lo spirito del tempo, in questi pochi anni, non mi pare per nulla cambiato, né al di là né al di qua dell'Oceano. Anzi.

Ecco l’estratto:
« 
Giovane dirigente alla Lucent, Carly Fiorina fu incaricata di ridurre a più miti consigli gli indocili dipendenti di una società di recente acquisizione, un’azienda con una cultura piuttosto maschilista il cui personale disprezzava i nuovi proprietari visti come un branco di inetti smidollati. La Lucent rischiava di rafforzare ancora di più la loro convinzione mandando una donna in tailleur pantalone a presiedere la prima importante riunione; si doveva trovare una soluzione. 
Nel suo libro Perfect Enough, lo scrittore George Anders racconta come Fiorina tenne il suo discorso, iniziando con modi gentili e pacati e facendosi gradualmente più aggressiva fino a battere il suo uditorio sul suo stesso terreno: «Noi della Lucent sappiamo che voi ragazzi siete tosti», disse alla fine, «e che probabilmente ci ritenete un mucchio di signorine. Bene, credo che sia fondamentale imparare a conoscerci».
Ciò detto, uscì da dietro il podio per rivelare un rigonfiamento di dimensioni esagerate al cavallo dei pantaloni. (Le calze sportive di suo marito, ma il particolare era secondario).
«Se pensate che non abbiamo le palle, sappiate invece che non siamo secondi a nessuno», concluse. 
(Richard Conniff, giornalista e scrittore statunitense, Chi è seduto sulla sedia del capo?, 2005, Sperling & Kupfer, Milano, 2006).
»

Immagino che anche in Italia  l'80% dei maschi, in una riunione simile, con una donna top che esibisce le palle, applaudirebbero sorridendo; e i più rozzi si sganascerebbero dalle risate. 
Posso sbagliarmi. 
Ma solo nella percentuale indicata: troppo prudenzialmente bassa.

Mi viene in qualche modo conferma dalla recente pubblicazione, in un network professionale (e vorrei sottolineare l'aggettivo: 'professionale') dell'immagine qui sotto riportata. 


La riproduco con la stessa vergogna che ho provato quando l'ho vista sul network, orgogliosamente esibita da un 'professionista' che evidentemente si attendeva il plauso della rete.
Che infatti ha avuto.
Al di là della scelta di presentare Putin come modello esemplare di leader (mi vengono in mente i giornalisti e gli oppositori ammazzati in Russia negli ultimi anni: ma ognuno è libero di avere i gusti che ha in fatto di democrazia, o, piuttosto, di 'democratura' (°)), resto sconfortato dalla solita manifestazione di 'sessismo'.

Naturalmente l'immagine è stata subito cliccata con una quarantina di 'mi piace' e commentata, per lo più positivamente, da oltre una trentina di persone.
Io, che non conosco l'indifferenza e credo che il silenzio sia di fatto assenso,  mi sono limitato a inserire una annotazione che qui riprendo:

«Per certi uomini, e purtroppo ormai pure per certe donne in similmaschio, il mondo si divide tra chi le ha e chi non le ha. Le palle.
Io preferisco anteporre a questo termine plurale una esse facendolo diventare 'spalle'.
C'è chi le ha forti e chi le ha gracili: maschi e femmine, senza distinzioni. Dipende da quanto, esercitando un certo 'body building' che è anche molto 'brain building', le sappiamo irrobustire, acquisendo quell'autorevolezza' che è l'unica a servirci se vogliamo esprimere una leadership 'umana', oltre che efficace.
Le spalle accomunano i generi. La metafora mi pare più appropriata. Ed è meno (inutilmente, volgarmente) sessista. »

Tre uomini e una donna hanno condiviso la mia riflessione.
E' qualcosa.
Ma certo è un po' poco per invertire lo spirito del tempo.

ps:
Per la parte che riguarda Renzi, solo un codicillo: in questo caso le 'palle' non c'entrano. Nel mio italiano, io le chiamo 'balle'.
E peraltro nessuna novità: Renzi ha solo superato 'illustri' (e miserevoli) maestri.
Il promesso 'cambio di verso', su questo aspetto, è soltanto la 'balla delle balle'.
E abbiamo già sentito anche questa.

(°) - Per il termine 'democratura' si può vedere, in questo blog, #Ritagli #Spot, 'Democratura', 7 marzo 2015,
http://masferrario.blogspot.it/2015/03/ritagli-spot-democratura-p-matvejevic.html

*** Massimo Ferrario, per Mixtura

2 commenti:

  1. Bella la metafora delle "spalle": va dritta al punto. Colpisce. Mi ha colpito.
    Se posso dire, io aggiungerei, al "brain building", anche l'"heart building" (anzi, personalmente lo metterei anche al primo posto): la capacità di riconoscere e accettare le nostre e le altrui emozioni, di esprimerle e comunicarle in modo non distruttivo né offensivo. La capacità di incontrarsi e non scontrarsi, anche se con idee differenti. Proprio per fare quel che Massimo chiama "leadership umana".
    Condivido anche il senso di estraneità, di lontananza da un andazzo generale che però non può, non vuole farsi né sorda né cieca. Si resiste, con voce ferma e chiara, anche se la sensazione è di "vox clamas in deserto". Ma qualcuno sente, qualcuno ascolta anche e qualcun altro perfino ripete. Un po' come in Fahrenheit 451, solo che qui si preservano direttamente idee e valori.

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  2. Concordo pure sulle virgole, Fabrizio. E grazie davvero per il tuo primo commento qui nel blog.
    La metafora delle 'spalle' è un mio vecchio pezzo d'aula. In effetti è sempre risultata efficace, anche perché va intesa in contrapposizione alle 'spalline': che stando sotto le 'spalle', e venendo 'concesse' dall'alto, costituiscono, in quanto 'autorità', la condizione indispensabile ma insufficiente per ben operare.
    Ultra d'accordo sulla aggiunta dell''heart building': sempre più indispensabile se vogliamo valorizzare la nostra essenza di esseri umani.
    E potremmo pure evocare il 'fare anima': l'espressione del poeta John Keats, magistralmente ripresa dallo psicoanalista e filosofo James Hillman. E' un riferimento che ovviamente va più lontano rispetto al bisogno 'specifico' e 'concreto', qui richiamato, di alimentare 'autorevolezza'; ma, ad un livello più profondo, 'irrora' il terreno di cui dovrebbe nutrirsi ogni nostra sensibilità psicologica, anche per favorire una convivenza più (etimologicamente) 'intelligente'.
    Quanto alla necessità di 'resistere comunque', preservando e presidiando certi valori, nessun dubbio.
    Nonostante qualche volta davvero sembri di gridare nel deserto. Con l'aggravante, ancora più depressiva, che il deserto spesso è affollato: di gente che parla un linguaggio totalmente diverso. E tu ti senti un alieno.

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