Primo colloquio con un paziente entrato in ospedale psichiatrico da neanche una settimana.
«Buon giorno, signor Follegatto. Sono il dottor De Mentis. E' il nostro primo incontro. Se le va, ne avremo molti altri. Ci conosceremo e la aiuterò a superare il momento difficile che sta vivendo.»
Il paziente, serio e sulle sue, fa un cenno distratto di saluto: vuole comunicare una sua disponibilità sospettosa.
Il medico prosegue. «Allora: mi racconti di lei. Io la ascolterò con attenzione. Forse c'è qualche problema di cui mi vuole parlare?»
Il paziente fa trasparire un sorriso forzato, senza aprire bocca: nessuna reazione.
Il dottore non vuole premere. Il silenzio pesa nell'aria, ma il dottore ci è abituato.
Dopo oltre cinque minuti, De Mentis decide di rompere il ghiaccio.
«Signor Follegatto, mi vuole intanto dire come si trova in questo ospedale? C'è qualcosa che magari non le piace o la disturba?».
Il paziente si mostra colpito. Si infiamma.
«Finalmente!» dice, muovendosi sulla sedia. «Finalmente ho trovato qualcuno che se ne accorge».
Il dottore fa una faccia stupita.
«Finalmente cosa?»
«Il serpente».
«Il serpente?».
«Nella mia camera. Ogni mattina, appena mi sveglio. E poi dopo pranzo. E pure la sera, prima di coricarmi. Tre volte al giorno»
«Scusi signor Follegatto, mi faccia capire. Cosa succede? C'è un serpente in camera sua?».
«Per fortuna no. Ma ogni volta è un fastidio».
«Ah, beh’, meno male: quindi mi sta dicendo che non c'è un serpente…».
«No. Però tre volte al giorno devo strisciare sul pavimento, guardare sotto il letto, poi alzarmi e battere le mani. E gridare di non farsi vedere. Anche lei sarà d’accordo che un serpente in ospedale non ci deve stare. Non è igienico. E poi è pericoloso: per via del veleno. E se ti soffoca, magari nel sonno?».
«Be', certo. I serpenti stanno nelle foreste. O tutt'al più negli zoo. Mica in un ospedale. E infatti anche lei mi ha appena detto che non ha serpenti in camera».
«E' così, dottore. Però, abbia pazienza: questa storia deve finire. Non ne posso più. Tre volte al giorno. Appena sveglio. Poi quando torno in camera dopo pranzo. E infine la sera prima di addormentarmi. Chinarmi, strisciare per terra, guardare sotto il letto, batter le mani e gridare di non farsi vedere».
De Mentis è pensieroso. Rimugina. Non riesce ad afferrare il problema.
«Guardi, signor Follegatto, intanto la ringrazio della sua confidenza. Ma mi tranquillizzi: lei non vede serpenti in questo ospedale, vero?».
«Certo che non li vedo. E ci mancherebbe pure che questi maledetti serpenti li dovessi vedere girare per l'ospedale».
«Ma allora, se non ci sono serpenti, il problema non esiste».
«Lo dice lei».
«Perché lo dico io? Non lo sta confermando anche lei?».
«Io le sto dicendo che non ho più voglia di occuparmi di questo maledetto serpente. Per l’ospedale è comodo: se ne lava le mani».
«Ma scusi: se lei ammette che in ospedale non ci sono serpenti, da domattina può smettere di strisciare sul pavimento, guardare sotto il letto e battere le mani».
«Bravo. E se non faccio queste operazioni tre volte al giorno, lei è sicuro che non mi ritrovo il serpente in camera?».
*** Massimo Ferrario, Il serpente in ospedale, per 'Mixtura' - Libera riscrittura di una barzelletta.
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